Ogni uomo è un migrante

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La preghiera conclusiva della visita pastorale ed ecumenica di Papa Francesco nell’isola di Lesbo

 

Prima di lasciare l’isola di Lesbo, in Grecia, Papa Francesco ha recitato una preghiera, destinata a passare alla storia, come l’intera visita pastorale ed ecumenica del 16 aprile 2016 (cf L’Osservatore Romano, 17.04.2016, 8). L’invocazione orante del Pontefice ruota attorno ad alcune verità essenziali della teologia e dell’antropologia cristiana, secondo cui ogni uomo è un migrante poiché sia la storia della fede sia la storia della salvezza sono caratterizzate ed esplicitate dalla vocazione esodale e sinodale dell’uomo e del genere umano: vocazione immanente e trascendente, naturale e soprannaturale, finita e infinita.

“Dio della misericordia, Ti preghiamo – esordisce il Vescovo di Roma – per tutti gli uomini, le donne e i bambini che sono morti dopo aver lasciato le loro terre in cerca di una vita migliore. Benchè molte delle loro tombe non abbiano un nome, da Te ognuno è conosciuto, amato e prediletto”. Tutte le persone morte, negli ultimi anni, nel “cimitero del Mediterraneo”, per cercare di essere accolti dai fratelli e dalle sorelle al fine di vivere una vita pacificata e dignitosa, hanno donato la propria vita, di ogni età, al Signore, avvicinandosi così al Suo mistero pasquale, segnato dalla passione, dalla morte e dalla risurrezione. In questo senso, le popolazioni e gli Stati del “vecchio continente” e dell’Europa contemporanea si sono assunti la responsabilità morale, prima che giuridica e politica, di non aver accolto gli affamati, gli assetati, gli ammalati (cf Mt 25,35) e i senza niente e nessuno, come “le pietre di scarto” e “le periferie esistenziali”. L’Europa delle società opulente, massificate, alienate, consumiste ed indifferenti non ha fatto memoria attuale della loro anima umanistica e cristiana, abitata dal valore universale della fraternità e della sorellanza di ogni persona, creata e amata da Dio, in collaborazione dei coniugi credenti e non credenti. In quanto “immagine di Dio” (cf Gn 1,27), ogni uomo è, permanentemente, in cammino mistico con Cristo e con ogni altra persona storica e metastorica: tutta l’esistenza umana è, allora, migrazione verso la terra promessa, dove scorre latte e miele e dove regna la letizia dell’amore, la felicità della carità e la comunione dell’unità.

“Ti affidiamo – continua il Santo Padre – tutti coloro che hanno compiuto questo viaggio, sopportando paura, sofferenza e umiliazione, al fine di raggiungere un luogo di sicurezza e di speranza. Come Tu non hai abbandonato il  Tuo Figlio quando fu condotto in un luogo sicuro da Maria e Giuseppe, così ora sii vicino a questi tuoi figli e figlie attraverso la nostra tenerezza e protezione”. Il Papa chiede al Dio di Gesù Cristo di non abbandonare chi, soprattutto dall’Africa centrale, cerca un luogo di dignità, di libertà e di pace: le mani e i piedi di Dio nella storia sono tutte le Chiese cristiane e tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Ebbene, per questo motivo teologico e antropologico Papa Francesco promette al Signore di essere disposto, in nome e per conto della Chiesa universale e delle popolazioni solidali, di aprire il cuore e le case al fine di donare tenerezza e sicurezza ai migranti. Si tratta, cioè, di un impegno, che, nell’Anno giubilare della misericordia, si fa più urgente e concreto, anche per i responsabili politici di tutti i Paesi toccati dal mare Mediterraneo e di tutti gli Stati europei, che hanno a cuore la costruzione della “casa comune universale”. Lungo questa direzione, la carità sociale e l’amore civile dovrebbero diventare i due pilastri strutturali dell’edificio abitato da tutti i migranti, di ogni latitudine e di ogni longitudine europea e planetaria.

“Aiutaci a condividere con loro – conclude  Papa Francesco – le benedizioni che abbiamo ricevuto dalle Tue mani e  riconoscere che insieme, come un’unica famiglia umana, siamo tutti migranti, viaggiatori di speranza verso di Te, che sei la nostra vera casa, là dove ogni lacrima sarà tersa, dove saremo nella pace, al sicuro nel tuo abbraccio”. L’essere tutti migranti e viaggiatori di speranza sta a dire che l’unità e l’unicità dell’intera famiglia umana sono le cifre spirituali, morali, culturali, sociali, economiche e politiche per costruire un realistico futuro positivo, ricco di una copiosa ecologia umana, ambientale e integrale: in sostanza, “il Papa venuto dalla fine del mondo” prospetta un “ecumenismo transconfessionale e transreligioso”, che esige, nell’ odiernità, di recuperare “la profezia della solidarietà e dell’interdipendenza”. Profezia umanizzante, liberante ed eccedente, che istituisce ed istruisce le coordinate portanti della pacificazione, fondata sulla verità oggettiva e sulla giustizia sostanziale.

E’ necessario, inoltre, rivisitare e condividere il bene della virtù, individuale e sociale, della collaborazione interpersonale ed intergenerazionale: virtù che deve partire dalla vita familiare ed estendersi a raggiera fino a toccare la coscienza morale di ogni uomo e di ogni donna. La “forma istituzionale” della verità oggettiva e della giustizia sostanziale è, infine, quella che riposa nell’assunto ontologico e teologico del valore primario e indivisibile della dignità di ogni persona umana: dignità conferita direttamente da Dio per cui Egli è misteriosamente presente in ogni essere umano, per il solo fatto che è essere creato, per sé stesso, da Dio.- 

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