A “Spillover” Davide Grittani con “La rampicante”, un romanzo a tinte forti, crude…e vere

03 1 SpilloverLarampicanteNOCI – Continua a tenerci compagnia in queste serate domenicali “Spillover”, la rassegna letteraria virtuale organizzata in collaborazione con le associazioni “Pugliè” e “Vivere d’arte eventi”. Ospite della diretta social trasmessa lo scorso 28 febbraio è stato Davide Grittani, con il suo romanzo “La rampicante”. La quarta di copertina è a firma della grande Dacia Maraini. Il tema principale è la donazione degli organi, sulla base di una storia vera, rivisitata dall’autore. Ne scaturisce, ovviamente, tutta una serie di riflessioni su tematiche più o meno indirettamente collegate a un nobile gesto come quello del donare una parte di sé, una volta che non si sarà più in vita e sul quanto chi riceve sia capace di apprezzare. Attenzione però: non aspettatevi la solita storia sdolcinata, perché vi troverete un dolore e delle conflittualità mostrati senza fronzoli.

03 1 SpilloverLarampicante.jpg2Cesare, o meglio “sor Cesare”, incarica suo figlio Riccardo di scoprire l’identità del donatore a cui deve il nuovo cuore che gli batte nel petto. Come se non bastasse l’aver scoperto di non essere biologicamente figlio delle persone che aveva sempre chiamato “mamma” e “papà”, Riccardo viene a conoscenza di una verità ben più inquietante: nel petto di Cesare batte il cuore di un malavitoso, appartenente alla cosiddetta “Banda del Brenta”. Uno scossone emotivo non indifferente per Cesare, un qualcosa che va pesantemente a cozzare contro la sua etica morale. Un malavitoso è l’ultima persona nella cui tasca dei jeans ci si aspetterebbe di trovare il tesserino da donatore di organi. Un gesto che riscatterebbe in parte il delinquente dai suoi crimini. Ma “sor Cesare” non riesce ad accettarlo: quel cuore non lo sente suo, e una notte, decide di rinunciare a quel dono aprendosi letteralmente lo sterno. E qui, nel momento più drammatico della sua vita, ecco che nel cuore di Riccardo entra un barlume di speranza. Si tratta di Edera, sei anni, mentalmente ed emotivamente instabile, con delle allucinazioni auditive. Edera, come quella pianta il cui nome suggerisce già “l’aggrapparsi”. Una rampicante che tende a prendersi tutti gli spazi possibili, a crescere a dispetto delle persone e nel momento più inaspettato. Edera e le sue “voci” sono in realtà un espediente narrativo usato dall’autore per “prestare” la voce di una bimba a pensieri da adulti. L’iniziale atteggiamento di Riccardo nei confronti della bimba, non è dei migliori, ma grazie a lei cresce egli stesso e apre il cuore e la mente. Lui che ha fatto un dramma per quella verità che i genitori gli avevano taciuto, si ritrova anch’egli nel ruolo di “padre-non padre”, per una strana legge circolare della vita. Edera inizia a passare molto tempo con lui, e di fatto, è come se poi diventasse sua figlia. C’è una frase molto emblematica che l’autore pone sulla bocca di Edera: “Gli adulti non sono né buoni né cattivi, sono solo confusi”.
Sicuramente, lo scossone emotivo derivante dalla lettura di un libro schietto e impietoso, genererà nel lettore una ulteriore confusione, ma per contro, stimolerà anche interrogativi importantissimi. Quanto sappiamo essere grati alla vita? Che sia per un organo che ci ha consentito di rinviare l’appuntamento con la morte, per una famiglia (biologica o meno) per degli amici o, anche semplicemente per qualcuno che ci arricchisca e ci migliori? E quanto siamo disposti a nostra volta a donarci? Un romanzo che è decisamente appannaggio dei lettori più coraggiosi per quanto concerne il mettersi in gioco. Versomilmente, non tutti troveranno immediatamente le risposte, ma ci sarà bisogno di tempi di riflessione più lunghi e probabilmente di una più approfondita rilettura. Ma il porsi delle domande, vuol dire già incamminarsi verso la ricerca di elementi che siano il più possibile vicini a una risposta.

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