Piccolo Festival della Parola: gran finale con Mauro Pagani e Sergio Rubini - gli incontri e l'intervista

09 16 Piccolofestivaldellaparolagiornata conclusiva copy copyNOCI (Bari) -  La quattro giorni di “Piccolo Festival della Parola” si è rivelata davvero “succulenta” dal punto di vista degli ospiti, fino all'ultimo appuntamento! Domenica 15 settembre Noci ha infatti ospitato il musicista e compositore Mauro Pagani, in un duplice incontro. Durante quello delle 17:00, presso il Chiostro delle Clarisse, l’artista ha raccontato la sua serrata collaborazione con Fabrizio De Andrè. Il grande cantautore genovese è stato poi omaggiato con il concerto “Crêuza de mä: un pensiero per Fabrizio", tenutosi alle 21:00 presso il Nuovo Anfiteatro.  Il regista e attore Sergio Rubini, invece, è stato protagonista, presso l'Auditorium della Scuola Media Gallo, di un'intervista ricca di aneddoti importanti, riferimenti a grandi pellicole e citazioni cinematografiche, condite dalla proiezione finale del suo ultimo film da regista, "Il Grande Spirito" (2019), caldamente apprezzato dal pubblico da sold out, presente in sala.


09 16 Piccolofestivaldellaparolagiornata conclusiva 1Nella mattinata però, abbiamo scelto di seguire la presentazione di un libro incentrato su  uno di quei temi scottanti di cui è bene parlare ogni volta che se ne ha l’occasione: il bullismo. Si intitola infatti “Da bullo a bello” il libro scritto da Noemi Cagnazzo. Avvocato del diritto di famiglia e specializzata nella legislazione del diritto minorile, l’autrice ha voluto regalarsi il sogno di scrivere libri per bambini e ragazzi. Un tipo di letteratura che non è assolutamente di serie B, anzi, se vogliamo è ancora più impegnativa. Si rivolge infatti a tre tipologie di persone: i bambini, gli insegnanti e i genitori. Come sosteneva Gianni Rodari, i libri devono insegnare qualcosa. “Da bullo a bello” è stato scritto proprio con l’obiettivo di rieducare all’empatia, alla sensibilità, al dialogo. Il problema del bullismo esiste fin dalla notte dei tempi e non lo si può risolvere: l’unico mezzo per contenerlo fino al suo estinguersi è la prevenzione. Le filastrocche e le illustrazioni, contenute nel libro, si prefiggono lo scopo di far riflettere i ragazzi appartenenti a quella fascia d’età in cui possono ancora diventare non bulli ma belle persone. Non va isolato il bullo ma il fenomeno del bullismo, rendendo i ragazzi consapevoli che determinati comportamenti alla fine creeranno attorno a loro solo un vuoto sociale. Sperimentando questa solitudine, non potranno far altro che tornare sui loro passi. Non vanno fatti facili allarmismi, definendo bullismo ciò che non ne rispecchia le effettive caratteristiche, ma è altresì sbagliato mostrarsi troppo menefreghisti come genitori, giustificando perennemente i figli.

09 16 Piccolofestivaldellaparolagiornata conclusiva 3Nel pomeriggio, alle 17:00, il Chiostro delle Clarisse ha ospitato invece il musicista e compositore Mauro Pagani, storico componente della celeberrima PFM (Premiata Forneria Marconi) che, a partire dal 1981, ha collaborato per ben 14 anni con uno dei più grandi cantautori della storia della musica italiana, Fabrizio De Andrè, dedicatario del concerto serale, in scena all'Anfiteatro comunale nocese. Prima che avesse inizio l’incontro-dialogo con la giornalista de “La Repubblica”, Antonella Gaeta, noi di Noci24.it siamo riusciti a strappare al volo una domanda a Pagani. Gli abbiamo chiesto di sintetizzarci in pochissime parole come fosse Faber umanamente e artisticamente.
“Fabrizio? Umanamente un po’ orso, come lo sono notoriamente tutti i genovesi! Lui comunicava principalmente attraverso i suoi testi. Artisticamente era il cantautore-poeta dell’essenziale. Famosa è infatti la sua affermazione, che ripeteva come un mantra: “Tutto ciò che non è necessario è superfluo!”. Se aveva a disposizione otto parole in un testo, le soppesava accuratamente e ti trovata le otto parole più indicata a comunicare quel messaggio con la massima efficacia. Faber aveva un talento naturale per le rime: che lui da lassù mi perdoni ma penso che la prosa gli sarebbe riuscita decisamente meno bene! Del resto è naturale che ognuno abbia le proprie inclinazioni e gli ambiti in cui eccelle più che in altri”. Nel corso dell’incontro, Pagani ha parlato dei suoi difficili esordi come musicista (erano i tempi in cui quello del musicista non era ancora considerato un vero lavoro, ndr); del primo gruppo musicale di cui ha fatto parte, la “Premiata Forneria Marconi” e del suo avvicinamento al gruppo dei “Quelli”, mentre nella vicina sala d’incisione, Faber De Andrè registrava “La Buona Novella”. Quasi per gioco, per ricevere un puro parere artistico, Pagani fa ascoltare a Fabrizio alcuni suoi arrangiamenti: il cantautore decide che quelle musiche fanno al caso suo, perché rappresentano un ottimo matrimonio con i testi che già ha probabilmente in mente di buttar giù. Nei progetti di Faber c’è un disco dall’obiettivo rivoluzionario, che incarni una lingua con particolari caratteristiche. Si accorge che quella lingua ce l’ha già: è il suo dialetto, il suo genovese. Con un grande atto di coraggio (proprio dal punto di vista storico), nasce la stupenda “Crêuza de mä”. Nella stesura del testo, De Andrè rispetta meticolosamente i giochi musicali (iati) creati da Pagani. Ad esempio la parola “eianda” non esiste in realtà nel dialetto genovese, ma dal momento che si sposa alla perfezione con le sonorità, Fabrizio decide di adottare questo piccolo artificio artistico.

Il secondo album frutto della collaborazione “Pagani-De Andrè” si intitola “Le Nuvole”. Si discorre a lungo sugli argomenti da trattare e Mauro vuol dissuadere Fabrizio dal proposito di fare un altro disco in dialetto genovese. “Creuza” aveva funzionato bene ma dal punto di vista del musicista, un qualcosa che costituisse grosso modo una sua replica, avrebbe annoiato il pubblico. La spuntano entrambi a metà: il disco contiene sicuramente brani in lingua italiana, ma è presente anche un mix di dialetti (“Don Raffaè”, “Mégu megún”; “ 'Â çimma”). Il titolo iniziale sarebbe dovuto essere “Ottocento”, dal momento che Pagani è sempre stato affascinato dalle melodie di quel periodo storico, ma resterà solo il titolo di uno dei brani contenuti all’interno del disco. Disco di cui fa parte anche “La domenica delle salme”, unico brano di cui Pagani scrisse anche il testo a quattro mani con Fabrizio. Il messaggio è ancora oggi attuale, perché ancora oggi c’è una profonda crisi identitaria e di valori.
09 15 mauro pagani al piccolo festival della parola noci bari“Tutt’ora c’è una grande incapacità di sognare di cambiare il mondo! Per cambiamento si intende il voler andar via, per diventare magari ricchi e famosi, ma non ci si preoccupa di cambiare i valori fondanti della società”- ha ribadito con convinzione il musicista.
Sintetizzando cosa abbia significato per lui la collaborazione con De Andrè, Pagani l’ha letteralmente definita: “Tra le fortune più autentiche e grandi della mia vita. Basta trovarsi lì al momento giusto, mentre passano certi treni! A me è successo!”. Una convinzione ed emozione che non poteva non trasparire anche nel concerto serale, dedicato al compianto amico cantautore.
“Crêuza de mä: omaggio a Fabrizio De Andrè", con Mauro Pagani voce, violino e bauzuki, Mario Arcari ai fiati, Eros Cristiani a tastiere e fisarmonica e Joe Damiani a batteria e percussioni, è stato un altissimo viaggio musicale, partito da "Ottocento" di De Andrè, passato attraverso i successi da solista del musicista, approdato a "Domani", brano del 2003 scelto come canto degli Artisti Uniti per l'Abruzzo nel 2009, fino a una "Impressioni di settembre" da brividi. Una conclusione perfetta e da standing ovation, per Pagani e la sua piccola band ma anche per l'intero Piccolo Festival della Parola.

Altra perla della giornata è stata indubbiamente la presenza del regista e attore pugliese, Sergio Rubini, accolto alle 18 da un Auditorium della scuola Gallo gremito e letteralmente sold out. Accompagnato da un suo profondo conoscitore ed estimatore, il critico Anton Giulio Mancino, l'artista ha ripercorso alcune delle tappe salienti della sua carriera, dagli anni '80 ad oggi, attraverso film da protagonista e da regista e grandi temi della sua cinematografia. ll primo incontro con Federico Fellini (celebre è l'aneddoto dell'esclamazione del grande regista, "Complimenti, signor Rubini, lei, all'opposto della maggioranza degli attori, assomiglia alle sue fotografie") e la chiamata a sorpresa ricevuta pochi anni dopo, per recitare nel suo film "Intervista" (1987).


09 15 sergio rubini al piccolo festival della parola noci bari"La stazione" (1990), opera prima da regista per Rubini, con un altrettanto giovane Domenico Procacci produttore: un successo che per il critico Mancino sarebbe tra i film spartiacque della cinematografia italiana. E poi "La bionda" con la diva del tempo, Nastassja Kinski (fu lei stessa a chiedere a Rubini di lavorare con lei, ndr), un film complicato da gestire, prima vera prova del nove per il Sergio Rubini regista,  che sfora i tempi di produzione e conclude con un finale fortemente tragico, non apprezzato, come il resto del film, dal grande pubblico.

"I film hanno lunga vita" gli dice ancora, saggiamente, Federico Fellini, seppur questo riscatto de "La bionda" non sia poi ancora realmente arrivato, ma sia il regista di "Otto e mezzo" che la moglie e attrice, Giulietta Masina non disdegnano la conclusione del film scelta dal regista di Grumo Appula.
Una carriera da regista la sua che proseguirà negli anni 2000 con film come "Colpo d'occhio", "Mi rifaccio vivo", "Dobbiamo parlare" ("Un Perfetti Sconosciuti arrivato prima" per Anton Giulio Mancino, in riferimento alla fortunatissima pellicola di Paolo Genovesi del 2016, in sala un anno dopo l'uscita del film di Rubini, ndr), ma anche con prove attoriali indimenticabili. Il regista Sergio Rubini dice di aver subito le influenze del cinema francese noir degli anni '30, ma di aver intrapreso la sua carriera da "director" solo quando ha cominciato a raccontare la sua storia, la sua verità.

Una verità vicina alla sua Puglia, al suo Sud, al suo vissuto, con la convinzione che in questo territorio, tra salentini e baresi, tra campani e foggiani, ci sia una "visione comune del mondo". Un messaggio racchiuso nei suoi film, perché "i film lasciano un messaggio, mettono un punto e vanno capiti, mentre le serie tv richiedono meno attenzione"; una storia filtrata dalla comicità, una comicità più vicina a Eduardo De Filippo che a Peppino (si quali sta lavorando per il suo prossimo film, ndr). Un umorismo quasi pirandelliano, che vuol far riflettere e lasciare qualcosa allo spettatore più dell'effimera e semplice risata. 

Detto fatto: "Il Grande Spirito" (2019), ultima fatica da regista di Sergio Rubini con un superbo Rocco Papaleo, girato sui tetti della bellissima Taranto e proiettato in seguito all'intervista di ieri, è proprio questo. Comicità ma soprattutto amara ironia: follia ridente e pura e triste umanità. Un film che vi consigliamo di guardare e che siamo certi riuscirete ad apprezzare, forse aiutati dagli spunti di questo articolo. Grazie, Sergio Rubini e grazie al Piccolo Festival della Parola. Alla prossima, con davvero tanta tanta speranza!

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