Alessandro Conforti Di Lorenzo, tra impegno sociale e passione per l’arte

03 09 alessandro confortiNOCI (Bari) – Alessandro Conforti Di Lorenzo è la dimostrazione di come non sempre tra sogni, interessi, professione e passione esistano dei confini ben stabiliti, netti e talvolta limitanti. Laureato in Psicologia e da sempre impegnato nel sociale, attraverso l’importante contributo offerto all’interno di numerose comunità e cooperative sociali, Alessandro ha saputo concedere il giusto spazio alle sue passioni oltre a cimentarsi con sfide sempre nuove all’insegna della propria crescita, personale e professionale. Consapevole “dell’incertezza del futuro” e con “la certezza di definirlo e di poterselo costruire con le proprie forze”, oggi Alessandro cerca di affermarsi su ogni fronte, non rinunciando ai propri sogni.


Studiare e vivere lontano dal proprio paese natio è spesso visto come tentativo di “evasione” e conquista di indipendenza, tema che hai meglio affrontato nel tuo lavoro di tesi. Quali le verità che hai potuto confermare e le realtà maggiormente diffuse?


Quello che ho ritrovato di comune è stata la volontà e l’intenzione di modificare una situazione attuale avvertita come noiosa, monotona e non soddisfacente; questa era associata a un bisogno di benessere legato alla voglia di raggiungimento di obiettivi, come quello di conquista dell’indipendenza o di cultura e formazione utile per realizzarsi nel mondo lavorativo.
Altre realtà in comune sono state, da un lato, la percezione di paura del cambiamento di se stessi, confermata dalle difficoltà incontrate nel modificare le proprie convinzioni o certezze e nell’adattarsi alle novità, e dall’altro lato la modalità di approccio a nuove esperienze che hanno permesso di raggiungere i propri obiettivi (o sogni, così come ci piace chiamarli); comportamenti volti alla ricerca attiva di luoghi e persone sconosciute e atteggiamenti direzionati ad accettare l’ “Altro-diverso-da sé”, ha aiutato i ragazzi a superare difficoltà, anche grazie all’aiuto degli altri; sono riusciti, infine, a conoscer-si, a cambiar-si e a raggiungere il cambiamento desiderato inizialmente, partendo in primis da se stessi.

Accanto agli studi in Psicologia, hai avuto modo di coltivare diversi interessi?


A Padova ho trascorso gli anni più formativi ed entusiasmanti della mia vita. Ho imparato a star lontano dalla famiglia, dai miei amici e luoghi di una vita; a badare a me stesso, a stare solo e in compagnia; a muovermi in città e a relazionarmi con persone mai viste prima, apprezzandone la diversità e quindi l’unicità. Qui sono riuscito a realizzare uno dei miei sogni nel cassetto: fondare un gruppo musicale con il quale ho suonato su alcuni palchi di Padova per due anni. Inoltre, contemporaneamente agli studi, per due anni ho gestito con amici e soci un bar in un parco pubblico: ho imparato a lavorare dietro il bancone, in cucina, a far le pulizie ma soprattutto ad organizzare concerti, spettacoli teatrali e cene artistiche.
Tutto è nato dalla voglia di sperimentarmi ed imparare altre attività mai svolte prima ma anche dal desiderio di applicare le conoscenze acquisite durante il percorso di studi universitari; e non solo, sono stato spinto dal desiderio di creare un luogo o uno spazio in cui, direi, obbligare i “cervelli in fuga” a restare in Italia e i giovani a incontrarsi per conoscersi, pensare, produrre, utilizzare le proprie abilità e quindi star bene. Infatti, più che dirigere il bar, ho costruito e coordinato il gruppo di studenti con cui condividevo gli intenti e tra una birra spillata al bar e polpette pugliesi preparate in cucina, mi sono occupato della programmazione artistica.
Tuttavia non indifferente è anche il mio impegno sociale. Sono Presidente di un’Associazione di Promozione Sociale e all’interno di una Cooperativa sociale ricopro il ruolo di operatore della salute occupandomi della formazione, dell’orientamento al lavoro e dell’integrazione socio culturale di ragazzi, appena ventenni, fuggiti dall’Africa poiché territorio di guerre, persecuzioni razziali, religiose e sessuali, giunti in Italia per richiedere protezione internazionale.

Attualmente Presidente di un’Associazione di Promozione Sociale, di cosa ti occupi nello specifico?

Per ora mi sto occupando con il Consiglio Direttivo di costruire il regolamento interno e di definire alcune procedure comuni per prepararci a presentare l’Associazione alla città e quindi accogliere nuovi soci, idee e progetti.
Allo stesso tempo sono tra i fondatori del CeRebration Fest, un festival di 5 giorni che ha lo scopo di promuovere arte, cultura e aggregazione giovanile e sono il coordinatore del gruppo, responsabile delle risorse umane e della programmazione artistico-culturale. Quest’anno si svolgerà dal 20 al 24 maggio e mi sto occupando di costruire e coordinare i gruppi di lavoro e sto svolgendo pratiche burocratiche; infine, ma non per ultimo, sto valutando alcune proposte musicali e proposte di collaborazione che ci stanno giungendo da Associazioni e Cooperative Sociali operanti nel terzo settore: il desiderio di far rete è diffuso e favoloso!

Un altro aspetto fondamentale della tua attuale carriera, è la volontà di occuparti dell’integrazione socio culturali di giovani ragazzi fuggiti dall’Africa…

Si, sono tirocinante operatore della salute in una Cooperativa Sociale: questi ragazzi, appena ventenni, fuggono da guerre, persecuzioni razziali, religiose e sessuali; hanno visto morire sotto i propri occhi amici e familiari e vengono in Italia per richiedere protezione, così come sancito dal diritto internazionale. Oltre ad aiutarli in pratiche burocratiche per raggiungere lo status giuridico di richiedente protezione internazionale, li affianchiamo nella conoscenza della lingua italiana, della cultura, del territorio e delle risorse in esso presenti per poter realizzare i propri progetti di vita, in completa autonomia e nel rispetto della propria salute e della Comunità locale: li accompagniamo in questura, dal dottore o li mettiamo, ad esempio, in contatto con club sportivi, parrocchie, Associazioni Culturali, così da potersi sperimentare autonomamente nella comunicazione verbale e negli spostamenti con i mezzi pubblici e quindi imparare. Ricordo ciò che mi dichiarò Mohammed mentre mi raccontava del suo viaggio in mare e dei suoi sogni, con alle spalle una famiglia sterminata: “Eravamo donne, uomini e bambini, mussulmani e cristiani; in barca ci aiutavamo tutti a far tutto: a dividerci un cubetto di ghiaccio per bere ma soprattutto a pregare; ognuno un Dio diverso ma per lo stesso motivo: quello di salvarci, sperando di non tornare più indietro. Vorrei una famiglia con una donna bianca perché di “black people” non ne voglio più sapere. Vorrei cancellare tutto”.

Nel corso della tua vita hai sia sviluppato il tuo interesse verso la psicologia sia dato libero sfogo alla tua passione per l’arte, in particolare per la musica. Senti di poter tracciare un confine netto tra le due strade, definendo la prima come professione e la seconda come un hobby?

La prima certamente come una professione; la seconda è nata come un hobby, una passione come tutte quelle che ci fanno star bene. Fino a qualche anno fa il confine era netto però, poi, passando dal “fare musica” al “promuovere musica e l’uso di spazi per giovani musicisti” allo scopo ultimo di promuovere salute, il confine si è un po’ affievolito ed ultimamente sto pensando a come poter integrare i due aspetti.
Allo stesso tempo, spero di ripotermi ritagliare momenti per suonare per me stesso, perché son fermo da tempo e ritracciare un confine può valerne la mia salute.
Concepire la musica come una professione è una durissima sfida in quest’Italia dove l’arretratezza culturale, ahimè, diviene sempre più pregnante: l’arte, come la musica, è sempre più giudicata insignificante, invece che essere considerata come uno strumento per la comunicazione, la conoscenza e la libera espressione, quindi, come un mezzo per la salute tanto del singolo quanto della Comunità: però, Artisti, non mollate!

Quali i progetti per il futuro?

Data l’incertezza del futuro ma la certezza di definirlo e di poterselo costruire con le proprie forze e in sinergia, sempre e comunque con gli altri: con i miei colleghi sto preparando l’esame di stato per abilitarmi alla professione di psicologo ed affermarmi come professionista nell’ambito della progettazione sociale, della formazione e della salute; invece, con i soci dell’Associazione, abbiamo in progetto la creazione di un centro polifunzionale che offra servizi nell’ambito dell’ arte, cultura, formazione ed innovazione sociale (lo so, ho sempre amato tuffarmi in acque alte ma finché non lo faccio non posso imparare a nuotare per raggiungere le mie isole-obiettivi).

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