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Annarita, una nocese tra gli “Angeli del fango”

10-16-casulli-volontariNOCI (Bari) - C'è anche lei, Annarita Casulli, nocese di 25anni residente da tempo a Genova per completare i suoi studi in Medicina, tra gli "angeli del fango" che in questi giorni si stanno mobilitando per ripulire il capoluogo ligure dalla massa di detriti e melma che la spaventosa alluvione di giovedì scorso ha portato con sé sulle strade della città marinara. L'esondazione del Bisagno ha portato morte e distruzione in tutto l'hinterland genovese facendo precipitare la popolazione nell'incubo del 2011 (in foto Casulli è la seconda da dx).

Nei momenti in cui non piove (ma l'allerta rimane) i ragazzi si sono mobilitati per dare una mano ai concittadini genovesi per rimettere in sesto la città. Gli "angeli del fango" li chiamano. Quelli che muniti di stivali, guanti, pala, ed alcuni veterani con una maglietta con su scritto "non c'è fango che tenga", si mettono a spalare per aiutare chi nell'alluvione ha perso praticamente tutto. Annarita è stata una di loro. Insieme alla sua coinquilina Sara, dal mattino di venerdì scorso decidono di scendere in strada per spalare e ripulire dal fango scantinati e mobilio. Due ragazze non del luogo che con Genova hanno un feeling particolare, non solo perché ci studiano, ma perché la sentono come la loro seconda città.

10-16-gruppo-volontari-genova«Mi sono ritrovata nella notte tra giovedì 9 e venerdì 10 ottobre di fronte ad una situazione imprevista – ci racconta lei - un blackout generale con il temporale che imperversava da ore ormai. Le breaking news online della tv locale e della testata giornalistica del "Secolo XIX", con cui ci mantenevamo aggiornati grazie allo smartphone, unica risorsa a nostra disposizione dato che eravamo rimasti al buio per un po' di tempo, erano poco rassicuranti e ci hanno fatto capire che stava ripresentandosi il quadro catastrofico di 3 anni fa. Non ci son stati attimi di panico, nessun tipo di paura, solo preoccupazione per amici che in quel momento si trovavano fuori casa o che, nel tentativo di metter in salvo le proprie autovetture o scooter cercando parcheggio sulle alture, erano nel bel mezzo dell'alluvione».

Cosa avete fatto nei giorni immediatamente successivi all'alluvione? «I giorni seguenti sono stati quelli più significativi: orde di ragazzi, famiglie con bambini al seguito che si sono rimboccati letteralmente le maniche ed insieme a proprietari di negozi o di scantinati, hanno iniziato a sgomberare i locali ormai invasi dal fango, da qui l'appellativo "Angeli del fango". Ciò che ho ed abbiamo notato insieme ai numerosi volontari è la facilità con cui ci si può dar una mano in queste occasioni, pur non conoscendosi, pur non avendo nessun tipo di remunerazione: difficilmente in altri contesti risulterebbe così naturale aiutarsi, in modo solidale e disinteressato».

Vi è stata collaborazione tra voi ragazzi e i genovesi? «Tutto questo accade nel bel mezzo di ammassi di roba infangata per strada ormai inutilizzabile, con il "dress code" di stivali, mani e la maggior parte del corpo sporchi: questo fa si che si crei quell'alchimia che permette di socializzare e creare legami di profonda sincerità di più di quanto lo si possa fare durante una serata in discoteca o in un pub sovraffollato, o financo sul posto di lavoro».

La tua esperienza personale? «Io ero insieme ad altri miei compagni d'università. Mentre camminavamo diretti verso il centro, abbiamo trovato una signora in difficoltà indaffarata vicino ad un cumulo di robe ormai rovinate dal fango. Abbiamo chiesto se avesse bisogno di una mano e da lì abbiamo passato circa quattro ore a cercar di buttar via 10 cm di fango da un scantinato, con qualsiasi tipo di pala o scopa, insieme ai proprietari che ci han offerto focaccia calda e caffè».

Non sono mancati episodi di sciacallaggio ma le forze dell'ordine ed i cittadini stessi hanno fatto il loro dovere. «Nella giornata di sabato abbiamo notato truppe di militari dell'esercito impegnati nelle operazioni di sgombero dai detriti, nelle strade maggiormente colpite, e siamo stati entusiasti della partecipazione delle forze armate, rappresentative dello Stato, dato che fino a quel momento avevamo visto solo volontari della Croce Rossa Italiana, Protezione Civile e Vigili del Fuoco insieme a centinaia di volontari come noi».

Ci sono state polemiche sullo stato d'allerta... «Per quanto riguarda l'allerta 2, è stata prorogata fino al lunedì in maniera cautelativa, molti dicono che sarebbe dovuta esserci anche durante il pomeriggio del giovedì, alcuni per questa mancanza gridano: "Doria dimettiti!"».

Eri a Genova anche nel 2011. Perché secondo te a distanza di soli 3 anni una nuova alluvione ha causato gli stessi danni? «Quel che io penso, come lo pensa una grossa fetta di genovesi e non, è che il motivo per il quale tutto è accaduto non sia stata l'allerta non lanciata, ma il tutto è da imputare alla noncuranza con cui si è andati a costruire in questi ultimi cinquant'anni, costruendo ponti che dimezzano la portata e costruendo interi quartieri senza criterio, riducendo gli argini dei fiumi, i quali privati del loro letto naturale tendono a riprendersi ciò che gli è stato tolto. Inoltre son da tenere a mente tutti i lavori non effettuati di restituzione e ripristino degli argini naturali dei fiumi, atti ad abbattere il rischio idro-geologico da ulteriori esondazioni. Di polemiche su quest'avvenimento ce ne sono e ce ne saranno e le colpe credo si sappia già a chi attribuirle, quindi non voglio soffermarmi su quest'aspetto bensì sottolineare quanto possa esser facile comunicare e sentirsi uniti durante un disastro del genere, l'elevato tasso di condivisione e la lealtà con la quale alla fine ci si approccia per salvare il salvabile pur essendo totalmente sconosciuti».

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In foto via Canevari, (dove è stato ritrovato il cadavere del 57enne Campanella la notte del venerdì) tra Borgo Incrociati e la stazione di Brignole. È tra le zone più colpite.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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