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Manuel Intini: "Difficilmente riesco a immaginare la mia vita lontano da Noci"

09-22-manuel intiniNOCI (Bari) – A tratti "giullaresco" ma sempre preciso e "scrupoloso", Manuel Intini è ben riuscito a conciliare la sua professione con la passione per la musica e il teatro, passione che lo tiene fortemente legato a Noci, dal quale è lontano ormai da sei anni. Dopo esser partito in Australia e aver preso parte ad un progetto congiunto presso il CSIRO, noto centro di ricerca sulle energie rinnovabili, Manuel è tornato in Italia, a Milano, dove attualmente ricopre il ruolo di ricercatore Postdoc presso il Politecnico di Milano, con l'unico obiettivo di concedere una nuova possibilità al nostro Paese, sfruttando tutte le capacità e l'esperienza maturate sino ad oggi.


Quali sono stati gli ostacoli più grandi che hai incontrato durante il tuo percorso, sia sotto il profilo personale che professionale?

Sicuramente il mio percorso ha beneficiato di una certa continuità con quella che era la mia vita da studente, ma il passaggio non è stato indolore. Penso che l'ostacolo più grande sia stato la consapevolezza di esser solo: per la prima volta mi sono sentito privo di una guida nel prendere delle scelte, individuare un filone di ricerca e costruire un percorso partendo da zero. Se da un lato è un'opportunità unica, poiché la piena libertà di scelta è un vantaggio che nessun'altro tipo di lavoro può offrire, dall'altro comporta il rischio di smarrirsi lungo strade che portano a risultati al di sotto delle aspettative, specie in mancanza di un'adeguata supervisione.

Nel 2012 l'ex ministro dell'Istruzione Francesco Profumo ha dichiarato di vergognarsi in Europa a causa della mediocrità della ricerca in Italia. Quando ti sei trasferito all'estero hai provato la stessa sensazione? Il futuro dei ricercatori italiani è all'estero?

Pur essendo convinto che la ricerca in Italia non sia affatto mediocre, è evidente che il divario con gli altri paesi è ampio. Si sente parlare spesso di carenza di fondi, io credo invece vi sia un problema di pianificazione. Per quello che può valere la mia esperienza, condurre un progetto di ricerca all'estero non significa investire cospicue risorse, ma utilizzare al meglio quelle di cui si dispone. Niente viene lasciato al caso, ogni attività è finalizzata al conseguimento di obiettivi ben precisi e le singole responsabilità possono essere individuate in maniera molto trasparente. Oggi un ricercatore non può prescindere da un periodo di lavoro all'estero, e su questo posso dire che i meccanismi per incentivare lo scambio tra ricercatori italiani e stranieri sono numerosi. Credo anche però che sia un compito quasi "morale" di ogni ricercatore reinvestire l'esperienza di cui si è fatto tesoro nel proprio paese.

Come spieghi la scarsa sensibilità dei tuoi coetanei verso le tematiche ambientali?

Forse non sono la persona più indicata per rispondere a questa domanda, ad ogni modo credo sia il frutto di uno scarso senso civico e di una mancanza di educazione al rispetto dell'ambiente, che dovrebbe partire prima dalla famiglia e poi dalla scuola.

Fuori dal laboratorio suoni e reciti. Come riesci a conciliare interessi apparentemente così diversi?

Trovo, invece, che questi interessi siano del tutto naturali. Chi mi conosce sa benissimo della mia indole un po' giullaresca (la ricerca richiede sempre creatività e un desiderio di scoperta un po' fanciullesco) ma anche del mio modo di fare le cose, scrupoloso e attento ai dettagli. Suonare in una band o recitare al fianco di una persona richiede prove intense e soprattutto la costruzione di un rapporto di intima simbiosi con i tuoi compagni. Tutte cose che ritrovo nel mio lavoro.

Spesso si associano i luoghi dell'anima con delle canzoni. Hai vissuto a Noci, Milano e in Australia, con quale brano descriveresti ognuno di questi posti?

Per l'Australia mi viene in mente "I've been loving you too long" di Otis Redding. È, un brano che nulla ha a che vedere con l'Australia se non per un luogo che ho frequentato spesso, dove mi piaceva mettere questa canzone su un vecchio giradischi.
Per Milano direi "L'inutilità della puntualità" degli Afterhours per il ritmo travolgente, il senso di invivibilità che trasmette, ma anche per gli sprazzi di bellezza che vi si possono scovare.
Infine per Noci scelgo "Moonlight serenade" di Glen Miller, delicata e lievemente malinconica, mi ricorda molto le sonorità che ascoltavo a casa da bambino.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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