La poesia nel pensiero di Papa Francesco

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La trama dei documenti fondamentali  del magistero ordinario di Papa Francesco, eletto il 13 marzo 2013 (cf Lumen fidei, LF, 29 giugno 2013; Evangelii gaudium, EG, 24 novembre 2013; Laudato si’, LS, 24 maggio 2015; Misericordiae Vultus, MV, 11 aprile 1015), è caratterizzata da molte inflessioni poetiche (cf LF, 23-33; EG, 262-288; LS, 203-246; MV, 24-25): queste inflessioni derivano dalla vasta conoscenza, diretta e indiretta, che il prof. Jeorge Mario Bergoglio (Buenos Aires, 17 dicembre 1936) ha avuto durante gli anni del suo insegnamento in materie teologiche e dei suoi approfondimenti lirici, legati soprattutto alla correlazione che sussiste tra “la sapienza dell’Amore” (=teologia cattolica) e la letteratura in versi.

E’ in quest’orizzonte, narrativo e innovativo, che va collocata la recente pubblicazione (2015), per i tipi della Elledici di Torino, del volume, curato da Antonio Carriero, dal titolo Il vocabolario di Papa Francesco, firmato da 50 giornalisti e scrittori. Il volume – presentato dal Card. Pietro Parolin, dal Card. Ravasi, da Mons. Nunzio Galantino e da Padre Antonio Spadaro – è formato, ovviamente, da 50 “vocaboli” che riassumono il lessico ricorrente di Papa Bergoglio sia da Arcivescovo sia da Pontefice. Ebbene, in questa sede, noi abbiamo scelto di soffermarci sul vocabolo poesia (cf pp.226-232), che è stato analizzato e interpretato da Cesare Davide Cavoni, giornalista professionista alla Tv2000.

Il firmamento tematico del genere letterario della poesia nel pensiero del “Papa venuto dalla fine del mondo” è costellato da almeno due serie di galassie: la prima riguarda l’architettura teologica della comunicazione della fede trinitaria del Santo Padre mentre la seconda concerne l’intenzionalità ultima del suo annuncio salvifico, che punta direttamente a disegnare il profilo dell’esistenza cristiana nella storia: teologia e fede, cristologia e vita, pneumatologia e testimonianza, Chiesa “in uscita” e misericordia e grazia divina sono, così, i fuochi irriducibili e indivisibili che tipizzano l’orginale funzione profetica di Papa Francesco. Cavoni, intanto, distribuisce la sua riflessione in tre parti: la prima è un’estesa introduzione al genere letterario della poesia del Papa (cf pp.236-238), la seconda fa perno sulla relazione che c’è tra la poesia e la realtà (cf pp.228-230) e la terza si concentra sul nesso reciproco che problematizza la poesia e la testimonianza (cf pp.231-232).

Quando il Vescovo di Roma parla di poesia, egli fa, simultaneamente e teologicamente, un’operazione analogica e un’operazione ermeneutica ovvero presenta, senza infarciture cervellotiche, la dolcezza della misericordia di Dio (cf La Chiesa della misericordia, 2014; MV, 2015; Il nome di Dio è misericordia, 2015) e il Suo donarsi, che, inondato d’Amore personale e sostanziale, lascia parlare il cuore dell’uomo il quale trova nella forma, scritta e orale, della poesia le tre valenze teologiche dell’etica (=il bene), dell’estetica (=il bello) e dell’estasi (=la beatitudine). La predilezione del Pontefice per la poesia di Dante Alighieri (1265-1321) promana dal fatto esemplare che il poeta fiorentino sia stato l’autore sommo, che, nello scorrere del tempo, ha saputo dare risposte eterne a domande storiche: stessa cosa si può dire per le opere eterne del grande poeta e romanziere italiano Alessandro Manzoni (1785-1973): la Divina Commedia e i Promessi sposi sono due opere immortali del patrimonio della poesia e della letteratura mondiale di tutti i tempi.

Inoltre, c’è da dire che l’amicizia giovanile e personale di Mons. Bergoglio col poeta argentino Jorge Louis Borges (1899-1986) – che gli fa gustare la riposante e ricca poesia di José Hernandez (1834-1866) – affina e perfeziona nel futuro Papa la linea continua che congiunge la “letteratura sapienziale” della Sacra Scrittura alla “letteratura razionale sul mistero della vita umana” tant’è che una teologia cattolica staccata dall’esistenza quotidiana non ha alcun valore salvifico così come non ha alcun valore messianico una religione organizzata senza una fede vissuta e aperta alla Speranza affidabile (cf Spe salvi, 2007). “Potremmo dire – sostiene Cavoni che, con questi elementi, il Papa riporta l’azione della poesia all’interno di una primigenia oralità che solo in un secondo momento si fa testo, libro al quale attingere” (p.277). Perciò, per Papa Francesco, la poesia possiede una sua peculiare sorgività vitale, che precede ogni ulteriore autotrascendenza e trascendenza razionale: con la poesia, l’uomo intuisce prima e meglio il contenuto dell’unico comandamento d’amare Dio e d’amare il prossimo.

Circa il rapporto tra la poesia e la realtà, Cavoni si fa sedurre dall’”arte spirituale” di Papa Bergoglio: spiritualità che – oltre a far vivere la vita dello Spirito del Risorto nella vita umana – favorisce sempre la fusione tra la grazia e la realtà, tra gli abbracci del Padre e l’abbandono, tra le Se mani, dei figli. La poesia presente in alcuni passaggi dell’enciclica Laudato si’ (cf LS 63; 246) è una poesia che si lascia raccogliere dai microgesti ignoti dell’anima, dai ritmi invisibili della coscienza e dalla leggera brezza mariana dell’interiorità: le suggestive e verticali frequentazioni di Mons. Bergoglio con la fascinosa e grande poesia romantica di Friedrich Holderin (1730-1843) rappresentano, forse, il distillato migliore dell’antropologia filosofica aperta alla trascendenza e dell’antropologia teologia aperta all’eccedenza della grazia. I commenti di Bergoglio alla poesia musicata di Holderin dicono lo stupore della creazione, la meraviglia dell’umanità, l’estasi del Redentore e l’economia della Trinità: il Papa non trascura d’investigare – soprattutto nei discorsi illustrati durante le sue visite pastorali in Italia – alcune “chicche” della poesia religiosa e struggente di Clemente Rebora (1885-1957) che fa baciare i rami altissimi dei pioppi col cielo profumato di nardo. L’analogia tra la storia e la gloria, il finito e l’infinito, il sole di ogni giorno col Sole che non conosce tramonto può essere colta soltanto dalla poesia poetica, incontaminata, pura, linda, fresca, come il ritmo della preistoria religiosa narrata nei primi undici capitoli del libro della Genesi. La poesia poetica è una forma della “teologia sinfonica” e della “teologia apofatica”: è nel silenzio che l’uomo è uditore della Parola (Rahner, 1904-1984). 

Sul rapporto che lega la poesia e la testimonianza, Papa Francesco inverte i termini della questione: “[…] la testimonianza – sottolinea Cavoni – della poesia che compare con papa Francesco inverte la storia, riportando la fede e la Croce dentro la poesia, mettendole, tutte insieme, al centro dell’esperienza umana” (p.230). L’ermeneutica teologica della poesia di Papa Francesco è un’ermeneutica circolare e stratificata o valoriale: nell’ermeneutica circolare entrano tutti gli autonomi princìpi della vita umana e sociale (cf Gaudium et spes n.36), tutte le arti e tutti le scienze, non disgiunte, però, dall’ordine morale. La poesia non ha nazionalità, non ha continenti, non ha muri, non ha ideologie perché è planetaria, anzi è in costante espansione planetaria poiché nasce dal cuore e rinasce nella coscienza dov’è scolpita la voce di Dio. L’ermeneutica circolare non può essere, però, un’ermeneutica deterministica e laicista, gnostica e fatalista: essa ha bisogno di un assetto assiologico (o valoriale) perché il bene vale sempre più del male, la giustizia vale sempre di più dell’ingiustizia e la verità vale sempre di più dell’opinione: la gerarchizzazione dei valori poetici deve partire, perciò, sempre dalla Croce che è il centro del mistero della misericordia di Dio (cf Luzi, 1914-2005; Turoldo, 1916-1992). Le fragilità umane, le sofferenze esistenziali e le “strutture di peccato” sono inscritte nella Croce di Cristo ma sono superate dalla Sua Risurrezione: ecco, per Papa Francesco, la poesia è una dimensione della risurrezione del cuore dell’uomo. Essa è una nuova liturgia della strada che si trasforma in liturgia della carità, dove non ci sono più amici e nemici ma fratelli e sorelle.- 

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