Hannah Arendt, alla Gallo un film sull'indipendenza del pensiero

01 29hannaharendtNOCI (Bari) - Capacità di riflessione e di indipendenza del pensiero. Con la proiezione del film prodotto del 2012 da Margarethe Von Trotta intitolato “Hannah Arendt”, la scuola media Luigi Gallo ha inteso celebrare, lo scorso martedì 27 gennaio, l’anniversario della giornata della memoria. Il film è dedicato alla nota e controversa studiosa ebrea tedesca, battutasi per la libertà di pensiero e di espressione negli dell’immediato dopoguerra.

Introdotto dalla docente di storia e filosofia, E. Rochowansky, il film è ambientato negli anni compresi fra il 1960 ed il 1963. “C’è una doppia ragione che mi lega al film” ha dichiarato la professoressa. “La prima ragione è legata alla nazionalità della regista tedesca, da sempre impegnata nel raccontare personaggi femminili della storia; la seconda ragione è invece da riscontrare nella protagonista del film, la filosofa Hannah Arendt, perché legata ai miei studi universitari”. L’esperta, venendo a spiegare alcune chiavi di lettura del film, ha dunque spiegato che non si trattava di una biografia bensì della genesi di uno dei suoi libri più importanti "La banalità del male".

Il film racconta l'esperienza della Arendt in qualità di corrispondente del periodico New Yorker durante il processo tenuto a Gerusalemme tra il 1961 ed il 1962 ad Adolf Eichmann, gerarca nazista catturato, sfuggito al processo di Norimberga; processo guidato fra l’altro da un’intera corte ebraica contro cui la Arendt si scagliò con la forza del suo pensiero perché riteneva l’imputato solo un grigio burocrate tedesco, costretto a dover seguire le leggi del suo paese. E quindi a dover selezionare gli ebrei da deportare.

La presunta colpa dell’imputato dunque avrebbe costituito il fulcro della tesi della scrittrice, la quale sosteneva che spesso "persone senza radici, senza personalità e dunque vuote e banali, si ritrovano a compiere azioni spietate ed orrori che poi attribuiscono vigliaccamente ad un sistema dal quale prendevano ordini, invece di trovare la dignità di sentirsene i responsabili. L'assenza di radici, di memoria, del non ritornare sui propri pensieri ed azioni mediante un dialogo con se stessi, la mancata riflessione sulla responsabilità delle proprie azioni criminali farebbero sì che esseri spesso banali (non persone) si trasformino in autentici agenti del male". Motivo per cui con il termine “banalità del male” si intende assoggettamento all’autorità con privazione di coscienza. Una situazione insomma su cui è necessario riflettere onde evitare che si ripeta.

 

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