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Il tempo che resta: non solo numeri ma identità

01 27iltempocheresta5NOCI (Bari) – Non solo numeri ma identità. Per sconfiggere i territori dell’odio, per impedire che il razzismo continui a crescere fra i popoli e per evitare scontri ma soprattutto per evitare che la storia si ripeti, è necessario ritornare a pensare che tutti i popoli vivono la stessa umanità. E’ necessario pensare che siamo tutti uomini e che ognuno di noi ha una propria identità, che bisogna fare emergere, che bisogna ascoltare. Dimenticarlo significa alimentare la costruzione di muri, quindi incentivare scontri, razzismo, guerre. E la giornata della memoria oggi serve a questo: a ricordarci che “Il tempo che resta”, come dice Primo Levi, non deve più condurre l’uomo alla costruzione dei Lager. Ieri sera, 26 gennaio 2017, a Noci si è tornato a parlare di memoria, identità, narrazione. Termini che sono strettamente collegati fra di loro e che non vanno solo spiegati ma soprattutto messi in pratica. Nell’ambito della manifestazione “Il tempo che resta: storie di ieri, visioni di domani” la seconda serata è stata dunque incentrata sul tema del racconto. Guidati da Giandomenico Dongiovanni, un momento di approfondimento e di narrazione delle diverse identità presenti su Noci.

01 27iltempocherestaIntrodotti dalle note di Nevermind di Leonard Cohen ci siamo apprestati a vivere la seconda parte della tre giorni prevista nell’ambito della rassegna: quella dedicata agli uomini e alle donne che si sono raccontati, grazie al contributo fondamentale di Marica Vischi dello Sprar di Putignano, Rosita Tinelli dell’associazione Arcipelago Meridiano e Liana Zambonin della cooperativa Dimensione famiglia. Ma prima ancora di poterci mettere all’ascolto “degli uomini e delle donne che si raccontano”, un prezioso contributo è pervenuto anche dall’ospite della serata, la professoressa Laura Marchetti. Antropologa, docente di Didattica delle culture al Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Foggia, autrice di numerosi di volumi come “Il fanciullo e l’angelo”, “Pensiero all’aria aperta”, “L’occhio e lo specchio”, “Ecologia politica”, “Luce della notte”, “Alfabeti ecologici”; nel 1996 membro del comitato dei sette saggi per coordinare la parte ambientale del programma de L’Ulivo; nel 2003 delegata al Forum mondiale ambientalista per lo sviluppo sostenibile di Johannseburg; nel 2006 assessore all’ambiente della Provincia di Bari e Sottosegretario di Stato all’ambiente durante il secondo Governo Prodi, la professoressa è intervenuta, in sede di dibattito per parlare del trinomio memoria, identità, narrazione e per delineare quanto accade nel momento in qui queste tre parole vengo permutate.


01 27iltempocheresta2“Abbiamo perso la memoria e manifestazioni come queste ritengo siano un notevole contributo a restare umani. L’abbiamo persa soprattutto noi italiani, popolo di migranti, che ha lasciato casa per andare altrove e che altrove ha conquistato un destino. Ma abbiamo perso soprattutto la memoria noi abitanti del Mediterraneo, quel mare fatto di memoria e di incontri, ma soprattutto quel mare dove le culture hanno dovuto incrociarsi e dove vigeva la legge del soccorso, la legge più antica che stabiliva che lì nessuno poteva morire; dove i fari dovevano far sentire gli stranieri ospiti: un mare dalla geopolitica di approdi, scambi ed incontri. Eppure, oggi non è più così: un sinistro segnale di pericolo sta rompendo questa koinè del mediterraneo. Qui oggi troviamo polizia, cadaveri, respingimenti, permessi di soggiorno e soprattutto parole crudeli e senza memoria che inneggiano alla costuzione di muri. Basti pensare all’Odissea, che nelle sue basi getta le basi della costruzione dell’Occidente e che ha permesso leggi dell’ospitalità mediterranea. Quell’ospitalità che ha permesso ad Ulisse di raccontarsi, che ora non esiste più, causa della nascita dei territori dell’odio. Il razzismo nasce di qui: dalla mancanza di una comunità in cui i migranti possono raccontarsi. I migranti oggi sono costretti a costruirsi patrie immaginarie, pericolose ed in cui possono immaginare di poter fare tutto: basti pensare all’attuale nuova forma di Islamismo. Se gli individui non hanno identità diventano preda dell’altro: l’identità non deve irrigidirsi altrimenti rischia diventare muro, frontiera, scontro, guerra, distruzione. L’identità deve essere un fatto flessibile per permettere la diversità dell’altro entri in me e questo lo dicono anche i più grandi sociologi studiosi dell’occidente. Serve un’identità delle diversità: bisogna mantenere sempre l’idea della difesa delle identità attraverso le narrazioni ma soprattutto ricordandosi che esiste un tratto comune a tutti noi e cioè che viviamo tutti la stessa umanità”.


01 27iltempocheresta4Parole queste, che non sono rimase fine a se stesse ma che si sono concretizzate con ben 9 racconti di migranti presenti in sala. Hablu Samsom, Mohammed Rashed, Jahanagir Hossain, Mahmudul Hasan, Nazma Hossain, Shakibul Islam Jahanjir, Giandomenico Bellisario Dongiovanni, Lindita Plisi, Gurpreet Kaur si sono raccontati utilizzando la loro stessa lingua trigrino, bangla, italiano e albanese, ponendo fine al muro del distacco e rendendo merito ad una sola ed indimenticabile verità: su questa terra non esistono numeri ma identità.

Nel corso della manifestazione non sono mancate letture da parte di Francesco Tinelli. L'ultimo appuntamento con Il tempo che resta è previsto questa sera a partire dalle ore 18.30. Un laboratorio filosofico per bambini aprirà il concerto dei Ventanas quartet. E Noci24.it da appuntamento a domani per rileggere insieme l'ultimo appuntamento della rassegna.

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