Dai nitriti agli attriti, il futuro del cavallo murgese appeso ad un filo

10-02-murgese-musoNOCI (Bari) - Dai nitriti agli attriti, ci potrà essere una via d'uscita? È veramente aberrante ciò che sta succedendo alla razza autoctona del cavallo murgese. Una razza equina di cui andare fieri, non solo nocesi e martinesi, ma la Puglia intera e tutto lo stivale italico. Una razza autoctona italiana, nata e cresciuta qui, nella famigerata murgia dei trulli, condannata oggi ad un ingiusto supplizio: l'estinzione.

A margine dell'ultimo raduno svoltosi nella ridente (mica tanto) cittadina di Noci, quello che viene fuori dal Presidente dell'Associazione Regionale del Cavallo Murgese, Francesco Antonio Gentile ad oggi a fine mandato, è sconvolgente. Quando mi sono accostato a lui per sapere le novità della 15 edizione del raduno di razza autoctona, il presidente mi ha dato il tristissimo annuncio.

Ma come, non doveva essere il cavallo della Repubblica? Non ci si stava battendo per far riconoscere il Murgese una razza italiana con il marchio "Made in Italy" difficilmente copiabile dai mercati orientali in continua espansione e da quelli sud-americani in crescita? Com'è possibile che il "nostro" cavallo ad oggi «conta meno di 5mila esemplari ed è a rischio estinzione»?

10-02-murgese-corsaLa risposta è tanto semplice quanto drammatica. I cavalli iscritti nel registro di razza sono 4845 di cui quasi 3700 unità sono presenti nella sola Puglia. I restanti 1145 sono sparsi nelle diverse regioni d'Italia. Per questo la Regione Puglia ha stanziato, per risollevare le sorti del murgese, € 200 ad ogni soggetto con fondi PSR. A creare intralcio per far si che il cavallo di razza murgese si espanda sul territorio tanto da far divenire l'associazione regionale un'associazione nazionale, con cotanto di riconoscimento della razza italica, ci pensano l'AIA (Associazione Italiana Allevatori) e le APA delle provincie di Bari e Taranto che guardano di malocchio l'espandersi della razza murgese. Quelli che dovrebbero essere i fautori e fonte di rinascita e sviluppo per l'intero settore primario (dal contadino all'allevatore), sono i primi ad opporsi. E questo succede perché chi ne gestisce la direzione ed è chiamato a muovere le corde (finanziamenti inclusi), non ubbidisce solo a chi, come contadini ed allevatori, fa parte del settore primario, ma agisce in primis ubbidendo a chi tratta la questione come pura merce di scambio «per far girare il denaro», ovvero la politica.

E così si ha anche la felice idea di dividere due associazioni gemelle, quali sono appunto quella nocese e quella martinese, che invece di unirsi per formare un nucleo omogeneo di strutture e di idee per rilanciare la figura del cavallo murgese in tutta Italia, si fanno la lotta a chi non debba organizzare la propria mostra-mercato all'interno del proprio paese. Ma in che "razza" di mondo viviamo? Che modo d'agire è questo? Roba da «far accapponare la pelle», si direbbe. Questa situazione di antagonismo inevitabilmente si ripercuote anche sugli allevatori stessi che sono i diretti interessati. Questi infatti, nonostante lo sforzo della Regione di tenere a galla ciò che rimane della razza murgese in Puglia attraverso il contributo, non stanno nutrendo più interesse ad allevare l'equino di casa nostra e preferiscono altri equini da monta o da lavoro che circolano con più facilità nel mercato animale.

Il problema si divide quindi in due tronconi. Il primo è rappresentato dal mancato riconoscimento da parte dell'AIA del murgese come razza italiana con relativo rifiuto di istituire il Libro Genealogico della razza. Il secondo è stato sollevato dagli allevatori stessi. Che tipo di cavallo è il murgese? È una razza destinata agli sport equestri? È una razza da sella? Da attacco? Da lavoro? Il dubbio permane nella mente degli allevatori che hanno perso la fiducia nell'allevare una razza come questa. Non è giusto.

È indegno far morire senza giudizio alcuno uno degli esemplari più caratterizzanti e storicamente più attivi del Mezzogiorno d'Italia. Si deve, al contrario, lottare insieme al fine di salvaguardare la razza autoctona delle murge facendo fronte comune all'ostruzionismo delle associazioni di categoria e strappando la direzione dalle mani ingloriose della politica. Lontano dalle interferenze speculative il cavallo murgese potrà continuare a vivere e ad espandersi al di fuori dei limiti territoriali pugliesi vedendosi riconosciuto per quello che già molti amanti del mondo equestre lo definiscono "Cavallo d'Italia".

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