Il Gruppo Intini lascia la “Miroglio”, Invitalia: "Non ci sono i fondi"

Miroglio_GinosaGINOSA (Taranto) - Prende una brutta piega la vicenda dell'azienda tarantina "Miroglio". Il gruppo Intini di Noci che aveva considerato di recuperare l'azienda tessile tarantina deve rinunciare al programma di investimento per la mancanza di fondi. Il piano era stato presentato lo scorso 28 luglio al ministero dello Sviluppo economico e a Invitalia. E proprio l'Agenzia nazionale che per conto del Governo si occupa di attrazione degli investimenti e di sviluppo d'impresa ha bocciato la proposta del gruppo nocese. A darne notizia è la stessa società con una nota. "La decisione - spiega così il gruppo che opera nel mercato nazionale delle costruzioni e delle infrastrutture, e che conta oltre tremila dipendenti - è stata presa in conseguenza della mancata accettazione da parte di Invitalia della richiesta di finanziamenti e agevolazioni nella misura indicata nel piano industriale".

Il 19 ottobre scorso, infatti, l'agenzia informava il gruppo di Noci di non poter accogliere per intero la richiesta di finanziamenti e agevolazioni necessari alla realizzazione del piano, giacché questi eccedevano i massimali di aiuti comunitari previsti dalla legge 181/89. "Il programma di riconversione - continua a seguitare il Gruppo Intini nella nota - prevedeva l'acquisto delle unità produttive di Ginosa e Castellaneta e il recupero delle 234 unità lavorative a tutt'oggi in cassa integrazione, individuando iniziative di sviluppo nel settore del Total Facility Management per la sanità pubblica e privata, dell'edilizia ecosostenibile, della produzione di impianti, manufatti e sistemi tecnologici nel settore della meccatronica".
Lo stop all'attuazione del programma di investimenti per la riconversione degli stabilimenti del tessile "Miroglio" di Ginosa e Castellaneta fa sfumare l'impegno assunto l'estate scorsa dal gruppo nocese per recuperare la capacità produttiva dei due stabilimenti e cercare in questo modo di non far perdere il posto di lavoro a 234 dipendenti che ora vedono di nuovo affacciarsi il pericolo allarmante della disoccupazione.
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