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Francesco Colonna: “Gli errori rappresentano una componente ineludibile di ogni essere umano”

11-10-franscesco colonnaNOCI (Bari) – Lontano da Noci dal 2007, Francesco Colonna nonostante una posizione professionale sicura, ricoperta a Milano dal 2008, nel 2012 decide di lasciare la città per trasferirsi a Monaco di Baviera e seguire la sua compagna. A guidare questa importante decisione la volontà di seguire una strada coerente con il proprio progetto di vita. Una scelta, che per quanto possa celare dietro di sé non poche difficoltà, si è rivelata una sorpresa, portando Francesco alla consapevolezza che "le ripartenze temprano caratterialmente e aiutano a mantener vivo il senso della realtà".

A 17 anni decidi di abbandonare gli studi, per poi riprenderli dopo 5 anni e proseguire sino al conseguimento della laurea...

Gli studi sono stati funzionali per il raggiungimento di alcuni obiettivi manifestatisi nella tarda adolescenza e consolidatisi in età adulta. In tal modo ho vissuto lo studio non più come un mero obbligo da assolvere bensì come un piacevole impegno quotidiano da svolgere al meglio.

Nello specifico qual è la tua specializzazione professionale e quali le mansioni svolte coerenti con essa?

Il mio percorso di studi, ultimato a Milano, mi ha fornito alcuni strumenti teorici per lavorare nel mondo delle cosiddette "Risorse Umane". Negli anni milanesi, ho lavorato presso delle aziende di consulenza, della finanza e del credito, occupandomi di formazione professionale e soprattutto di contrattualistica giuslavoristica, relazioni sindacali e di procedure disciplinari.

Durante il tuo percorso ritieni di aver fatto sempre le scelte giuste o piuttosto di aver commesso anche alcuni errori?

Sono il risultato delle mie azioni, quindi anche dei miei errori. Nella mia vita ne ho commessi innumerevoli e ho ragion di credere che ne commetterò ancora molti. Gli errori rappresentano una componente ineludibile di ogni essere umano: bisogna saperli riconosce e ammetterli, in primo luogo a sé stessi. Il mio "esercizio quotidiano" non consiste tanto nel cercare di non sbagliare, quanto nel ridurre al minimo le conseguenze dei miei errori e nell'evitare di ripeterli. Ritengo tuttavia che gli errori, allorché non arrechino discapito ad altri, rappresentino il motore della crescita dell'essere umano.

Nonostante dal 2008 ricoprivi un ruolo professionale stabile e importante, nel 2012 decidi di lasciare il tuo lavoro e raggiungere la tua compagna in Baviera. Quali sono stati i punti fondamentali che hanno guidato questa tua scelta?

Credere in un progetto condiviso. Mia moglie si è trasferita da Milano a Monaco nell'aprile 2011: tra la prospettiva di essere collocata in mobilità e la possibilità di continuare a lavorare all'estero, lei ha saggiamente optato per la seconda via. Nei mesi successivi abbiamo studiato a fondo usi e costumi di Monaco e confrontato con Milano ogni singola variabile ritenuta significativa da entrambi. Alla fine abbiamo ritenuto che la Baviera potesse offrirci qualcosa di più coerente con il nostro progetto di vita. Dal punto di vista professionale ho dovuto ridisegnare le mie aspettative mentre, sul lato umano, ho fatto un rigenerante bagno di umiltà: le "ripartenze" temprano caratterialmente e aiutano a mantener vivo il senso della realtà.

Solo dopo pochi mesi dal tuo trasferimento hai subito trovato un'occupazione. Pensi che nel nostro Paese sia altrettanto semplice trovare la propria strada o un ruolo che si possa considerare soddisfacente da ogni punto di vista?

Stiamo vivendo un momento storico davvero complesso. La "crisi" è un terribile virus che, partita dalla finanza, si è propagata nel tessuto socio-culturale fino a lacerare le nostre coscienze e a destabilizzare le nostre identità. Nessuno è immune, men che meno l'Italia. Nel nostro Paese, infatti, "trovare la propria strada" risulta essere un'impresa davvero titanica. Una piena gratificazione, in grado di soddisfarci "da ogni punto di vista", è senz'altro possibile ma, dal mio punto di vista, piuttosto improbabile. Ma il mio, beninteso, non è un invito alla resa, tutt'altro!
Quando mi sono trasferito a Monaco, la città mi ha dato il benvenuto con -22°C, quasi a voler ribadire che avrei dovuto far subito sul serio! Difatti non è stato semplice trovare una nuova occupazione. Tuttavia, con un po' di tenacia e buona sorte, sono stato assunto da un'azienda di produzione nella quale mi occupo di acquisti, gestione del flusso merci di magazzino, contabilità e reportistica: mansioni ben diverse rispetto a quelle svolte in Italia.

Considerando tutto il tuo percorso, personale e professionale, quale consideri essere stata la tappa migliore in prospettiva del tuo futuro e quale, invece, quella che ha avuto maggiori riscontri negativi per la tua strada?

Sono alquanto severo con me stesso, quindi, più che qualificare in negativo singole tappe della mia vita, rilevo un'inappagante continuità tra passato e presente circa il mio modo di concepire alcune circostanze.
Mi spiego meglio. Passeggiando per le vie di Monaco, posso leggere gratuitamente un libro prelevandolo da una libreria itinerante ed, eventualmente, donare alcune delle mie letture preferite; posso acquistare ortaggi dalle bancarelle poste sul ciglio di alcuni marciapiedi e versare il dovuto all'interno di enormi salvadanai incustoditi; posso conferire il vetro in funzione della sua tonalità di colore e ogni altro pattume nel suo apposito raccoglitore. Posso fare tutto ciò e tante altre cose analoghe! Eppure nel farle, mi pervade una sensazione di sbigottimento per qualcosa che reputo straordinario. Il punto è che questo mio stato, altro non è, se non la misura di un civismo non ancora maturo.
In "prospettiva del mio futuro", mi piacerebbe ripercorrere le stesse strade di Monaco con mia figlia per compiere assieme a lei, con spontaneità e naturalezza, tutti questi gesti e tanti altri analoghi. Non sarei straordinario io come padre né lei come figlia, saremmo semplicemente due normalissime persone con un senso civico degno di esser chiamato tale.

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