Presentato a Noci “Yesterday, filosofia della nostalgia”

10 09 YesterdayNOCI – Lo scorso 8 ottobre, a partire dalle ore 19:00, nella sempre suggestiva cornice del Chiostro delle Clarisse, è stato presentato il libro Yesterday, filosofia della nostalgia”. L’autrice è la pur giovanissima Professoressa Lucrezia Ercoli, docente di storia dello spettacolo e direttrice di un importante festival filosofico dal titolo “Pop-sofia”. Con la Prof.ssa Ercoli ha dialogato Antonio Natile, poeta nocese e appassionato conoscitore della storia del territorio. La serata, organizzata dall’associazione “Ri-genera young” ha voluto rappresentare un piccolo ma intenso viaggio all’interno di un sentimento che, pur accomunandoci quasi tutti, resta molto complesso e ancora poco conosciuto.

10 09 filosofia nostalgiaGià la scorsa settimana, come preparazione all’evento, sulla pagina dell’associazione, “Ri-genera” aveva postato un video in cui era stato chiesto a tanti concittadini nocesi (la maggior parte conosciutissimi per la loro professione o la loro cultura) cosa fosse per loro la nostalgia. Evidentemente, non c’è una risposta univoca: ognuno le attribuisce un significato diverso. Il minimo comun denominatore è la mancanza, il bisogno di “riavere indietro”. Può mancarci una persona scomparsa, può mancarci un amico a quattro zampe, o ancora un luogo, un profumo, un sapore. A volte, ci manca semplicemente “un’idea”. L’idea che magari ci siamo costruiti del bagaglio culturale e valoriale di una determinata epoca storica.

10 09 libro yesterdayAnche e soprattutto sulla base dei racconti di genitori o nonni, tendiamo a convincerci che “ai loro tempi” si vivesse molto meglio rispetto a quelli odierni. Per assurdo, arriva così a mancarci anche un’epoca che non abbiamo vissuto. Sembra che la società nutra un impellente bisogno di nostalgia. Facciamo caso anche alle varie strategie di marketing adottate, agli spot che ci passano quotidianamente sotto gli occhi. Quello della nostalgia è spesso un tema dominante. I sughi pronti o le merendine confezionate, buoni come quelli che preparavano le nonne, le verdure congelate subito dopo il raccolto che conservano la stessa genuinità di quelle che i contadini portavano sulle loro mense, e via discorrendo all’infinito. Perfino i nostri pc, tablet e smartphone, massime espressioni dell’idea di modernità, si rivelano in realtà dei “contenitori di nostalgia”. Apriamo facebook e il sistema ci incita a rivivere i ricordi collezionati anni fa in quella stessa data. Scorriamo la galleria delle nostre foto e anche quelle vengono riordinate per date con la dicitura “I ricordi più belli del mese”. Spopolano perfino i filtri “vintage” da applicare alle nostre foto, che rendono maggiormente palpabile l’illusione di essere figli di un’altra epoca. Applichiamo un filtro color seppia unitamente all’effetto polaroid, ed ecco che la macchina del tempo ci trasporta indietro di decenni. E che dire delle serie tv ambientate ad esempio negli anni 80 o delle fiction in costume dal sapore ancora più “retrò”? Spopolano soprattutto tra i giovanissimi, ai quali finisce per mancare, come dicevamo, ciò che non hanno neanche vissuto. Ma siamo sicuri che la tv con queste serie ci mostri la reale fotografia di quel periodo storico? Spesso e volentieri (anzi nella quasi totalità dei casi) ci viene propinata “l’idea” degli anni 60, 70 o 80 ma niente a che fare con la realtà storica. C’è tanto di edulcorato, di limato, proprio per veicolare il concetto di un’epoca d’oro. Ma quello dell’età dell’oro è sempre stato solo un mito, e tale è destinato a rimanere. Questo ossessivo ricorrere del tema della nostalgia, non sarà forse sintomatico di una grande insoddisfazione del presente? Lo spiega molto bene un capolavoro di film come “Midnight in Paris”, frutto del genio di Woody Allen. Il protagonista, magicamente, riesce a coronare il sogno di essere trasportato nella Parigi degli anni 30 a cui ha sempre guardato con sconfinata ammirazione. Incontra tutti i suoi miti della letteratura, dell’arte e della cultura, ma scopre con grande sconcerto che nessuno di loro è soddisfatto della propria epoca. La gente vorrebbe riavvolgere il nastro ancora di diversi decenni, perché ai loro occhi, è un altro il tempo dorato. Gli antichi greci guardavano al tempo come a un fanciullo che aveva i capelli solo sulla fronte, e non sulla nuca. Questo, a indicare che lo si può agguantare solo nel momento in cui ci passa davanti e non quando ci ha girato ormai le spalle. Oggi, dal punto di vista scientifico, è ampiamente documentato quanto la nostalgia possa diventare a tutti gli effetti una malattia, ma già nell’antichità, alcuni medici avevano avuto sentore del malessere interiore che diventava fisico. Sembra che alcuni soldati inviati a combattere, fossero totalmente incapaci di dare il meglio di sé e risultassero profondamente indeboliti anche nei momenti in cui non erano reduci da chissà quali fatiche. Dopo aver provato ogni singolo rimedio medico, se nulla sortiva effetto, si arrivava necessariamente alla conclusione che solo il ritorno a casa fosse l’unica terapia. Soprattutto la vita odierna, però, ci costringe alla continua mobilità, e per la nostra realizzazione professionale e umana è spesso necessario recidere le radici con la nostra terra e con i nostri affetti. Quella metaforica “Itaca” resterà sempre il luogo in cui sogneremo di tornare, ma nel frattempo, qual è il segreto per non ammalarci di nostalgia? Prendere dal passato tutto il buono possibile in termini di arte, cultura e creatività, ma al contempo, lavorare nel presente con lo sguardo proiettato al futuro.

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