Ovunque tu sia. Perché so che ci sei

09 26 racconto ovunque seiNOCI (Bari) – Spesso quando scriviamo, quando ascoltiamo una canzone, quando guardiamo un film, ci piace immaginarci nella vita di un altro, immedesimarci in realtà che non sono le nostre e che alle volte ci appaiono più semplici, più entusiasmanti o talvolta ci piace pensare che quel lieto fine possa in qualche modo appartenerci. A volte però dimentichiamo una cosa fondamentale: noi stessi possiamo diventare il lieto fine per qualcuno o il mezzo attraverso il quale quel qualcuno può raggiungere la serenità, o – nel migliore dei casi – è dal peggio che può nascere il meglio.

Questo racconto non descrive realtà, questo racconto è realtà. Questo racconto è un regalo.

È un regalo per chi ha bisogno di credere, per chi almeno una volta ha alzato gli occhi al cielo per cercare quella parte di sé che è volata via, che se ne è andata lasciando tracce di sé in ogni dove e lasciando quaggiù un oceano di domande alle quali è possibile rispondere solo volgendo lo sguardo verso il cielo.

Questo racconto è per chi ha bisogno di sperare che infondo quella parte non è realmente andata via. E io sono convinta che sia così. Non so se ciò che resta è quel ricordo che si fa prepotente nelle giornate più dure e che, improvvisamente, diventa dolce quando una vecchia foto ci riporta il sorriso. Eppure è importante crederci, sentire quella presenza che, anche se non più fisica, sa farsi forte dentro ognuno di noi. Oggi mi rivolgo a te, a te che in un giorno di festa hai lasciato la nostra mano. Avessi oggi la possibilità di rivolgermi direttamente a te, sarebbero milioni le cose che avrei da dirti, e non so perché ma ho come la sensazione che queste parole oggi ti arriveranno.

Voglio dirti grazie. Grazie per averci reso tutti persone migliori, per averci accompagnato nei momenti importanti e per essere stato riparo sicuro per chi non è sempre stato così forte. Ti ringrazio anche per aver continuato a guardarci senza mai abbandonarci davvero, perché non so se sia giusto credere in una vita che sia in grado di continuare, ma so che tu questa speranza sei riuscito a darcela. Grazie perché continui a guidarci e grazie perché, anche nei momenti più difficili – e tu da lassù sai quanti ce ne sono – sai farti presenza portando i nostri occhi a guardare verso di te. Che tu sia una stella, un fascio di luce in piena notte, un soffio di vento in una torrida giornata, un arcobaleno dopo un violento temporale, una canzone in un vecchio giradischi, o che tu sia nel sorriso e negli occhi di un bambino che sa ricordarti, hai continuato a darci l’unica certezza di cui abbiamo avuto bisogno dal momento in cui ci hai lasciato: la certezza della tua presenza.

Questo racconto è per te, per te che hai pensato che il dolore ti avrebbe ucciso e che, invece, ogni giorno impari ad essere forte per tutti gli altri. Per te che hai festeggiato il tuo primo compleanno senza una delle tue poche certezze, per te che hai dovuto ricostruire una quotidianità senza mostrare le tue fragilità, per te che hai fatto di quell’assenza un ricordo sul quale costruire nuove tradizioni, per te che ogni giorno cerchi di nascondere una mancanza che in realtà si fa sempre più forte.

Che esista una vita in grado di continuare non possiamo dirlo con certezza e non sarò di certo io ad avvalermi della presunzione di affermare che sia così. Eppure di una cosa sono certa, ovunque queste persone vadano, lasciano un vuoto che non sa descriversi da solo, ma lasciano anche qualcosa di ben più grande: il ricordo. Un ricordo che rivive negli occhi di chi ha amato, un ricordo che rivive in una domenica in famiglia, in quella vecchia canzone, e perché no, anche in quelle lacrime di indispensabile nostalgia.
Tornerò a raccontare storie, a parlare di vita, ma oggi volevo fare un regalo e arrivare a due cuori: il tuo e il suo. Ovunque tu sia, questo è per te.

Nero su bianco

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