Che lo ''startappista'' faccia ciò che vuole

foto-dino-tinelli-bnCHE LO “ STARTAPPISTA” FACCIA CIÒ CHE VUOLE, e migliore stato di tassazione gli venga concessa sembra che lo si possa confermare come principio, non certo per come economicamente la sua funzione valga. È di stamattina nei titoli del telegiornale regionale la sua nuova legittimazione, ed è di tre giorni fa nei “Sussurri e grida” del “Corriere della Sera”, riferiti alle vicende di Borsa, la classifica delle regioni meglio colonizzate dal fenomeno e l’accelerazione che già si nota nel loro affermarsi proprio in ragione degli sgravi fiscali proposti. 200 quelle nate nell’ultimo mese in Italia, 19 il numero complessivo in Puglia, anche per il “Decreto 2.0”, ormai legge dello Stato.

La ragione di questo repentino sviluppo, ma soprattutto la puntualissima scelta del governo nel favorirne la diffusione con gli sgravi fiscali offerti, portano a far ritenere che si è subito stati convinti del considerevole valore aggiunto che la startappizzazione delle imprese comporta. Anche quando, ed è questo il nodo da sciogliere, si mettono in discussione le prospettazione produttive d’impresa, le sue essenziali ragioni produttive e quanto al prodotto può essere aggiunto per più efficace aderenza al mercato o ad un suo allargamento.

Sia nel primo che nel secondo risvolto possibile, le ragioni d’impresa verrebbero a modificarsi e con queste le stesse ragioni economiche che in modo specifico fanno capo a quel percepire la ricchezza condivisa quale requisito di partenza di ogni valorizzazione economica. Questo per affermare e porre come oggetto di studio il fatto che le risorse disponibili per l’impresa siano già un dispositivo dinamico attivo quale patrimonio permanente delle comunità, e che pertanto chiede, alla responsabilità di tutti, il suo sostanziale ripristino, pena la decadenza generale più o meno vicina.

Questo patrimonio attivo delle comunità è lo spirito di reciprocità che fonda le aggregazioni umane e si conferma se gli incontri tra gli uomini esercitati per il comune superamento delle difficoltà a queste difficoltà permanentemente fanno capo. Diversamente, la semplice interruzione di una relazione, introduce una forma intermedia e astratta di relazioni nelle quali il contatto è interrompibile per statuto, spostando l’attenzione dal superamento comune delle difficoltà, all’interesse più o meno acuto verso qualcuno o qualcosa, che come le soggettività gravate dall’interesse, si animano al punto da rappresentare il feticcio vivente del proprio vantaggio o dell’altrui sconfitta. Facendo decadere le cose e lo stesso possesso, la proprietà e il patrimonio, a forme dinamiche in grado di rappresentare per intero ciò che sono per altro immediatamente: il possesso per l’alienazione; la comunità per l’autonomia; il privato per il pubblico; la partecipazione per la decisione… ecc. ecc.

E così capita che ci si ritrovi a “cavallo di carnevale”… volevo dire a cavallo delle elezioni comunali con le maschere in vista. Con la perfetta sostituzione del giovanotto nel politico; del candidato nel sindaco; con le proposte politiche divenute pratiche di sottobanco taciute (dove sono i Programmi cari Candidati?); con il diritto-dovere di voto diventato ostaggio di chi svolge funzione amministrativa e di governo. Le facce divenute quella materia intermedia simile alle start up che se da un lato sono riferibili al giovanotto simpatico, dall’altra non si saprà mai cosa arriveranno a consentire… anche l’impossibile se fosse possibile! E forse la risultante sarà… aprire una agenzia di… scommesse!!!

E che come nel caso delle start up corra l’obbligo di aggiornare alle moderne tecnologie la ragione essenziale d’impresa così al cittadino è imposto lo stesso destino “SI DEVE VOTARE UNA FACCIA” (mentre altre se ne stanno facendo) dove il diritto è diventato un dovere… interessato!!!

Dove sarà finito quello spazio che consentiva di raggiungere da un lato il candidato e di condividere tutto, insieme alle nostre comunità? E dove sarà stata lasciata quella dimensione potente delle comunità in grado di contenere e assorbire la conflittualità?

Ma, forse i “pali illuminanti intelligenti” ne sanno più di noi tutti messi assieme. E l’illuminazione interiore scomparsa per un poco di proto(capo)collo di… Martina Franca… ma quello è proprio un altro argomento. Quello di Kioto intendo!!! Dove “l’illuminazione intelligente” è finita!!!

Cultura è comunità

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