Spillover ospita Micaela Palmieri e il suo libro inchiesta “Next-stop Rogoredo”

02 15 SpilloverMicaelaPalnieriNOCI - Lo scorso 14 febbraio, in diretta social sulla pagina dell’associazione “Vivere d’arte eventi” si è tenuto un nuovo appuntamento con la rassegna letteraria “Spillover, il contagio delle parole”. Ospite della serata è stata la giornalista di Raiuno Micaela Palmieri, che ha discusso del suo libro inchiesta “Next-stop Rogoredo” assieme a Gabriele Zanini e a Giovanna De Crescenzo, volto e voce di Telenorba.

02 15 SpilloverMicaelaPalnieri.jpg2Il bosco può assumere un duplice significato: luogo dove riappropriarsi del proprio equilibrio psicologico e della propria pace interiore, o divenire un posto dove perdersi completamente, andando incontro alle paure peggiori, proprio come nelle favole. E’ questo ciò che sostanzialmente ha fatto la giornalista Micaela Palmieri nell’ambito del suo lavoro di inchiesta giornalistica: inoltrarsi nel bosco di notte. Il bosco in questione è quello di Rogoredo, tradizionale ritrovo per i giovani dediti al consumo delle sostanze stupefacenti e per quanti ne spacciano. Un bosco così vicino all’imponente e armoniosa città di Milano eppure così ricco di degradazione e soprattutto di sofferenza.
Micaela Palmieri ci si è addentrata assieme ad un volontario, Antonio, che costantemente portava a questi ragazzi del cibo, non disdegnando ascoltare le loro storie. “Nel libro ho voluto lasciare il suo nome anagrafico, perché era giusto che tutti conoscessero il coraggio di questa persona e perché Antonio è riuscito a farmi sentire veramente protetta!”- ha dichiarato la Palmieri. L’organizzazione di quel bosco (veramente immenso) è di tipo militaresco. Le varie “sentinelle”, nel momento in cui scorgono in lontananza qualcuno che non conoscono, perché non è un “acquirente abituale”, segnalano la sua presenza al “capobosco”, mediante l’uso dei loro fischietti. La droga può così essere prontamente nascosta. Il ragazzo che fa da “cicerone” alla Palmieri all’interno di questa vera e propria anticamera dell’ìnferno è Carlo, che ella descrive come “Un giovane intelligente e sveglio come pochi, di quelli che non riesci davvero a comprendere come sia potuto finire in un posto simile”.
Carlo non ha nulla da perdere nel fare quattro chiacchiere con una giornalista: si sente egli stesso uno “sporco rifiuto della società”.
Si sente sporco a tal punto da evitare il contatto fisico con la giornalista, glissando con un “Non ti do la mano perché tanto so che ti farebbe schifo”.
E insieme a Carlo c’è Regina, una ragazza stupenda la cui bellezza è deturpata dagli evidenti segni che la droga lascia sul fisico. Come lei, tante ragazze giovanissime, molte delle quali rimaste incinte. In quel lerciume, tra le siringhe usate, una di loro partorisce addirittura un bimbo già in astinenza. Quelle raccolte nel libro non sono altro che una minima parte delle storie che la Palmieri ha ascoltato, cercando di porsi sempre in maniera empatica nei confronti di questa gente consumata dalla sofferenza. La frase più ricorrente, pronunciata dai giovanissimi è “Ci hanno rubato i sogni e io aspetto la morte. Lo so che lentamente arriverà e non mi importa nulla!”
Una frase a dir poco agghiacciante, se proferita da ragazzi che dovrebbero mordere la vita. Ecco che spesso e volentieri la tossicodipendenza diviene un modo per stordirsi e per non pensare, e anche chi sostiene di poter smettere in qualsiasi momento, alla fine non riesce a liberarsi giogo. Si arriva al punto di non provare neanche più piacere nel drogarsi, ma si continua a farlo perché altrimenti si sta male.
C’è un bosco di Rogoredo in ogni città, per quanto si preferisca far finta di non vedere e di non sentire. Il quesito che però a questo punto si pone è: come evitare che tutti questi “cappuccetto rosso”, giovani e meno giovani, si perdano nell’oscurità del bosco, e siano prede di quel lupo travestito da agnello che è la droga? La risposta della Palmieri è chiara ed esaustiva: bisogna fare innanzitutto in modo che i ragazzi tornino a sentirsi vivi, utili alla società. Bisogna creare per loro degli interessi che diventino vere e proprie passioni e quindi obiettivi da raggiungere.
Se ai ragazzi vengono restituiti i sogni propri dell’età, se si è capaci di creare per loro una serie di sane alternative alla droga, non ci pensano minimamente ad avvicinarsi a un posto come il bosco di Rogoredo”- ha puntualizzato l’autrice. Altra cosa fondamentale è adottare un atteggiamento che sia sì empatico e che preveda una grande capacità di ascolto, ma che non sia allo stesso tempo troppo “morbido”, perché bisogna pur sempre far capire ai ragazzi che stanno sbagliando. Mai però puntare il dito accusatore, facendoli sentire sbagliati e colpevoli, perché sbagliati ci si sentono già da soli, e magari il loro desiderio intrinseco è di “essere tirati fuori”.
“Non dovrebbero essere i media a puntare i riflettori sul problema della droga, che anche quando sembra scomparire, resta terribilmente attuale. Dovrebbero essere le istituzioni a muoversi, dovrebbe essere la società ad aiutarli a ritrovare il loro posto nel mondo”- ha concluso la Palmieri. Molti di questi ragazzi hanno scelto la strada della salvezza, affidandosi alle comunità e alla competenza del loro personale. Le storie a lieto fine esistono anche in quest’ambito. I lettori interessati, potrebbero intanto segnarsi già la data del prossimo appuntamento con “Spillover”, previsto per domenica 21 febbraio con Valentina Nuccio e il libro “Terra d’ombra bruciata”.

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