La vita spirituale dell’uomo comune

blog tommaso turi

Una riflessione sempre attuale di don Luigi Sturzo

         “San Paolo, nel concludere la seconda epistola ai Corinti, fa loro le seguenti esortazioni: ‘Del resto, o fratelli, siate allegri, fatevi perfetti, sonsolatevi, siate d’accordo nelle idee, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi’ (2 Cor 13,11)”. Con queste parole, don Luigi Sturzo (Caltagirone, 26 novembre 1871; Roma, 8 agosto 1959) inizia la sua riflessione su “La vita spirituale dell’uomo comune” (1945), oggi in Problemi spirituali del nostro tempo (Bologna 1961, 85-93).

Com’è noto, la figura e l’opera del “prete di Caltagirone” sono state studiate da docenti universitari di prima grandezza (De Rosa, 1977; Malgeri, 1982, ecc.). Anche il suo pensiero spirituale è stato indagato da esponenti di spicco del cattolicesimo italiano (Bachelet, 1959; Moro, 1959, ecc.): pensiero ascetico e mistico che fa capo all’idea teologica dell’ universalità della spiritualità cristiana, esplicitata, soprattutto da Paolo di Tarso. Per don Sturzo non esiste una spiritualità dei credenti devoti e una spiritualità dei credenti secolari: “Niente di più errato – sottolinea don Luigi -: ‘siate perfetti’ è stato detto a tutti da Gesù Cristo, così come a tutti è stato detto di seguirlo. San Paolo ripete la stessa parola: ‘siate perfetti’. Anche a quelli occupatissimi con gli affari professionali e di famiglia si deve poter dire siate perfetti, allo stesso modo che, dal punto di vista dei rapporti sociali, si dice a tutti di essere veritieri, di essere gentili, di essere campassionevoli” (pp.85-86).

         La prosa sturziana è limpidissima: ogni cristiano deve vivere la spiritualità – ovvero deve farsi guidare dallo Spirito del Risorto – in base al proprio stato di vita: l’ascesi e la mistica sono le due ali della spiritualità cristiana, che appartiene a tutti i battezzati per il solo fatto di essere battezzati. Il sacramento della fede cristiana è, infatti, anche il sacramento della speranza e della carità pasquale: questo sacramento fondamentale fa conoscere come conosce Dio, fa sperare come spera Dio e fa amare come ama Dio. Le tre virtù infuse unite alle quattro virtù morali (temperanza, giustizia, fortezza e prudenza) fanno sì che il “cristiano spirituale” possa santificarsi nella storia e non nonostante la storia. In merito, il pensiero spirituale di don Sturzo è decisamente intensivo ed estensivo: è intensivo perché si perfeziona con la grazia mentre è estensivo perché la compassione ha una natura orizzontale.

         Gli impulsi della grazia divina e le seduzioni del peccato sono, inoltre, il terreno etico su cui si gioca la fedeltà e l’infedeltà dell’uomo comune. “Bisogna …tenere fermo che la perfezione s’inizia e si completa con l’acquisto, il mantenimento e l’aumento della grazia santificante; che tutto il lavorio che è fatto da noi con la nostra attività vale niente se non è reso soprannaturale dalla grazia, sostenuto e corroborato dalla grazia; sviluppato e accresciuto dalla grazia”: la perfezione della grazia suppone ed eleva la perfezione della natura. Ciò dice, in sostanza, che per perfezionare la natura è necessario arrivare alla verità del pensare e all’onestà dell’agire: don Sturzo non minimizza il valore del lavoro umano ma lo esalta a condizione che esso venga eseguito secondo verità, onestà e grazia. Dal punto di vista spirituale, la verità rende liberi, l’onestà rende giusti e la grazia rende santi: ogni spiritualità storica dell’uomo comune ha, perciò, una destinazione universale rivolta alla santità, che resta, sempre, un dono d’amore eccedente della Trinità. La struttura ternaria della perfezione della carità è,  allora, una struttura trascendentale nel senso che ogni uomo e tutto l’uomo si salva a condizione di praticare, sempre e dovunque (anche in Chiesa), la verità, l’onestà e la vita divina.

         “Una delle esperienze spirituali più interessanti – continua don Sturzo – è data dal fatto che chi più avanza nella vita della perfezione più si sente imperfetto, mentre colui che è fuori della vita della perfezione non comprende la sua imperfezione…” (p.87). Così come il peccato è una contraddizione interna della grazia allo stesso modo l’imperfezione è una contraddizione interna della perfezione: la vita secondo lo Spirito permette di verificare la vita contro lo Spirito. Le ascendenze agostiniane della spiritualità cristiana di don Sturzo sono evidenti tant’è che egli dice che “[…] i santi si reputano grandi peccatori perché comprendono la gravità del peccato, l’infinità del dono della grazia, il pericolo di perderla per propria colpa. Per Sturzo, il senso del peccato lo percepisce soltanto chi ha fatto esperienza della grazia: senza grazia, il peccato può diventare un’abitudine e trasformarsi in vizio stabile, che annuvola la vita, opacizza l’esistenza e disorienta dalla via giusta, che conduce al bene comune della Chiesa e della società. In merito, l’insegnamento spirituale di don Luigi Sturzo è notevole poiché egli non s’attarda ad analizzare l’etica della contingenza ma punta direttamente ad evidenziare il contenuto essenziale dell’etica teologica della vita cristiana. La sua insistenza sulla “vita di grazia” che alimenta, sul piano secolare, la “vita perfetta” è un’insistenza che tocca le radici del bene e del male: radici che partono dal cuore dell’uomo e ritornano nell’intimo della sua coscienza morale.

         “I difetti della vita quotidiana – conclude don Sturzo -, le tentazioni anche gravi, le difficoltà che si provano nel respingere le attrattive del mondo, se sono sentiti come un peso, provandone dispiacere e disgusto, rigettandone gli inviti, provandone rimorso per le cadute occasionali, provano che la vita spirituale è veramente vissuta” (p.89). La vita spirituale, comune ad ogni uomo credente, non è una vita drammatica ma una vita conflittuale che guarda alla pacificazione di tutta la persona: il conflitto è il segno evidente della perfezione della carità in quanto è dalla resistenza alla seduzione dell’avere, del potere e del piacere che scaturisce l’affinamento della vita spirituale. A questo livello, il conflitto tra l’amore verso Dio e l’amore verso Satana e suoi seguaci terreni non può non essere testato senza l’ascesi (=allenamento della vita spirituale) e senza la mistica (=unione vitale con Cristo): di qui deriva, dice Sturzo, la necessità di rivedere “[…] l’ orientamento educativo e ambientale che porta all’indifferentismo religioso” (p.90). Per il “prete di Caltagirone” è molto importante, in conclusione, che l’azione sociale e politica dei cattolici non sia disgiunta dalla formazione spirituale, dottrinale e valoriale dei battezzati: le comunità parrocchiali e diocesane sono chiamate, così, a farsi soggetti attivi di formazione cristiana dove la fede e la vita non sono due realtà distanti ma sono, invece, due realtà unite e distinte, che esplicitano la vocazione storica e trascendente della persona e della società.-

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