“Bella ciao”, la canzone della libertà

04 25bellaciaoNOCI (Bari) - La musica, come tutte le forme d’arte, è un linguaggio potente, maestoso, che coinvolge la sfera emotiva, genera domande, produce significati, realizza immagini e introduce segni. Tutti spunti preziosi per un insegnante. Quindi, la domanda: Una canzone può rientrare in questa definizione, può generare tutto questo?

“Bella ciao”, la canzone della libertà, Sì. È la canzone che incarna e simboleggia la resistenza, è un inno di speranza e vitalità. Rimane subito impressa nella memoria dei bambini grazie al percorso narrativo che esprime. “Bella ciao” racconta una storia fatta di coraggio e responsabilità per tutta la collettività. Stuzzica il coinvolgimento delle mani, dichiara il suo invito al movimento. Molti artisti autorevoli l’hanno rimaneggiata, moltiplicando le versioni, e grazie anche a loro si è disseminata.

Una canzone che “tutte le genti” hanno scelto come palinsesto per la rinascita. Moni Ovadia scrive che “È una canzone che ancora mobilita i cuori e le menti di donne e uomini che non hanno rinunciato ad opporsi all’oppressione in qualunque forma e sotto qualunque sole si manifesti”. È senz’altro una canzone di confine tra il buio e la rinascita. Fa parte della storia dell’Italia e di ciascuno di noi, è sulla bocca dei bambini e dei nonni. Questa canzone, il 25 aprile, Festa della Liberazione dal nazifascismo, diventa la melodia che unisce, che rammenta a tutti un passato orribile terminato 75 anni fa. Espressa dai nonni questa canzone ha il peso dell’esperienza che è fondamentale per mantenere vivi i valori della liberà, della pace, della giustizia sociale. In questo percorso didattico che parte da una canzone per presentare un momento di ricostruzione, di nascita della democrazia e di ritorno della libertà, si inserisce con molta discrezione, chiedendo il permesso, nonno Sabato. Lui come rappresentate dei “Vecchi”, usando per loro la lettera maiuscola, senza paura di offendere con questo termine, e del loro mondo della memoria. Uomini e donne, che sanno leggere e comprendere la vita nel suo dipanarsi.

Mi domando come riusciremo dopo questa pandemia, che ci sta portando via tanti vecchi, a trasmettere il senso e l’esperienza della vita ai nostri bambini. E come stiamo vivendo adesso lontani dai nostri vecchi, da queste persone che hanno lavorato per far crescere il nostro Paese, che hanno superato momenti difficili.

Alcuni, ormai pochi, hanno manifestato, più di 75 anni fa, la forza, il coraggio, hanno vissuto la guerra, la fame, la fuga e oggi sono i più vulnerabili. È quotidiano l’aggiornamento che ci trasferisce i dati: un virus ci sta privando dei vecchi e del loro ruolo nel tessuto sociale.

Oggi ci indicano di tutelare i vecchi, tenendoli a distanza, ma “La morte non arriva con la vecchiaia, ma con la solitudine” scrive García Márquez. La vecchiaia non può essere un viaggio solitario perché se non li annienterà la pandemia li annienterà la solitudine. Cosa prevede la fase 2 per i vecchi? E come noi adulti veicoleremo ai bambini e ai giovani l’esperienza di prossimità alla vecchiaia e alla finitezza? Forse la diretta Facebook di qualche giorno fa della scrittrice Giulia Basile, in cui ci raccontava la qualità del legame con sua nonna che abitava con lei, nella casa di famiglia, potrebbe racchiudere la risposta: nonni a casa con i nipoti.
Buona festa della liberazione a tutti, con l’augurio di non perdere di vista, in questo momento di grande confusione, chi ci ha fatto dono della Libertà.

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