NOCI (Bari) Nella mattinata di domenica 27 novembre, nella Sala Convegni Pio XII, si è parlato ancora una volta della riforma costituzionale, al voto il 4 dicembre. Protagonista e organizzatrice la sezione nocese dei Conseratori e Riformisti, con il suo coordinatore Stefano Angelini e il capogruppo al consiglio, Giuseppe D'Aprile, nonché il suo più alto rappresentante, il senatore Piero Liuzzi: ospite di rilievo dell'evento il docente di Diritto Costituzionale dell'Università di Bari, prof. Raffaele Guido Rodio, convinto assertore di una riforma piena di errori giuridici e priva di valori. Presenti all'incontro anche il Presidente del Consiglio nocese, Stanislao Morea ed Enzo Notarnicola dell'UDC.
Dopo la breve introduzione di Angelini e i saluti alle delegazioni presenti (Sammichele, Alberobello, Putignano), al CoR di Noci, a Domenico Curci di Modello Noci e ai già citati Morea e Notarnicola, un breve video consegna alla platea le immagini di un Raffaele Fitto, leader di CoR, convintamente opposto alla proposta di riforma, mentre spezzoni di interviste televisive e interventi in Parlamento rivelano un Renzi dapprima deciso a lasciare e poi vago nel rispondere sulla questione.
La parola passa poi a D'Aprile, convinto dell'inutilità di una riforma costituzionale e della necessità, invece, di discutere e decidere su tematiche più importanti, quali welfare, problematiche del sud, sanità, gli stessi punti che sarebbero stati toccati dal progetto della "Convenzione blu" di Fitto. Il consigliere nocese teme però l'astensionismo per il 4 dicembre e chiude il suo discorso con un invito al voto, ovviamente per il NO, di associati e familiari, con il passaparola.
Il microfono è ora del costituzionalista dell'evento, indeciso su quale punto toccare "tanti sono gli errori giuridici della riforma".
Ad un incontro tra costituzionalisti, organizzato pochi giorni prima e presenziato dallo stesso Rodio, il NO avrebbe vinto 10 a 0, con nessun rappresentante per il SI, un risultato inequivocabile per il docente barese.
La proposta di riforma "parte" già male per lui, poiché firmata da un capo di governo e da un ministro quali Renzi e la Boschi: un'intromissione, secondo Rodio, lontanissima dall'atteggiamento del governo del dopoguerra, quando il testo fu redatto.
Perché allora la necessità di una riforma costituzionale.
Semplificazione? Per Rodio la Costituzione non è affatto complicata, altrimenti non avrebbe portato all'approvazione in 2 anni di ben 241 leggi, di cui 186 su iniziativa del governo. Sarebbe questo probabilmente il problema, cioè un'attività parlamentare continuamente stimolata dal governo, da metà dell'ultimo governo Berlusconi fino a Renzi, quando sarebero le leggi parlamentari le uniche a rispecchiare tutte le voci del paese e le sue istanze.
Tornando alla semplificazione. In nome della semplificazione sarebbe stata cambiata la legge sul nuovo codice degli appalti di aprile 2010. Il risultato per Rodio? Un testo troppo semplificato che, per poter essere attuato, tra l'altro, necessiterebbe l'approvazione di ben 50 regolamenti. Stessa cosa succederebbe per questa riforma costituzionale, che richiederebbe a sua volta l'approvazione di ulteriori leggi costituzionali. E non solo, servirebbero infatti anche delle modifiche sugli statuti, ad esempio di alcune regioni a statuto speciale che non prevedono il mantenimento di un doppio incarico dai propri rappresentanti: come farebbero quindi queste regioni ad essere rappresentate in un eventuale Senato di sindaci e consiglieri? Le cose potrebbero cambiare solamente su iniziativa delle singole regioni, il che vuol dire che se queste non volessero cambiare gli statuti, decadrebbe insomma un punto cardine di questa riforma.
Le regioni a statuto speciale non solo potrebbero essere ago della bilancia del tutto, sottolinea Rodio, ma godrebbero comunque della riforma, in quanto non toccate dalla "statalizzazione" delle scelte regionali. Questo non farebbe altro che rimarcare il divario tra queste regioni e le altre, che diventerebbe netto con le regioni del sud: Rodio, dall'alto della sua esperienza accademica, racconta infatti che l'Università di Trento sarebbe totalmente finanziata dalla sua provincia, mentre a Bari non avviene certamente la stessa cosa, anzi i finanziamenti didattici alle cattedre scarseggiano.
Il vero beneficiario della riforma è il governo, afferma il Costituzionalista, che a sostegno della tesi parla della "clausola di supremazia" dell'articolo 117 della riforma, che permetterebbe al governo di richiedere alle Camere l'approvazione di una legge in tempi brevi, a tutela dell'interesse nazionale, giuridico o economico.
Dal punto di vista politico, invece, gli scenari del SI alla proposta di riforma sarebbero entrambi inconciliabili per Rodio: se vincesse il Centrosinistra alle prossime politiche, si rischierebbe di avere due Camere orientate verso la stessa fazione con un conseguente forte sbilanciamento di potere (dato il maggior numero di regioni "rosse"), mentre in caso di vittoria della destra, il Senato sarebbe comunque orientato a sinistra e si rischierebbe l'ostruzionismo.
Se la Costituzione è nata da forze opposte, questa riforma, differentemente dall'originale, non conserverebbe nessun valore, conclude infine Rodio, che invita a difendere "lo scrigno" delle nostre madri e del passato glorioso con un NO il 4 dicembre.
Dello stesso avviso è Stanislao Morea, che parla anche di toni referendari mai ascoltati, facendo riferimento al termine "accozzaglia" utilizzato da Renzi nei confronti dei partiti del "NO". Il presidente del consiglio putignanese, Vito Angelini, invece, si interroga sulla coerenza di Renzi, che è quasi certo non abbandonerà le scene come promesso: la vittoria del NO è comunque certa per l'amministratore del paese del carnevale.
Si ricollega alla coerenza del suo leader Fitto, verso la riforma, il senatore Liuzzi, che utilizza parole di elogio verso l'ex "presidente virtuoso di questa regione e ultimo ministro dello sviluppo del Mezzogiorno" impegnato in tour per tutta l'Italia che costerebbe fatica, ma che a detta di Liuzzi gli starebbe portando tanta percezione positiva.
La fatica non starebbe toccando Renzi, invece, per il senatore dei CoR, impegnato a propagandare una riforma che non tocca l'economia e che quindi non comporterebbe rischi su quel piano, come sosterebbero quelli del "SI" .
Al contrario, il premier dovrebbe realmente pensare alle vere emergenze del paese, come il PIL ancora fermo allo 0,4% e l'alto tasso di disoccupazione al sud, ad esempio.
Se da un lato la finanza è importante, la politica deve essere "stella polare" del suo popolo e non gioco delle banche e dei loro interessi, commenta Liuzzi, che nella presunta semplificazione proposta dalla riforma costituzionale in essere vi trova una facilitazione soprattutto per gli istituti bancari americani.