2 Novembre: la commemorazione dei defunti con i versi di Enrico Gioia

cimitero 1NOCI (Bari) - "A sera, i lumini son occhi /accesi in un mondo che tace,/ nell’eco dei mesti rintocchi, /caduti sull’algida pace.”

Sui versi di Enrico Gioia, ripercorriamo la sentita giornata della commemorazione dei defunti.

 

 

 

Il Giorno dei Morti

“Su ogni tomba c’è un fiore
pei morti, nel camposanto;
le buone pie vecchie signore
sciolgono l’ultimo pianto.
Pregano con mesto pensiero,
con lenta cadenza di voce;
son tutte vestite di nero
ed hanno il rosario e la croce.
I bimbi vestiti da festa,
fra i tumuli, tenuti per mano,
non hanno la faccia funesta
e guardano il cielo lontano.
Raccoglie le mance il custode
campando fra i morti la vita;
il pianto degli altri non ode
in quella sua attiva partita.
La chiesa raccoglie più ceri
che ognuno per terra depone,
accanto ai penduli, neri,
nastri di vecchie corone.
Ma quando trema nel cielo
l’ultima luce del giorno,
le donne coperte di velo
s’accingono verso il ritorno.
Gli uomini, senza cappello,
attendono muti ed assorti,
fuori, vicino al cancello,
che chiude la villa dei morti.
A sera, i lumini son occhi
accesi in un mondo che tace,
nell’eco dei mesti rintocchi,
caduti sull’algida pace.”

Enrico Gioia (1904-1973)

Da tradizione, il 2 Novembre, dopo la celebrazione eucaristica, ci si reca al cimitero per porre un fiore sulle lapidi dense di lacrime e memoria. Mentre la sera, un tempo, i ragazzini erano soliti indossare vesti scure e, con bastoni alla mano, bussare di casa in casa. Alla domanda, proveniente dai padroni di casa,“Chi è?”, seguiva l’idiomatica risposta “L’aneme di muerte, damme ‘na cose!”. E così, tra un palazzo e l’altro, i bambini potevano guadagnarsi mandarini, noci, fichi secchi, melagrane, mele cotogne. Il rituale, ormai quasi completamente sostituito dal “trick or treat” statunitense, rimane simbolo della certezza popolare che i defunti, seppur lontani, rimangono legati a noi per sempre.

Fede

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