Colpo d'occhio

Con una impaginazione fluida, impeccabile ed elegante vediamo il nascere dell'amore tra l'amante del critico e il giovane e alquanto inesperto artista.

 

palco0804"La terra" segnò la svolta di Sergio Rubini verso un cinema interessato a indagare il Male, ma è il successivo "Colpo d'occhio", al Formiche di Puglia, a rappresentare meglio per Rubini ciò che "Match Point" fu per Woody Allen. L'attore-regista conserva la stessa maschera, ispida e grifagna, che già aveva in "La terra": lì rappresentava l'Avidità qui la Gelosia (la Lussuria), ma se la gretta Avarizia (Cupidigia) poteva avere come sfondo Mesagne, la vendetta ha bisogno di uno scenario più consono, più "glamour": Roma, Venezia e Berlino.

 

Gira le spalle al Sud Rubini e al connubio di folklore, superstizione e magia e conferisce ai suoi film risonanze "alte" per cui se il personaggio di "La terra" discendeva da Shylock, l'altro si rifà a Iago. La triplice definizione che troviamo sui giornali (giallo/noir/thriller) va adoperata se aggiungiamo l'aggettivo "morale" perché si vuole trascendere una dimensione parziale (contingente) e alludere a una realtà più generale (il Male, appunto, con la maiuscola). A un secondo livello l'autore pugliese si cimenta con una realtà non molto conosciuta (almeno cinematograficamente): il mondo dell'arte contemporanea con le sue mostre, gallerie, quotazioni e bassezze ("l'abiezione morale che può consumarsi in ambienti ricchi e confortevoli", come dice "Ciak"). E' molto efficace la descrizione del corrompimento del giovane scultore (Riccardo Scamarcio) a cui viene prospettata la fama.

Il diabolico machiavellismo del potentissimo critico, capace di fare e disfare carriere, persuade e soggioga lo spettatore avvolgendolo in una "suspense" che paradossalmente si dissolve alla fine quando si ode la detonazione della pistola e vediamo il sangue arrossare la camicia della vittima. Proprio perché si era scelto un registro alto (Male e Vendetta), il dato cronachistico della sparatoria annulla e smorza il discorso morale (qui il giallo spicciolo vuole la sua parte con l'indagine e l'interrogatorio condotti da Giorgio Colangeli in una breve apparizione). Ma torniamo ai pregi del film che sono altri: con una impaginazione fluida, impeccabile ed elegante (dati anche gli ambienti descritti) vediamo il nascere dell'amore tra l'amante del critico e il giovane e alquanto inesperto artista. D'altro canto veniamo a sapere del dolore dell'uomo più anziano che assiste agli amplessi dei due nascosto, come Polonio, dietro una tenda (la lacrima che gli riga il volto è l'unico suo segno d'umanità). Poi assistiamo al modo subdolo dell'abbandonato (dopo l'incidente-tentato suicidio) con cui viene tessuta la tela della vendetta.

L'uomo, di soppiatto, entra nella vita della giovane coppia pagando, all'insaputa degli interessati, parte del fitto della bellissima casa degli amanti, la stessa che lui aveva destinata per sé e per la donna che ha perso. Risaltano la forza del possesso e della passione, del tradimento, della rabbia e la volontà di rivalsa e distruzione favorita dal potere e dal carattere dispotico, da un lato, e dalla vulnerabilità delle vittime, dall'altro. Il critico Lulli è circondato da gente succube al suo servizio come l'ex artista diventato autista (alla von Stroheim di "Viale del tramonto") o come l'assistente-amante interpretata da una sgusciante e invadente Paola Barale. Vittoria Puccini è la soave silfide intrappolata nella rete dell'uomo a cui il padre, morente, l'affidò sedicenne.

Il trio funziona bene e la sceneggiatura di Rubini, Angelo Pasquini e Carla Cavalluzzi è convincente (escluso il finale). Alexandra Prusa è l'algida e prensile gallerista tedesca e Flavio Parenti il giovane onesto alla mercé della droga e della ripulsa dell'amico e collega arricchito (un personaggio simile s'incontra in "Parlami d'amore" che ha fra gli interpreti lo stesso Parenti). Gianni Dessì, che ha contribuito alla scenografia, è l'artista che ha fornito le opere attribuite ad Adrian. Tra le opere d'arte visibili nel film v'è anche una scultura di Pino Pascali. "Colpo d'occhio", che allude alla perspicacia del critico e dell'intenditore, è nel film la rivista diretta dall'onnipotente Lulli nonché, nella realtà, la rubrica d'Arte che il critico Pietro Marino tiene su "La Gazzetta del Mezzogiorno".

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