Inizia l'episcopato di Mons.Giuseppe Favale: il motto e lo stemma

05 03vescovoNOCI (Bari) - S.E.R. Mons. Giuseppe Favale, nominato vescovo lo scorso 5 febbraio 2016 ed ordinato invece sabato 9 aprile 2016, ha ufficialmente iniziato il suo ministero pastorale presso la Diocesi Conversano - Monopoli. L'ingresso, l'accoglienza e le concelebrazioni sono avvenute, nei due comuni, gli scorsi sabato 30 aprile e domenica 1 maggio alla presenza di autorità civili e militari, rispettivamente nei pressi dell'Anfiteatro Belvedere di Conversano e la Basilica Cattedrale di Monopoli.

Il suo ingresso in diocesi, atteso e fortemente sentito da tutte le comunità che di questa fanno parte, è stato presenziato a Conversano anche da tutti i sindaci dei comuni, compreso il primo cittadino Nisi, in compagnia dei Senatori Liuzzi e D'Onghia. Ciò ha significato l'inizio di un cammino da parte di un pastore della Chiesa che come sempre sarà condiviso con tutti. Per l'inizio del suo episcopato, com'è consuetudine, Mons. Favale ha scelto il suo motto ed il suo stemma (in foto) che qui vi riportiamo. 

LO STEMMA DI MONS. GIUSEPPE FAVALE - Lo stemma di S. E. R. Mons. Giuseppe FAVALE, Vescovo eletto della Diocesi di Conversano - Monopoli, è costituito – oltre che dai classici elementi di ornamento, come il cappello prelatizio di verde con i fiocchi da vescovo - da uno scudo di foggia rinascimentale accollato a una croce in oro ornata da cinque gemme rosse, che indicano le piaghe del Signore crocifisso e risorto. Si può blasonare come segue: Interzato in scaglione: nel 1° al fusato d’argento e di rosso; nel 2° allo scaglionetto d’azzurro caricato di una stella (7 punte) d’argento a destra e di un fiore di nardo d’oro a sinistra; nel terzo dell'ultimo. (Blasonatura del dott. Renato Poletti).

Interpretazione - L’alternanza dei fusi rossi e bianchi al primo allude al sacrificio di Cristo sulla croce, come narrato nel Vangelo di Giovanni (cf 19,34), laddove si legge che dal costato trafitto del Salvatore fluirono il sangue e l’acqua – significati dall’accostamento dei due smalti – che l’interpretazione patristica ha voluto indicare come simboli dei sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia.

Da tale fiume di grazia è costituita e irrorata la Chiesa, che lo scaglionetto di blu (colore caro alla tradizione iconografica orientale per indicare la natura umana e qui usato per significare tutti i membri della Chiesa) traduce alludendo, con la sua forma, alla copertura di un edificio. Tra le immagini con cui nel Nuovo Testamento ci è stata rivelata la natura intima della Chiesa – come ricorda il Concilio – vi è quella della costruzione, specificata con vari appellativi: è la casa di Dio in cui abita la sua famiglia; è la dimora di Dio con gli uomini; è il tempio santo, raffigurato visibilmente nei santuari di pietra, assimilato dalla liturgia alla città santa, alla nuova Gerusalemme. In essa noi siamo come le pietre vive impiegate qui in terra nella costruzione (cf Lumen gentium 1,6). Della santità che edifica la Chiesa è sublime esempio la Beata Vergine Maria - celebrata come membro eccelso e del tutto eccezionale della Chiesa e sua figura e meraviglioso modello nella fede e nella carità (LG 8,53) - rappresentata dalla stella d’argento a sette punte, che precede Cristo, stella luminosa del giorno ottavo che non conoscerà mai tramonto. Accanto alla stella mariana, carica lo scaglionetto a sinistra anche un fiore di nardo di colore oro, simbolo di san Giuseppe, sposo della Vergine Maria, patrono della Chiesa universale e santo di cui il Vescovo porta il nome. La santità di Giuseppe, uomo giusto, disponibile e fedele al progetto di Dio, è racchiusa nella missione del custodire che, se pure riguarda tutti gli uomini, diventa mandato particolare dei cristiani e in specialissimo modo dei Vescovi. La scelta dell’infiorescenza gigliacea in questa versione grafica è un omaggio espresso al Santo Padre Francesco, nel cui stemma pontificale così è redatto. L’oro nel terzo è la trasposizione del colore del miele, raccolto nel favo a cui la punta dello scudo intende riferirsi, citando così allusivamente il cognome del Vescovo. Insieme con gli altri fedeli, in virtù del battesimo, anche il Vescovo è destinatario e custode della ricchezza della grazia, ma in virtù del suo mandato pastorale ne è pure il primo dispensatore affinché per mezzo della sua guida forte e soave (fortiter ac suaviter), tutti coloro che gli sono affidati, siano ammaestrati nella fede e, santificati dai sacramenti, gustino la dolcezza del Signore.

Il motto: RESPICITE AD DOMINUM - Le parole scelte da mons. Favale per il suo motto episcopale, ispirate al Salmo 34,6 sono la sintesi della premura pastorale della Chiesa, e quindi del Vescovo verso tutti, perché accogliendo il fluire della grazia e della misericordia del Signore, gustando e vedendo quanto Egli è buono, a Lui possa volgersi ogni creatura.

Mons. Favale,  come si ricorderà, subentra oggi a Mons. Domenico Padovano (ora Vescovo emerito) che per raggiunti limiti di età e dopo 29 anni di attività pastorale alla guida della diocesi ha dovuto certificare le sue dimissioni. Provienente dalla diocesi di Castellaneta, Favale è stato parroco della Cattedrale della cittadina tarantina nonché amministratore diocesano per oltre un anno in attesa dell’arrivo dell’attuale vescovo Mons. Claudio Maniago ed anche direttore spirituale del Pontificio Seminario Maggiore di Molfetta.

 

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