Italia Viva Bari: "C’è bisogno di manodopera legale"

logo ITALIA VIVA BariBARI - I coordinatori Provinciali di "Italia Viva", Umberto Ceci e Anna Maria Gentile, hanno difffuso una nota in cui difendono le posizioni del Ministro alle Politiche Agricole Teresa Bellanova la quale propone la regolarizzazione degli stranieri impiegati nella "manodopera legale".

"Nelle nostre campagne e nelle aziende agricole - dicono i coordinatori provinciali di Italia VIva -, la carenza di personale, aggravata dall’emergenza sanitaria è diventata ormai drammatica. Si corre il serio rischio di veder marcire i prodotti agricoli nei campi e di interrompere quella catena agroalimentare che ha da sempre assicurato il buon cibo a noi italiani anche in questi ultimi due mesi di isolamento forzato.

C’è bisogno di manodopera, ma manodopera LEGALE! Per troppo tempo abbiamo voluto far finta di non vedere, a cominciare dalla nostra Puglia, quasi rassegnandoci al ”lavoro in nero” e alla ghettizzazione degli immigrati. Ora è il momento non più procrastinabile di farcene carico, di “regolarizzare” i migranti, superando diffidenze e pregiudizi, senza cedere a populismi e sovranismi di sorta, valorizzando risorse fondamentali per portare avanti le attività agricole. 

Si tratta, al di là dei soliti slogan dei detrattori di maniera, di concedere un permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi, rinnovabile per altri sei, a chi ha un regolare contratto di lavoro o dimostra di poterlo avere, in collaborazione con le aziende sane che rispettano e vogliono rispettare le regole e che oggi subiscono la concorrenza sleale di chi sfrutta quei lavoratori vittime di caporali e cosche malavitose.

Così come riteniamo doveroso porci la questione dei percettori del reddito di cittadinanza, misura che potrà rendersi utile con il lavoro nei campi, a seguito di un'adeguata formazione, guardando alla “pubblica utilità”, nello spirito della norma, di questa attività indispensabile per la vita umana. Dobbiamo valorizzare la ricerca del lavoro, il lavoro come primaria forma di dignità, non più rivolto solo ai sussidi “a vuoto” senza vincoli lavorativi. La “decrescita felice” non potrà mai essere la prospettiva di un Paese che vuole ripartire".

 

 

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