Milano-Palermo il ritorno

Un film potente, sapientemente orchestrato, curato nei dettagli e ricco d'inventiva

palco0801Nel 1995 Claudio Fragasso diresse "Palermo-Milano sola andata", in cui sei poliziotti scortano un ragioniere della mafia: giungeranno davanti al Palazzo di Giustizia del capoluogo lombardo dopo aver evitato stragi, sparatorie, agguati e tradimenti. Il mafioso (Giancarlo Giannini) è condannato a undici anni di carcere duro per non aver rivelato dove sono i 500 milioni di euro della famiglia Scalia che lui ha incamerato nei suoi conti privati. Ora Fragasso, facendo coincidere tempo della storia e tempo della realtà, dirige dopo dodici anni "Milano Palermo - Il ritorno", al "Formiche di Puglia". Si tratta di fare il viaggio inverso. Il detenuto, scontata la pena, con nome falso e protetto dalla polizia, viene riaccompagnato in Sicilia con una scorta comandata da Raoul Bova, pure interprete del film precedente. Durante il tragitto ne succedono di tutti i colori perché il figlio di Scalia vuole rientrare in possesso dei suoi soldi. E' questo l'aspetto esteriore del film, quello "rumoroso" con agguati, conflitti a fuoco e tanta "suspense". Si prende spunto dalle vicende di mafia per costruire un film poliziesco ma solo nel senso che ha tra i protagonisti dei poliziotti. Definito, di volta in volta, "western" o fumettone, "Milano-Palermo", la cui sceneggiatura è di Rossella Drudi, è un film potente, sapientemente orchestrato, curato nei dettagli e ricco d'inventiva. Magistrale è la sparatoria nello stabilimento termale di Montecatini: eccezionale è il contrasto tra l'ambiente "démodé" delle Terme (con la cantante melodica, gli attempati spettatori e le sontuose architetture) e la violenza che vi si scatena. Altre scene e ambientazioni originali sono quelle che ci mostrano la campagna siciliana dove gli esterni assolati e gli interni cupi fanno da sfondo a una tragedia nella tragedia: il conflitto che oppone due ragazzi e che culmina nell'ordine (non eseguito) a uno dei due di uccidere l'altro.

Questo film dà una magnifica dimostrazione dell'effetto nefasto del denaro: per i 500 milioni di euro in palio perdono la vita poliziotti, mafiosi e i loro familiari. Il film è attentissimo nel tratteggiare vita e sentimenti dei diversi gruppi in gioco: il mafioso ex detenuto, i suoi rivali, i poliziotti, i giudici. La televisione, a un certo punto, commentando la strage dichiara che è stata la più grave in Italia negli ultimi anni. Certamente la lente scelta ingrandisce i fatti, ma l'iperbole (l'esagerazione) è solo apparente, perchè il film sembra la sintesi di anni e anni di violenza sanguinaria in Italia vista come conseguenza dell'avidità e della corruzione. I vari tasselli sono così ben congegnati e narrati con tanta passione e serietà che le vicende particolari che scorrono sullo schermo diventano espressione di situazioni più generali riassunte con termini come Rapacità, Spietatezza, Aggressività. A proposito di questo film si è rievocato l'eccessivo peso che il neorealismo ha ancora oggi in Italia. Si è argomentato che se "il rispetto del vero negli anni '40 aveva senso, in un'Italia sconvolta dalla guerra, oggi tali canoni risultano stare un po' stretti a registi e sceneggiatori, i quali preferirebbero lasciare più spazio a immaginazione e suggestioni forti" (F. Giannuzzi). Paradossalmente, ma felicemente, il ricorso all'immaginazione spinta dà come risultato un film vero capace di mostrare una certa Italia contemporanea violenta e inquinata.

Ma la perizia di attori, sceneggiatrice e regista è tale che questo riferimento all'attualità trascende gli argomenti in campo (mafia, polizia, magistrati, famiglia) per riguardare realtà più generali e complesse come il valore distruttivo del denaro. L'unico limite del film è il suo "lieto fine" (se così si può dire). Già S. Kubrick in "Rapina a mano armata" (1956) aveva descritto l'avidità e la ferocia suscitate nei complici da un bottino di due milioni di dollari. Ma in "The Killing" la borsa che conteneva i soldi, mentre viene trasferita su di una pista d' aeroporto, si apre e per il vento il denaro vola via. In "Milano-Palermo" Stefano, un bambino un po' disturbato ma intelligentissimo, nipote dell'uomo che si è appropriato della cifra, la potrà ereditare perché è l'unico a possedere la combinazione giusta per entrare in possesso della somma (il nonno ha fatto in tempo a regalargli un "puzzle" con la chiave del segreto). Ma questo finale apparentemente "ottimistico" potrebbe preludere a un "sequel" che vedrebbe, fra dieci-quindici anni, i nipoti protagonisti di una terza puntata. Fra gli interpreti ricordiamo anche Ricky Memphis, Enrico Lo Verso, Romina Mondello e Silvia de Santis.
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