"Offside": in "Fuori gioco" a Taormina

palcoscenico-panahi-offsideNOCI (Bari) - Il tifo calcistico negato alle ragazze iraniane - Il 56° Taormina Film Fest distribuisce alcuni premi tra cui il Taormina Art Award, assegnato, tra gli altri, a Robert de Niro, Colin Firth e Jafar Panahi (nella foto sotto).
Quest'ultimo non lo ha ritirato personalmente perché le autorità iraniane non gli hanno concesso il visto. Anzi lo avevano arrestato a marzo impedendogli di andare a Cannes come giurato. Fu l'appello di Juliette Binoche a farlo liberare in maggio. Ma che ha fatto di male Panahi? E' considerato un avversario dell'attuale governo e, a giudicare dal film visto in Sicilia, le autorità, dal loro punto di vista, non hanno tutti i torti. "Offside" (fuorigioco) del 2006 descrive, tra il documentaristico e il grottesco, la vicenda di alcune ragazze e di alcuni transessuali che vogliono vedere la partita Iran-Bahrain decisiva per la qualificazione ai Mondiali di calcio in Germania, quattro anni fa. Alle donne è vietato andare allo stadio anche perché è proibito ai due sessi di sedersi assieme. Inoltre, non ci sono bagni per le donne e le scritte nei gabinetti non sono da "educande". Alcune ragazzine più intraprendenti, sfuggite al controllo della famiglia, si travestono da tifosi (con gli stessi colori del tricolore italiano) e tentano di entrare nello stadio.

palcoscenico-panahiVengono individuate e costrette ad assistere alla partita indirettamente, all'esterno del campo da gioco, dietro mura e sbarre. Il film, quindi, si svolge dietro le quinte. Qui le ragazze e i loro coetanei carcerieri (i soldati di leva) entrano in contatto e si "confidano" a vicenda. Il regista, così, ci rende edotti sul disagio giovanile nel suo Paese che non riguarda solo le donne ma anche gli uomini (per esempio i contadini che vorrebbero tornare in campagna ad aiutare i propri genitori). Costoro si trovano tra l'incudine e il martello: tra le ragazze che premono per essere liberate e i superiori che devono impartire ordini assurdi. Il culmine della grottesca ironia (un grande pezzo di cinema e di denuncia) si ottiene nella scena della ragazza che chiede di essere accompagnata alla toilette.
Il giovane soldato è allibito perché non sono previsti bagni per le donne, anzi nemmeno lo stimolo alla minzione è previsto perché in quel luogo non sono previste presenze femminili. Alla fine il soldatino accompagna la coetanea ma si lascia vincere da mille scrupoli: prende un 'poster' e lo trasforma in maschera da indossare, con tanto di fori per gli occhi, perché i tifosi maschi non devono accorgersi che una donna è al bagno e poi la maschera-scudo potrà pure impedire alla giovane di leggere le scritte oscene sulle pareti dell'orinatoio. Il film si serve del calcio come grimaldello per rivelare la realtà di un Paese ma ha la sapienza di non mitizzare questo veicolo di conoscenza.

E questo perché il calcio viene mostrato non solo come legittima aspirazione di un popolo oppresso ma come elemento d'oppressione, esso stesso. Bella è la scena dell'autobus in cui un genitore cerca la figlia diretta allo stadio. L'anziano non veste da tifoso per cui gli fanno notare che non può andare alla partita vestito così, da vecchio. Il tifo sportivo richiede una 'divisa', richiede che tutti facciano la stessa cosa (gridare, gioire, dire parolacce, alzarsi in piedi): è quindi un grande strumento di omologazione e di consenso; una forma generalizzata e mondiale di conformismo. E' molto efficace questa critica da parte di Panahi che demistifica il suo stesso meccanismo narrativo che si basa, appunto, sul calcio. Ora, tornando alle vicende umane del regista, appare chiara l'ostilità del governo che ha capito la doppia disamina dell'artista capace, per via cinematografica e senza imbonimenti da comizio, di svelare le brutture di un governo e le insidie di un rito collettivo che, se liberatorio da un verso, è anche, dall'altro, mezzo di servaggio e di universale allineamento e uniformità.

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