La piazzetta dei leoni e la politica

plantone vitoNOCI (Bari) - Raccontare la vita politica di un piccolo paese come il nostro implica sempre l’adozione di un punto di vista piuttosto complicato. Alle impostazioni ideologiche e ai lunghi ragionamenti, spesso, si sostituiscono la conoscenza personale e la faziosità più spicciola. Non è pertanto semplice commentare un fatto, cercando di condurlo dal ragionamento più classico dello scontro quotidiano ad un livello differente.


Io credo però che la vicenda della c.d. “piazzetta dei leoni” meriti una riflessione. Molti la riterranno retorica, altri la troveranno superflua, ma io penso invece che provare ad elaborare insieme un ragionamento sia la vera linfa della politica e forse anche il suo scopo.
Ma stiamo ai fatti: un luogo pressoché abbandonato da anni, nel centro del nostro paese, oggi rivive. Rivive non grazie all’azione di illuminati filantropi nocesi, pur essendo un luogo anche di una certa importanza storica. Rivive, invece, grazie ad una idea semplice, ovvero che la cura della propria città e del bene comune, spetti soprattutto ai cittadini e alla loro consapevolezza.

Questo non è a mio avviso, come pure ho sentito dire a qualcuno, un arretramento della politica, un dichiararsi incapaci o peggio ancora la resa di una amministrazione pubblica. Sarebbe una lettura tutta al contrario, farcita di presappochismo ed ossessiva voglia di criticare ogni cosa. Credo che invece ci sia di base un ragionamento politico, una idea di gestione della cosa pubblica, un modo corretto di intendere la compartecipazione dei cittadini alla vita quotidiana della propria città.

Lo sappiamo tutti che occuparsi di qualcuno o di qualcosa, all’interno dei cancelli di casa propria, porta sempre inevitabilmente alla creazione di una relazione profonda, un senso unico di coinvolgimento nella vita dell’altro o nella evoluzione di quella cosa di cui ci stiamo occupando. Serve a creare un legame, un profondo senso di appartenenza e rispetto. Stessa cosa dovrebbe essere quando quel cancello si spalanca e si torna a vivere in una dimensione più ampia, ove alla mia di responsabilità e al mio di senso di appartenenza si dovrebbe unire quella di un altro e un altro ancora, ed uno ancora, e ancora, sino ad inglobare una intera comunità. Sappiamo bene, però, che questo molto spesso non avviene.

Lo strumento adottato dalla politica è stato semplice in questo caso (“Adotta uno spazio pubblico”), ma nessuno, tra gli innumerevoli commentatori che ormai cercano di interpretare la vita politica del paese, si è mai interrogato sulla valenza civica di questa iniziativa. Piccola, certamente, ma meritevole forse di maggiore attenzione. Ovviamente la “piazzetta dei leoni” è solo un esempio, ma certamente significativo, dei tanti luoghi, fisici e non, nei quali si sta provando a coinvolgere cittadini nella gestione della cosa pubblica.

Significativo perché, come detto, ha restituito alla vita collettiva un luogo “buio” della nostra infanzia, significativo perché non privo di polemiche e critiche, significativo perché illuminante rispetto ad una idea di società che dovremmo cercare assieme di recuperare.

Eh sì! Anche questa iniziativa non ha mancato di attrarre critiche, alcune magari anche legittime, altre strampalate e figlie solo di una ottusa idea della politica. Ed anche questo ha mostrato una verità del nostro tempo: esiste chi, a prescindere, lotta contro questa nostra comunità, chi usa il megafono social per ampliare le divisioni e trasferire messaggi di disaffezione verso una idea di collettività che invece deve prevalere. Io non credo che noi, tutti, si debba continuare ad amplificare la voce di chi scommette sul fallimento, di chi difronte alla bontà di una iniziativa, alla opportunità di far crescere la collettività, si fermi solo e sempre al dettaglio e al proprio di punto di vista, ritenendolo insuperabile e assoluto.

Emblematica è stata anche la denuncia, a distanza di qualche giorno dal completo restyling, da parte di chi quel luogo lo ha adottato, nel vedere che in sua assenza alcuni cittadini lo avevano nuovamente deturpato. Questo è quello che accade quotidianamente nella gestione della cosa pubblica e non può essere affrontato solo con la repressione o invocando quasi uno stato di polizia, come dimostra anche questa vicenda. È necessario ripartire, invece, dal desiderio di voler sentirsi uniti, solidali e fraterni. Idealistico? Sì, forse anche troppo idealistico. Pensandoci bene, però, questa “irreale” visione delle cose si traduce invece in semplice quotidianità, fatta di rispetto e cura della propria comunità.

Troppe volte vedo imprecare contro i Vigili Urbani. È vero, c’è un problema: sono pochi e forse il loro lavoro andrebbe organizzato meglio (ed anche a questo si sta ponendo rimedio). Ma quanti di noi parcheggiano in ogni dove nella consapevolezza della loro assenza? Quanti di noi ribaltano su di loro una responsabilità che dovrebbe essere innanzitutto nostra? Quanti usurpano i parcheggi per i diversamente abili (bella l’iniziativa di denuncia di una associazione nocese in tal senso!) perché tanto non succede nulla: “In fondo dove sono i diversamente abili a Noci?” Quanta complicità c’è nel parcheggio irregolare tra gli abitanti ed i commercianti del centro storico per un quieto vivere, una sopportazione reciproca, che li esula dall’idea che occupano invece uno spazio che non è soltanto loro?

Crediamo veramente che tutto possa superarsi con un Vigile in ogni angolo? Un presidio costante del territorio? Certo, non discuto, anche questo va fatto, ma a volte mi chiedo quanto invece non sia più efficace una comunità che non plaude alla irregolarità, ma la mette al bando, provando a genere quasi un senso di vergogna in chi se ne fa promotore.

Come sarebbe interessante vedere, ad esempio, la costituzione di una associazione tra gli abitanti del centro storico per l’adozione di questo spazio comune. Potrebbero essere i primi presidi di una gestione collettiva, laddove l’amministrazione si affianca e risolve quello che da soli non possono autoregolamentare. Esperienze in tal senso ce ne sono, anche in Comuni a noi molto vicini.
Immaginare che uno sparuto gruppo di amministratori pubblici possa, da solo, governare l’irresponsabilità collettiva, divenendone anche capro espiatorio, credo rappresenti un modo per abdicare solo dal nostro ruolo di cittadini ed auto assolverci, attribuendo alla politica più colpe di quelle che ha realmente.

Va fatto quindi un plauso a questa iniziativa, agli artefici politici e privati, sperando che si protragga nel tempo, abbracciando magari altri luoghi, e divenendo così anche il simbolo di un cambiamento culturale che coinvolga ognuno di noi.
Vito Plantone
Segretario Circolo PD di Noci

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