Matrimoni e altri disastri

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NOCI (Bari) - Abbiamo avuto la fortuna di apprezzare la finezza dei due precedenti film dal titolo rohmeriano di Nina Di Majo, "Autunno" e "L'inverno", acute rivisitazioni dell'alta borghesia (napoletana). Ora col suo terzo film, "Matrimoni e altri disastri", la regista si sposta a Firenze per delineare il ritratto di una donna che si stacca dal nucleo familiare originario altolocato, pur rischiando di apparire una fallita, economicamente e sentimentalmente.

E' questo,quindi, uno dei filoni della pellicola che si avvale anche dell'ausilio dello sceneggiatore Francesco Bruni, già apprezzato in "La matassa" e "Tutta la vita davanti". Ma l'incontro-scontro con le proprie radici e la scelta di autonomia e indipendenza diventano meccanismi narrativi finalizzati a un compito più centrale e gratificante: quello di fornire un altro esempio di donna moderna e contemporanea incarnata nell'attrice che sempre più la rappresenta nel cinema italiano. Non a caso il film si avvale della voce fuori campo della stessa Margherita Buy che si presenta con le sue osservazioni e riflessioni, integrando e commentando la presenza scenica in prima persona. Considerando l'opera da questo punto di vista, essa appare come il secondo elemento di un dittico la cui prima parte è il film di Francesca Comencini, "Lo spazio bianco".

Si rischia forse lo stereotipo e la ridondanza (si pensi all'impegno d'insegnante dei due personaggi e nella fattispecie la predilezione per Leopardi), ma ciò che conta è l'arricchimento di questa figura di donna coraggiosa,trasgressiva, onestamente progressista e ben intenzionata, e caratterizzata da disordine amoroso. La Buy (qui nella variante di donna idealista e complessata) non appare affatto bloccata in un ruolo risaputo e ripetitivo. L'adesione al personaggio è tale che i luoghi comuni, pur presenti, non disturbano. Ciò che c'interessa è il ritratto della quarantenne non omologata e fragile, generosa e inconsapevole perché colta alla sprovvista dalla doppiezza altrui (a iniziare dalla madre, Marisa Berenson, e dalla sorella, Francesca Inaudi).

La Buy, liberamente e trionfalmente protagonista, dà senso a ogni episodio e fotogramma del film con quel suo argomentare aggrottando le ciglia, con quella sua assenza di banalità, con quelle ritrosie e slanci molto modernamente femminili. Entriamo in contatto con un tipo di donna, ancora minoritaria, ma non più così rara come un tempo. Ci riferiamo a quel misto di stranezze di scelte e di lealtà e ardimento nei confronti degli altri e di se stesse. Tutto ciò l'interprete esprime con una recitazione franta, fatta di ripensamenti che si rispecchiano nella mobilità del viso a cui si accompagnano le frasi troncate, lo sguardo assorto e gli scatti tanto più imprevedibili in un temperamento paziente. Questo nostro privilegiare un solo personaggio e una sola interprete non vuole, tuttavia,sottacere l'importanza del contesto dove si distinguono i due attori nel ruolo dell'amica e collega libraia (Luciana Littizzetto) e del futuro cognato-amante per una notte (Fabio Volo).

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