Baciami Ancora

FIGLI, AMICI E AMORI NEL BEL FILM DI GABRIELE MUCCINO

 

palcoscenico-Baciami-AncoraNOCI (Bari) - Ha ragione Gabriele Muccino quando, a proposito del suo ultimo film ("Baciami ancora"), afferma che "è estremamente riuscito". I difetti che contiene sono veniali come i riferimenti a Will Smith e a Ozpetek o qualche eccesso, stereotipo e improbabilità. Nel complesso l'opera si configura come una enciclopedia della vita contemporanea vista attraverso le relazioni di quattro amici (quarantenni) tra loro, con le donne e i figli. Questo fa sì che il film sia pieno di eventi e accadimenti ma tale eccesso (la tendenza ad assommare piuttosto che a sottrarre)ubbidisce alla necessità di mostrare e dimostrare. Tale intento dimostrativo non disturba perché ciò che ci vien fatto vedere è credibile, realistico e condivisibile. Inoltre la messinscena è costruita in modo da smussare le scene madri e da dosare e centellinare le emozioni.

 

Il regista usa una tecnica a mosaico passando da un episodio all'altro nel momento in cui si raggiunge un acme. Le varie situazioni vengono spiegate per analogia. Quando si sta per arrivare a un momento di tensione questa viene attutita con il passaggio ad altri personaggi del gruppo alle prese con questioni simili o speculari (per esempio il rapporto coi figli già nati o che dovranno nascere). Il film, quindi, fluisce senza intoppi e senza parossismi pur affrontando una materia incandescente fatta di amori, gelosie, tradimenti, depressioni, isterie, gravidanze desiderate o inaspettate. Il protagonista, Stefano Accorsi, dice che il film narra "storie normali con momenti vertiginosi". Ma in questa vertigine non ci si perde perché mai viene meno la capacità del film di "intrattenerci, farci pensare, sorridere, riflettere"(M. Pagani). Ciò è conseguenza, pur nel tumulto delle situazioni, della maggiore pacatezza raggiunta dai personaggi, a dieci anni di distanza dalle vicende che li avevano visti protagonisti nell'"Ultimo bacio". Anche le scene fuori le righe impersonate da Claudio Santamaria (la cui depressione lo porterà al suicidio) e da Pierfrancesco Favino (alle prese con problemi di virilità e fertilità) vengono ricondotte nell'alveo giusto, evitando, pur nella drammaticità, i colpi bassi. Muccino si destreggia magnificamente tra commedia, melodramma e dramma. Tale mirabile equilibrio dipende dalla sua volontà e capacità di "parlare di sentimenti umani molto forti e talmente comuni da consentire a chiunque d'immedesimarsi nei personaggi".

Va creduto quando dichiara che i suoi film "non nascono da esigenze commerciali, bensì da idee che devono trovare il proprio tempo per crescere e maturare". Tutte queste esigenze vengono anche servite da attori la cui recitazione è sapientemente orchestrata. Tra gli interpreti maschili privilegiamo Giorgio Pasotti che convince (ad onta del trucco alla Johnny Glamour) nel suo ruolo di padre che ritorna dal figlio abbandonato per dieci anni. La storia di questo irregolare (incarcerato anche per traffico di droga) riceve un'attenzione particolare nell'episodio dell'incontro con Valeria Bruni Tedeschi, anch'ella abbondonata dal marito che, prima di essere scoperto, viveva in due famiglie parallele. Anche qui l'eccesso programmatico viene neutralizzato dalla prova recitativa straordinaria dell'attrice dal volto mobilissimo e coinvolgente nella sua totale naturalezza. Naturalissima è anche Sabrina Impacciatore, umanissima e inflessibile nella gestione delle intemperanze del compagno instabile (Claudio Santamaria). Una menzione speciale merita Pierfrancesco Favino alle prese col tradimento e l'abbandono da parte della moglie (una accattivante Daniela Piazza) che poi ritornerà con un figlio concepito con un altro e che, vista l'accertata sterilità, sarà accettato dal marito.

Molto convincenti anche i due attori (Accorsi e Vittoria Puccini) che sono al centro delle vicende dei quattro amici ai quali, un po' prima del finale, si aggiungerà la Bruni Tedeschi. P.S. Per finire un piccolo codicillo che spiega la disistima dei registi nei confronti dei critici. Sul bel quotidiano "Terra" Alessia Mazzenga dice una serie di cose totalmente non condivisibili. "Non sembrano molto cresciuti i protagonisti del film e con loro purtroppo neanche il regista, che ci riprova commettendo gli stessi errori del film precedente. Sentimentalismo esasperato, colonna sonora utilizzata furbescamente, finale consolatorio e falsamente ottimista. ... L'operazione da romanzo popolare, che cerca l'identificazione con lo spettatore alla base dell''entertainment', non riesce, perché tutto è falso e superficiale, sia le dinamiche amorose sia quelle familiari".

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