"L'imbroglio nel lenzuolo", come la plebe del sud reagì all'avvento del cinematografo

palcoscenico-Cucinotta-Limbroglio-nel-lenzuoloNOCI (Bari) - Nell'ambito della sezione "Grande Cinema al Teatro Antico" del Tao Film Fest di Taormina è stato presentato nella cittadina messinese, in anteprima mondiale, il film "L'imbroglio nel lenzuolo", diretto da Alfonso Arau e prodotto e interpretato da Maria Grazia Cucinotta. La pellicola si basa sul romanzo omonimo di Francesco Costa che narra delle vicende legate all'avvento del cinematografo a Napoli nel 1905. Un impresario lussurioso (il gustoso Ernesto Mahieux) vuole girare un film dove ci siano nudi femminili.
Un ex studente di Medicina (che come Salvatore Di Giacomo sveniva durante le autopsie) vuole seguire la sua vocazione che è quella di raccontare delle storie. Una lettura della madre (una un po' spaesata Geraldine Chaplin) gli fa venire l'idea di sceneggiare l'episodio biblico di "Susanna e i vecchioni". Il caso vuole che una bellissima fattucchiera, erbivendola e lavandaia (una fulgida e scarmigliata Cucinotta) presti servizio presso una scrittrice-giornalista piemontese (Anne Parillaud) che è innamorata del regista. Questi (un acerbo Primo Reggiani), nel recarsi dalla donna amata, scopre Marianna (la selvatica abitatrice di una grotta non lontana dall'antro della Sibilla cumana) mentre si denuda e si bagna. Elimina così le scene già girate con l'artefatta settentrionale e le sostituisce con quelle della primitiva, a insaputa di quest'ultima. Quando i napoletani (compreso il popolino) scopriranno di chi si tratta, definiranno la malcapitata prostituta e malafemmina.
La donna assiste per caso a una proiezione e crede che un suo doppio (l'imbroglio nel lenzuolo, appunto) abbia preso il suo posto infangandone la reputazione. Ma le cose si sistemeranno quando la donna capirà la natura fantasmatica del cinema di cui parlerà bene all'amante sottrattosi nel frattempo al reclutamento coatto e restituito alla bella Marianna e alla sua caverna. Girato tra Palermo (la Fontana Monumentale e il dialetto siculo stretto della protagonista) e la Campania (la Casina Vanvitelliana e il Lago Fusaro, la chiesa di San Francesco di Paola, il Salone Margherita, Villa Pignatelli), "L'imbroglio nel lenzuolo", più che un melodramma popolare, è un fotoromanzo kitch che non esita però a inserire un accenno alla odiosa dominazione piemontese sull'ex Regno di Napoli, ricorrendo a un anacronismo di circa quarant'anni. Polpettone storico e in costume, il film ricorre ancora una volta alla magia del cinematografo: in questo caso siamo agli esordi del cinema muto di finzione ma non manca la locomotiva dei fratelli Lumière che l'ingenuo pubblico crede, terrorizzato, possa entrare nella sala di proiezione (un locale elegante dove gli spettacoli di varietà si alternavano alla visione di brevi filmati).
Maliziosamente l'opera si appoggia anche sulle sinuosità della casta Cucinotta dalla chioma fluente e disordinata ma adatta a celare e rivelare la venustà dell'attrice. Il colore locale, il Sud primitivo e il Nord arrogante, la lascivia e il bigottismo, l'artificiosità dei ricchi e la spontaneità dei poveri sono tutti ingredienti che vengono miscelati nel tentativo di produrre un robusto romanzo popolare 'd'antan'. Il risultato, a cui sovraintende l'interprete-produttrice, è ondivago: l'attenzione viene ridestata a tratti e a prevalere, più che l'interesse, è lo stupore davanti alla fusione di finta ingenuità e di ardita operazione commerciale a cui ha anche participato RaiCinema.
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