NOCI (Bari) - Come pre-annunciato nel corso di un evento estivo, il deputato di Scelta Civica, Antimo Cesaro, attuale Sottosegretario di Stato al Ministero dei beni e delle attività culturali, è tornato a Noci per presentare il suo divertissement letterario, "Sinesio di Cirene - Elogio della calvizie" (Artetetra edizioni, Capua 2014), nel corso della rassegna "Tra i vicoli della mente".
L'incontro, tenutosi nel Chiostro di San Domenico per le avverse condizioni metereologiche, ha visto il sindaco di Noci, Domenico Nisi e l'avvocato Gennaro Notarnicola dialogare con Cesaro sul suo originale testo.
Giunto alla 4a edizione, il libro parte dall'esperienza personale del docente campano, calvo sin dai suoi indimenticabili 18 anni, approdando alle argomentazioni erudite di un antico testo greco, l' "Elogio della Calvizie" appunto, di Sinesio di Cirene (IV-V secolo d.C.): un'opera che parte a sua volta da una "pilosae calamitatis" e che, rispondendo all' "Elogio della chioma" del contemporaneo Dione di Prusa, spiega i privilegi e la ricchezza dei calvi.
"I calvi risparmiano in tempo e preoccupazioni" innanzitutto, ma il discorso di cui Cesaro si serve, approfondito da Sinesio vescovo di Tolemaide, è ben più dettagliato.
Il dramma della calvizie attanaglierebbe l'uomo sin dai tempi remoti: il papiro Ebers, tra le testimonianze scritte più antiche di sempre, parla infatti della preoccupazione di alcuni sacerdoti per l'inesorabile scomparsa della capigliatura.
La farmacopea investe tempo e ricerca nel tentativo di trovare una soluzione al problema, ma come si sa, la calvizie continua ad essere incubo di molti, soprattutto uomini e in minor misura anche donne.
La storia della calvizie nei secoli incrocia penne e destini autorevoli, oltre a Sinesio di Cirene e Cesaro ne enumera degli esempi, partendo dal poeta romano Marziale, che descriveva con pungente ironia i tentativi mal riusciti di alcuni uomini, intenti a nascondere la loro calvizie.
Il dramma tocca personalità importantissime della Grande Storia, si vedano Elisabetta I e la cugina Maria Stuarda, quest'ultima brutalmente decapitata e sorpresa dal boia con la parrucca, nell'atto di sollevarne la testa.
Nel '900 la calvizie diventa un vero e proprio modello ideologico, con le tre teste calve di D'Annunzio, Marinetti e Mussolini stesso: Cesaro a questo punto ricorda il suo conterraneo, Massimo Troisi, che ne "Le vie del signore sono finite" tenta di vendere una lozione per capelli proprio nel periodo dei fasci, non traendone ovviamente profitto.
Al contrario, per Pasolini nel '77, tre capelloni silenziosi, conformisti nella loro apparente rivoluzione, rappresentano perfettamente l'equazione della folta chioma e dei pochi contenuti o meglio dell'apparenza che non va a braccetto con la sostanza: un modello che, rovesciato, non fa che giovare a Cesaro e ai suoi colleghi calvi.
L'avvocato Gennaro Notarnicola chiede allora come convivano cultura e politica nella società odierna, toccando un tasto dolente nel deputato: docente universitario di filosofia politica e autore di numerosi testi di più seria tematica, Cesaro si sente un uomo prestato alla cultura, come testimoniato dal suo ruolo nel Mibact. Un appassionato di ricerca e beni culturali, la cui missione sarebbe quella di promuovere la preparazione e l'impegno, non solo nel campo politico: la stessa pubblicazione di "Elogio della Calvizie" è ad opera di una giovane casa editrice campana, nata anche grazie al sostegno del deputato.
Tornando alla questione cultura-politica, Cesaro crede che sia la politica dei cialtroni ad aver avvalorato la tesi del politico ignorante: "Io credo che chi non abbia mai fatto nulla nella vita non possa essere la guida di una nazione, eppure succede. Ecco perché dobbiamo incentivare la cultura: per evitare derive della democrazia".
Il suo ruolo istituzionale non è però solamente responsabilità e serietà, ma è anche fatto di momenti goliardici e aneddoti di cui Cesaro, con la sua verve partenopea, non risparmia gli ospiti. E' nella barberia di Montecitorio, dove un servizio si paga più di 15euro, che prende piede la 4a edizione dell' "Elogio della calvizie", quando il deputato, in cerca di pace nel posto sbagliato, chiede silenzio al coiffeur, voglioso di chiacchiere, emulando le gesta di un "qualsiasi" Re Archelao.
Se la sua comunicazione con il parrucchiere parlamentare si interrompe, da lì riprende il filo di una pubblicazione letteraria fortunata e giocosa, ma non per questo improvvisata, nata tra i banchi della Camera.
"A Montecitorio ci sono tanti tempi refrattari. C'è chi non fa niente nè prima nè dopo, chi fa tutto prima e poi ci sono io che da stacanovista approfitto di tutti i tempi morti. Un mio collega, Guglielmo Vaccaro, ogni volta che mi passava vicino diceva che stavo sempre a scrivere e ho deciso di dedicargli il libro, insieme ad altri dedicatari più uno, in bianco, che sarebbe colui che riceverà in dono l' "Elogio della calvizie".
Lo scranno politico continua ancora a stimolare la fantasia di Cesaro, infatti è quasi pronta la pubblicazione dell' "Elogio del lecchino", con etimologia della parola, esempi anche letterari e particolari accorgimenti per far dispetto ai lecchini.
"Inizialmente avrei voluto scrivere "La camera ardente", in riferimento alle eccessive commemorazioni dei colleghi defunti, in quel di Montecitorio. Poi però, da uomo saggio, ho pensato che fosse meglio non farsi dei nemici."
Ed ecco l'annuncio di una nuova "fatica" letteraria, un regalo che probabilmente tutti vorrebbero fare, ma chi effettivamente avrà il coraggio di farlo?