L'Ass. Vittorio Tinelli apre il 'Fondo per la formazione giovanile' alle imprese

10-10vittoriotinelliofficinaNOCI (Bari) - Gioventù ed artigianato. Sono state queste le due parole chiave utilizzate domenica 7 ottobre dall'associazione culturale "Vittorio Tinelli - parole e cose nuove" all'interno dello stabilimento aziendale "Colours and Laecon". A distanza di poco tempo infatti dalla vittoria in ex-aequeo del Premio Noci per la Storia Locale, in questo luogo l'associazione ha dato prova della continua presenza "attiva" sul territorio. 

L'associazione aveva già dichiarato a Noci24.it, tramite una lettera al giornale lo scorso 29 agosto, la volontà di costituire un "nuovo fondo per l'addestramento e la formazione giovanile". La vincita del Premio Noci infatti aveva rappresentato per l'associazione una buona opportunità per mettere a disposizione della formazione dei giovani, una somma pari alla metà rispetto a quella vinta (1.100,00€) nell'ultimo concorso. Partendo da qui, l'associazione invitava tra l'altro le aziende e le imprese di Noci a contribuire allo stesso modo tramite somme non superiori a quelle versate in partenza.

Dalle parole ai fatti - La presentazione del libro svoltasi la scorsa domenica allora, intitolata "Presentazione...in officina", è stata l'occasione in più per invitare le aziende a compiere questo atto in maniera concreta. A sostegno di tale iniziativa sono intervenuti infatti il prof. Leonardo Tinelli, presidente dell'associazione "Vittorio Tinelli - parole e cose nuove", dott. Piero Liuzzi sindaco di Noci, Francesco Sgherza (Presidente Provinciale Upsa-Confartigianato) e Natale Conforti (Presidente Upsa-Confartigianto). A tutto ciò non è mancata naturalmente la parola affidata ai veri artigiani di Noci, rappresentativi per ogni tipologia di mestiere o arte. 

Il "maestro" Vittorio Tinelli amava tanto ribadire l'importanza del contributo individuale all'interno della società: un passo questo che tutt'ora l'associazione a lui dedicata vuole perseguire non rimanendo sulle sole poesie, ma guardando oltre quello che le parole sono in grado di fare. Noci24.it osserva con ammirazione una simile iniziativa e sicuramente non dimentricherà di valutarne i risultati che in futuro l'associazione vorrà gestire pubblicamente, così come ha dichiarato di voler fare. 

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Il discorso del presidente dell'associazione "Vittorio Tinelli - parole e cose nuove" prof. Leonardo Tinelli

 

Che il restare stregati dalle parole sia lo stesso che si esprime nel legame che ci lega alle cose è quanto la scienza conferma. E se la scienza crede che, in questo legame, si possa sempre mettere da parte la verità, ciò che resta da confermare è il fatto che dalla modificazione delle cose l’uomo è continuamente affascinato, e questo non sarà altro che la sua, la nostra comune permanente verità!!!

Relazione che non sarà imposta dalle conseguenze, o per gli accidenti e i fastidi che ci possano derivare, quindi mai da nessuna esperienza passata che non sia equivalente al nuovo che le modificazioni delle cose impongono di seguitare tra una conferma e una sospensione di quanto quella conferma o quella sospensione saldamente impone.

Questo signori, l’atteggiamento scientifico che può godere della meraviglia del legame delle parole alle cose. E che questa meraviglia sia arte, la fedeltà alla forma che si fa rappresentazione di questa stessa fedelissima corrispondenza come di tutte le cose al loro primo apparire, completa e finisce l’opera. Tanto che si possa dire che non ci sia altro nel fare umano che non sia parola, scienza, arte!!!

Domenico, Natale e Mario, sono qui a testimoniarlo per tutti.

Chiedete a Domenico come vale e che cosa significa… ncucculàsce se non un gesto e un significato, ovvero l’inizio e la fine di una azione e di una abilità e la sua corrispondenza alla parola!!! Vi troverete di fronte a competenze lessicali e glottologiche rigorose, dove non ci sono limiti alle integrazioni conoscitive nuove! Che altri sono messi in grado di confermare, approfondire e allargare!

Chiedete a Natale come si vive lo stato di corrispondenza alle trasformazioni permanenti che le cose presentano. Dove si tratta di fermare l’attenzione e di esercitare conoscenza se non sospendendole e confermandole, tanto stretta è la manifestazione di una invarianza di stato, in modo da consentire che l’azione umana ne possa essere la concreta utilizzazione e nello stesso tempo la più universale delle sue generalizzazioni a sostenere comunque l’idea di mondo, quindi una determinatissima conferma certa non contraddicibile!!! E, a questo punto, fatevi dire da Natale se la scienza… aiuta a fare leggera la fatica!

Chiedete a Mario dove vada a finire la meraviglia, se resti, comunque, nella pezza di tessuto, o se solo l’abito finito la possa trattenere. Se sia il merito della sua abilità o ciò che ognuno riconosce nelle cose fatte. Tentato, come tutti gli uomini dell’arte, di poterne prendere un pezzetto e farsene un distintivo, credendo, anche per un solo momento, che nessuno ne possa dire e godere alla stessa maniera!!!

Domenico, Natale e Mario, come tutti gli artigiani e tutti gli uomini, dunque, confermano come non ci possa essere nessuno che non attraversi la necessità del fare, ma ci sorprendiamo tutti immediatamente quando dobbiamo constatare che il lavoro delle mani è quasi scomparso. E la strada della sospensione dobbiamo di nuovo intraprendere… confermando tutta la cultura sulla quale le civiltà si attestano.

Si tratta di vedere il motivo essenziale per il quale la necessità del fare, la materia che ogni uomo accomuna, che pure tanto esercizio della natura umana comporta, sembra non essere più in grado di rappresentare l’umano, le nostre caratteristiche decisive, che, addirittura la capacità di far diventare la rappresentazione di noi stessi quanto corrisponda alla obbligatorietà del fare sia sufficiente a renderci e riconoscerci umani. Come se Mario Pastore invece di confezionare abiti, confezionasse pelli umane complete di strati sottocutanei su misura, o Domenico, u meste d’asce, sapesse fare e facesse solo tavute e non anche i casce di robbe!

Ma se pure raggiunga facilmente una dimensione paradossale, che pure sollecita approfondimenti circa la grandezza inusitata del fare che solo oggi ci appare in questa forma, la sostituzione della obbligatorietà del fare, di una intenzione parimenti obbligata si sarà avvalsa e nel cuore stesso del fare medesimo. Dove forse ciò che sai fare, il sapere del fare, non è più quella sospensione che ci lega direttamente alle cose, àncora di sostegno resistente e allo stesso tempo leva del cambiamento, ma conferma di un passato per il quale la rappresentazione può essere sufficiente giustificazione. La rappresentazione dove ci rappresentiamo… rappresentati, già completamente passati. Dove il grado massimo della consapevolezza, di ciò che sappiamo dell’umano e di noi stessi è la coincidenza dell’esperienza con il prevedere! Come se la misura potesse essere interrotta, e tutte le forme potessero essere liberate dall’obbligo di restare fedeli a qualcosa che non sia la rappresentazione stessa.

Da qui i rilievi pratici mettono in evidenza come la previsione non si concretizza mai in una condotta adeguata corrispondente a quanto possa essere previsto.

Si preda ad es. la diagnosi di preimpianto nelle gravidanze a rischio. È evidente che la previsione è la morte e che u meste d’asce si deve dare da fare, ma noi siamo messi di fronte, invece, alla previsione dell’insorgenza certa di una malattia. Ma è chiaro a tutti che la malattia non sarà mai senza il corredo di salute che la accompagna, che addirittura contesta la stessa sua coerenza come fa la salute medesima, attaccandosi e confrontandosi con qualcosa che appena prima non lo era, dove si apre la sospendibilità di ogni preordinazione previsionale precedente!!! Che è stata in grado, la sospendibilità confermata, l’atteggiamento della scienza, di dire della malattia fino a che altra sospendibilità non si imponga!!! Lo stesso valendo per la cura!!!!! Altrimenti nessuno dice della malattia e nessuno ne dirà ancora e oltre il nostro tempo!!! Divenuta rappresentazione decretata, forma senza dinamicità alcuna, ciò che crediamo a questo punto che resti solo… malattia senza salute possibile!!! Cosa assolutamente indeterminata. Che pure dotata di senso in fine, dovrà essere dotata!

In questo modo ci accorgiamo e dimentichiamo, facciamo nostra e abbandoniamo, proprio la stessa ragione del prevedere appena ci poniamo la domanda a chi possa giovare il prevedere. Per quanto ci si sforzi nessuno è in grado di… prevedere una positività, un uso ben finalizzato delle cose che usiamo e facciamo se non compromettendo e fino in fondo ogni risultato possibile. Che proprio in forza dell’essere sempre possibile è confermato quale risultato!!! Quindi aperto ad ogni contraddittorietà. Dove l’adesione a quanto di contraddittorio il possibile presenti è la garanzia che si possa superare la contraddittorietà medesima. L’unica garanzia possibile!!! E che in questo si concretizzi sempre il fare umano a partire da u meste o da u vuagnone da puteche, disegna la capacità di riconoscere l’opera ben fatta senza che non vi corrisponda l’opera non riuscita!!! Dove non ci sarà meno scienze rispetto all’opera ben fatta!

Ecco perché è possibile, ma sostanzialmente impossibile… correggere gli errori e il motivo per il quale u vuagnone stè sempre da na coste, e u meste probbie… m’bacce all’oggetto da trasformare. E mentre u vuagnone o vedè tutte da na coste, u meste pote esse pure cecate, surde e senza vrazze!!! Che sarà per la sospensione, superata ogni esperienza e ogni prevedibilità, che la sua disposizione alla conoscenza potrà aprirsi.

E mentre, in questo modo, i giovani vedono e prendono tutto, e i maestri organizzano le cose da lasciare alla trasformazione, ci possiamo chiedere a chi gioverà lasciare che gli errori resistano le correzioni? Valgano allo stesso modo delle correzioni?

La risposta è semplice. Non possiamo lasciare all’errore fatto, al passato, quanto ancora è nella continuità del fare che si adatta contraddittoriamente alla trasformazione; non possiamo lasciare alla rappresentazione ciò che ancora deve fornirci le forme viventi della sua natura. Non possiamo accettare che tutto nel nostro mondo diventi rappresentazione senza nessuno che scruti la corrispondenza alle cose anche alle ultime forme della rappresentazione possibile. Dove la corsa al rappresentare può pure essere l’ultima notizia… che appena data, come ultima notizia, sarà inevitabilmente il passato e una delle sue tante rappresentazioni, dove nessuna sospensione sarà più possibile. Dove ogni scienza scompare, così come ogni parola di verità. Non possiamo chiuderci nel passato e nelle sue rappresentazioni senza che l’incontro che è la vera nostra natura non apra il futuro.

“Il libro dei mestieri” di Vittorio Tinelli ha aperto la strada, ha favorito da ciechi che siamo il vedere di tutti, da sordi il sentire di tutti, da monchi il fare di tutti, riuscendo noi a chiederci, visto che vediamo ormai, cosa sia il vedere!!! Ma non basta… ci sarà da concepire ancora… il vedere che vede direttamente il buio, dove le paure ci sovrastano; questo è già oggi la nostra migliore vista, il nostro migliore futuro!!!

 Leonardo Tinelli

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