Il diritto ad essere distanti

0 lettera al giornale noci24LETTERA AL GIORNALE - Egregio Direttore, i momenti elettorali per le forze politiche non sono ininfluenti o fatti marginali ma costituiscono un momento essenziale del colloquio con gli elettori; eppure questa fase che dovrebbe registrare un rilevante contributo di esperienze vissute, di spunti, di osservazioni ha sollecitato nella nostra cittadina, in modo marcato, la tessitura di momentanee “ chiese domestiche “ (comitati elettorali) che hanno soppiantato i partiti a tal punto che questi ultimi sono apparsi meri strumenti di legittime ambizioni personali.

Ad eccezione di alcune forze politiche che non hanno disdegnato di comunicare in “ piazza “ il proprio credo politico sollecitando anche gli astanti a confrontarsi, si è constatato in questa tornata elettorale una vivacità a raccogliere il consenso individuale, più che a ragionare pubblicamente con il corpo elettorale, senza retorica e con una sana autocritica la quale non si evidenzia solo al ruolo di maggioranza ma anche di opposizione. Quale garanzia di responsabilità quindi si è offerta e quale criterio intellettivo per ascrivere il consenso al merito politico? Si è oscurato in definitiva il significato politico generale a vantaggio di pressanti ragioni particolari che non aiutano a rendere composta e vitale la dialettica politica e la reale posta in gioco.

Il declino della partecipazione al voto – 47,63%, cioè un nocese su due non ha partecipato alla contesa elettorale – misura la non collaborazione di metà Paese a quelli che sono i riti, gli inviti, gli sterili propositi di un paese legale che tarda a capire gli sviluppi degli eventi. Oggi si assiste ai peana o lamentazioni a seconda della sorte del proprio candidato sottovalutando la reazione politica che accompagna la fierezza di quella astensione. Ritengo che la “questione del non voto “ vada declinata come questione democratica e, quindi, la saldatura unitaria della nostra realtà si misurerà sul grado di risposte che la politica saprà dare. Il non voto è da considerarsi non una fuga dalla responsabilità civile ma una precisa scelta politica dovuta ad una lucida coscienza della condizione sociale e politica del nostro sistema locale. Vincolata all’etica della laicità, la lotta politica ha espresso nel passato a Noci il principio della diversità, della distinzione, ricercando utili strumenti per la composizione dei conflitti cioè della capacità di far confluire gli interessi particolari nell’interesse generale; ma questa rappresentazione abbisogna di intelligenza politica, la cui modulazione misura la capacità di governare i processi politici i quali non sono di per sé asettici e deterministici ma il risultato di forze combinatorie che danno un senso alla storia degli uomini.

L’area del non voto, in questa insufficienza, esprime la rivendicazione di spazi politici che pone di per sè il problema dell’individuazione di un metodo partecipativo. L’equivalersi a Noci dell’area del voto e del non voto non è del tutto occasionale ma piuttosto il risultato di mutamenti che hanno corroso gli strumenti politici esistenti non affacciandosi sulla scena altri alternativi. Resta dunque la polemica sulla insufficienza di questo atteggiamento politico, la preoccupazione sulla sua durata e sulla mancanza di nuove prospettive. La classe politica e, quindi, le istituzioni,  sono oggetto, bisogna riconoscerlo, di una diffusa diffidenza: non so quanto siano ristretti i margini di manovra, di quanto sia possibile una opera di continuità democratica ( immaginate se l’area del non voto si allargasse )  in presenza di una perdurante sordità alle esigenze della comunità. Sino a quando questo fenomeno lo si collocherà in un quadro generale, non apprestando la dovuta attenzione alle specificità locali, una azione plurima di rigenerazione democratica dal respiro storico tarderà a manifestarsi. L’area del non voto ha una sua consistenza nella vita sociale evidenziandosi con variegate intuizioni, proprie esigenze, ricche sfumature il cui quadro complessivo ha mostrato responsabilità nell’organizzazione sociale locale: contestare fortemente un sistema politico che non è aderente alla realtà, che non dà certezze in un momento difficilissimo esprime, a mio parere, un sano realismo perché si colloca sul piano della domanda politica.

Chi può ignorare che il primato della morale sulla politica, oggi, si pone di nuovo come fondamento di un ordine sociale più rispondente alla causa della liberazione dell’uomo? Chi può ignorare che il problema delle disuguaglianze solleva, in effetti, un problema di potere sociale e politico e, quindi, di supremazia di classe, inteso questo termine in una accezione più rispondente ad una realtà di squilibri strutturali? ( Non dimentichiamo che in questi ultimi anni il sistema produttivo della nostra Noci è stato irrimediabilmente distrutto). Certo, questi sono fenomeni che appartengono al moto disordinato della storia che presenta attitudini generali ma non si può disconoscere che l’interrogativo sulla qualità dell’azione politica che produce il nostro sistema politico locale se genera attenzione, riflessione nel corpo elettorale, rimane estraneo a chi ha la precipua responsabilità di creare un ordine di armoniosa convivenza. Ho la sensazione, in una situazione così intricata e per certi versi esplosiva, alla luce anche delle analisi del voto affacciate in questi giorni, che il potere si ritrae sempre più, che il realismo della preoccupazione non esprima il vigore di una azione che aggredisca il risultato di una scarsa capacità rappresentativa.

Oggi, in questo quadro sensibilmente cambiato, nel quale si è rilevato un nuovo modo di essere della nostra società, credo che il potere politico debba valutare con più accuratezza il significato delle proprie esperienze per riconoscere nella sensibilità popolare  il correttivo delle lacerazioni del tessuto sociale e politico. Noci presenta mondi vitali, esperienze di maturazione e responsabilità, ma anche segni di smarrimento, di preoccupante distacco - soprattutto nel mondo giovanile - rispetto alle dinamiche sociali e politiche che non aiutano il corso delle cose verso un avvenire che si presenta pieno di incognite. La ragione politica, che è sempre coraggiosa e solidale, suggerisce di arrivare dignitosamente al domani.

Cenzo Bruno

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