A settant’anni dal 2 giugno 1946 Guido Gonella (Verona, 18 settembre 1905; Nettuno, 19 agosto 1982) è un cristiano laico molto importante della storia del movimento cattolico italiano del XX secolo (Campanini, 1997): grande giornalista, eccellente politico e più volte Ministro, che le giovani generazioni dovrebbero conoscere, insieme al ceto parlamentare del nostro tempo, chiamato a varare la “nuova legge elettorale” e, col popolo italiano, la nuova legge di “revisione costituzionale”. Ebbene, Gonella affronta, direttamente, il tema del referendum e della costituente in un articolo del 2 giugno 1946, scritto per “Il popolo”, organo della Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi (1881-1954). Lo scritto di Gonella (cf Dalla Liberazione alla Costituente, 3, Roma 1980, 757-759) si sofferma soprattutto sul valore storico della giornata politica: valore che coincide con quello delle decisioni supreme (cf p.757).
Un fine filosofo e giurista (=Docente di Filosofia del Diritto alle Università statali di Bari e di Pavia) come Gonella sa molto bene qual è “la posta in gioco” tra la scelta della Repubblica parlamentare e la scelta della Monarchia oligarchica ed è per questo motivo sostanziale che egli parla di “decisioni supreme” ovvero di decisioni che segnano la direzione di marcia del futuro di una popolazione nazionale, la rotta del corso di una speranza affidabile dello “Stato sociale di diritto” e, inoltre, il dinamismo del percorso difficile ma affascinante del “sogno della libertà democratica”: libertà personalista e comunitaria, libertà della famiglia, dei “corpi intermedi” e della cultura universitaria. Relazionare la scelta delle “decisioni supreme” alla “libertà democratica” dice, quindi, che soltanto il buon lavoro dà il buon frutto (cf p.758): “Noi – sostiene Gonella – che siamo sempre stati antimiracolisti, che non abbiamo mai pensato alla Costituente come a un sinedrio infallibile, che non abbiamo mai visto nella Costituzione un prodigioso toccasana di tutte le nostre sciagure, abbiamo però voluto con fermezza questo giorno e abbiamo fatto comprendere alle nostre masse quali supremi valori siano in gioco nella contesa che oggi si decide” (p.758).
Per Gonella, la Costituente e la Costituzione non sono il tutto fissista della vita sociale degli italiani ma sono, comunque, una tappa storica necessaria per conferire alla processualità storica della politica “un punto di non ritorno”, le cui coordinate generali sono determinate dal valore primario della libertà democratica congiunta alla sovranità popolare. Lungo questa direzione valoriale, Gonella – con tutta la Democrazia Cristiana – è del parere che la vera libertà politica consiste nella partecipazione dei cittadini alla gestione democratica del potere dello Stato e delle sue articolazioni periferiche: potere legislativo, esecutivo e giudiziario non separato ma distinto e controllato dal pluralismo e dall’interclassismo dell’unità del Paese. Per “il professore veronese”, lo specifico del valore storico della giornata del 2 giugno 1946 riposa sulla verità dell’avvenimento: è dalla verità, infatti, che deriva la libertà ed è nella libertà che si esercita il potere democratico. “Senza fare della rettorica con le grandi date storiche – continua Gonella – diremo con semplicità che il 2 giugno è una giornata assolutamente nuova nella nostra storia nazionale. Nuova perché il popolo non fu mai chiamato a decidere sulla forma dello Stato: nuova perché l’Italia conobbe Statuti graziosamente concessi, ma non Costituzioni autorevolmente espresse dalla volontà popolare; nuova perché, dopo gli oscuri decenni della cattività fascista, gli italiani per la prima volta vanno alle urne per eleggere una rappresentanza politica” (p.758).
La verità dell’avvenimento del 2 giugno 1946 è, perciò, la stessa verità compiuta della democrazia elettorale, estesa anche al contributo delle donne: non si tratta, allora, di una data storica come le altre postunitarie ma di una data storica sublime che, oltre ad avere un significato cronico, ha innanzitutto un “senso kairologico”. E’ un giorno di liberazione storica che anticipa, per i cristiani, quella escatologica e metastorica: la democrazia politica può essere intesa, così, come la via ossigenata del riscatto umano ovvero del riscatto che va dal diritto della forza alla forza del diritto, di fronte al quale tutti i cittadini sono uguali. Il 2 giugno 1946, nella sua essenza ultima, non è un giorno rivoluzionario ma un giorno evoluzionario, intriso dal “principio di non appagamento”, tipico dei cattolici impegnati in politica: si tratta dell’amore civile per il Paese, che dà alla Democrazia Cristiana la spinta spirituale e morale per democratizzare l’Italia e renderla degna della libertà personale, comunitaria e istituzionale. “Merito di De Gasperi e della Democrazia Cristiana – sostiene Gonella – è stato di aver pensato e voluto la Costituente quando altri parlavano di comitati di salute nazionale; di avere perseguito con tenacia questo scopo quando gli altri la perseguivano con demagogia; di avere condotto serenamente ed ordinatamente l’Italia alla sua Assemblea nazionale che darà un nuovo ordinamento allo Stato” (p.758).
Il carisma politico e popolare di De Gasperi, il “senso della democrazia” degli amici e delle amiche di “casa Padovani” di Milano e il “senso dello Stato” del gruppo di Camaldoli rappresentano la colonna vertebrale degli esiti positivi del Referendum e dell’elezione della Costituente: le premesse morali e istituzionali per lo spirito e la lettera della Costituzione sono già poste in essere, sono già ubicate sul terreno delle libertà democratiche. Superando tutte le filosofie moderne e contemporanee della politica, i cattolici, in continuità con la grande tradizione storica della dottrina sociale della Chiesa, non scelgono la felicità ma la libertà: liberare la libertà, attraverso l’attuazione della giustizia sociale e il bene comune, è il fine della politica e dello “Stato sociale di diritto”.-