La pace e “la guerra mondiale a pezzi”

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Messaggio di Papa Francesco al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e al “Movimento internazionale Pax Christi”

La misericordia è fonte di gioia, di serenità e di pace: è questo il principio nucleico attorno cui ruota il contenuto dell’intero messaggio inviato da Papa Bergoglio al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace (1967; 1988) e al “Movimento internazionale Pax Christi” (1945), in occasione di un incontro giubilare dei due organismi, svoltosi a Roma l’11 aprile 2016 (cf L’Osservatore Romano, 13.04.2016, 8).

Il primo punto sottolineato dal Pontefice ha una natura storiografica, connessa all’attuale e drammatica odiernità. “Per cercare vie di soluzione – dice il Papa – alla singolare e terribile ‘guerra mondiale a pezzi’ che, ai nostri giorni, gran parte dell’umanità sta vivendo in modo diretto o indiretto, è necessario riscoprire le ragioni che spinsero nel secolo scorso i figli della civiltà in gran parte ancora cristiana a dare vita al Movimento Pax Christi e al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace”. Quest’affermazione sta a significare che per combattere la guerra mondiale, in generale, e “la guerra mondiale a pezzi”, in particolare, servono istituzioni di pace e per la pace: le istituzioni che azionano e sviluppano le iniziative per costruire la pace sono, perciò, una necessità storica permanente, in quanto è dalla loro sinergia e dal loro coordinamento che la pace può avere più spazio sociale, nazionale e internazionale. Per la dottrina sociale della Chiesa cattolica urge, pertanto, mettere insieme le istituzioni internazionali e non che lavorano per la pace al fine di eliminare la piaga distruttiva di vite umane e d’intere popolazioni.

Il secondo punto che il Santo Padre mette in luce ha, invece, un fondamento teologico e antropologico, nel contesto della globalizzazione planetaria del genere umano. Egli evidenzia il fatto che “[…] lo scopo ultimo e più degno della persona umana e della comunità è l’abolizione della guerra”. Tale abolizione è in funzione, cioè, non soltanto della costruzione di una pace integrale e solidale ma è in funzione, soprattutto, della stessa consistenza teologica e ontologica del valore della vita della persona umana e della comunità civile: la pace appartiene, di conseguenza, alla struttura costitutiva della vita teologale ed umana di ciascuno e di tutti. Il valore etico-teologico e giuridico-morale della vita umana degrada nella sua pienezza quando non c’è pace  interiore, non c’è pace familiare, sociale e così via. Lavorare per la verità, la giustizia, la libertà e la solidarietà cristiana sta a dire, quindi, che “la pace è possibile” e che per sperimentarla sono indispensabili le energie spirituali, morali, culturali, ecclesiali e diplomatiche dei cattolici e degli uomini di buona volontà.

Il terzo punto che Papa Francesco evidenzia concerne lo specifico cristiano dell’ordine pacifico della società, a tutti i livelli: ordine basato sulla misericordia, il perdono e la fraternità. In specie, “il Papa venuto dalla fine del mondo” precisa che “[…] da cristiani, sappiamo che solamente considerando i nostri simili come fratelli e sorelle potremo superare guerre e conflittualità. La Chiesa non si stanca di ripetere che ciò vale non solo a livello individuale ma anche a livello dei popoli e delle nazioni, tanto che essa considera Comunità internazionale come ‘Famiglia delle Nazioni’”. Senza misericordia, perdono e fraternità, la pace nazionale e universale è una dolce chimera, è un sogno che non si vive e, soprattutto, non si pratica: la fraternità è, inoltre, la “forma umana più autentica e profonda” che accende le scintille multiple della pace nel mondo. La pace, infatti, è dono di Dio affidato agli uomini a condizione che gli uomini e le donne che abitano il mondo instaurono, tra di loro, relazioni fraterne, d’uguaglianza sostanziale e di rispetto reciproco; la struttura familiare e naturale, fondata sul matrimonio, è altresì la cifra microscopica dell’ordine morale e pacifico della società nazionale e internazionale. La soggettività sociale della famiglia cristiana offre alla società il contributo gratuito dei propri abiti virtuosi ovvero dell’unione, della coesione e della comunione. La comunione globale, anche di beni materiali, è effetto e causa della pace universale e della libertà piena, di diritto e di fatto.

Il quarto punto che il Papa pone all’attenzione dei partecipanti all’incontro, promosso dai due organismi internazionali, riguarda l’impresa culturale dell’impegno responsabile, soprattutto dei fedeli laici e delle loro organizzazioni internazionali. “Come cristiani – continua il Vescovo di Roma -, sappiamo anche che il grande ostacolo da rimuovere…è quello eretto dal muro dell’indifferenza. La cronaca dei tempi recenti ci dimostra che se parlo di muro non è solo per usare un linguaggio figurato, ma perché si tratta della triste realtà”. L’impegno culturale dei cristiani nelle società del nostro tempo d’essere un impegno finalizzato a costruire ponti e non muri: nessun uomo è un’isola poiché ogni persona umana è segno del Signore che attraversa le nostre strade e i nostri quartieri. Per non forgiare “le pietre di scarto”, per non alzare muri antropologici, economici, culturali e politici bisogna mettere in campo l’interdipendenza umana e cristiana: chi sta in ozio e chi è indifferente di fronte ai bisogni concreti della vita dei fratelli non è degno di chiamarsi cristiani. I cristiani nel mondo, da salvati devono trasformarsi, così, in salvatori di tutte “le periferie esistenziali” dell’esistenza contemporanea.

         Il quinto – e ultimo – punto che il Pontefice mette a fuoco ha a che fare con “la non violenza” perché la violenza crea nuova violenza. Allora, “Grande è l’impegno…- conclude Papa Francesco -, nel nostro mondo complesso e violento, il compito che attende coloro che operano la pace vivendo la non violenza! Conseguire il disarmo integrale ‘smontando gli spiriti’, creando ponti, combattendo la paura e portando avanti il dialogo aperto e sincero, è veramente arduo”. I cristiani laici sono chiamati, pertanto, a bandire la violenza, ad ogni latitudine e longitudine, ad ogni profondità e quota: testimoniare la pace è, infine, essere profeti della non violenza e testimoni dell’amore fraterno. In sostanza, la costruzione della civiltà dell’amore coincide con la stessa costruzione della civiltà della pace, tra gli uomini e tra gli uomini e Dio.

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