Rosalinda Gioia: un traguardo raggiunto credendo sempre in se stessa

04-18-rosalinda gioiaNOCI (Bari) – Coltivare una passione, realizzare un sogno, lottare per quello in cui si crede spesso implica andare contro i luoghi comuni e le convinzioni di chi crede che non ci sia spazio e tempo per sognare. È questo ciò che ha fatto Rosalinda Gioia (in foto), dal 1996 lontana da Noci e poi anche dall'Italia: ha creduto in se stessa, pur consapevole delle rinunce alle quali andava incontro, costruendosi il proprio spazio, realizzando le sue aspirazioni e con la certezza che "Noci e l'Italia rimangono sempre il mio punto di riferimento, dovunque io sia nel mondo, ed è sempre li, che so, che posso tornare".

Hai lasciato Noci subito dopo gli studi liceali, nel 1996, e nel 2002, dopo esserti laureata in Scienze ambientali presso l'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo", hai deciso di trasferirti all'estero. Quale è stato il tuo percorso formativo subito dopo aver lasciato l'Italia?

Nel gennaio 2002 ho lasciato definitivamente l'Italia per iniziare i miei studi post-laurea presso la Rutgers University, in New Jersey, negli Stati Uniti; avevo già avuto contatti con la Rutgers University durante lo svolgimento della mia tesi di laurea nel 2001, quando mi fu offerta l'opportunità di tornare nel 2002 per continuare la ricerca che avevo iniziato con la tesi di laurea e conseguire il titiolo di Master of Science in chimica ambientale (MSc); in seguito a questa esperienza, nel 2004, mi sono trasferita nuovamente in Europa, nel Regno Unito, per conseguire un dottorato di ricerca in chimica ambientale presso la Lancaster University. Durante gli anni di dottorato ho anche lavorato e studiato per mezzo di borse di studio in vari centri di ricerca stranieri, fra i quali l'Environment Canada a Toronto, il CSIC-IDAEA a Barcellona e il NIVA ad Oslo. Nel 2007 ho ottenuto un contratto di lavoro per 3 anni come ricercatore (post-doctorate) in Chimica Organica Ambientale presso la Lancaster University. Nel 2010 ho ottenuto la prestigiosa e molto competitiva borsa di studio europea "Marie-Curie Intra-European Fellowships" che mi ha permesso di ottenere un posto da ricercatrice presso il Consejo Superior de Investigationes Cientificas (CSIC), istituto di ricerca facente parte del Ministero della Scienza e dell' Innovazione spagnolo a Barcellona. Alla fine del 2012 mi sono poi trasferita nuovamente nel Regno Unito e attualmente sono impiegata presso una agenzia esecutiva del Dipartimento dell'Ambiente, il Centre of Environment, Fisheries and Aquaculture (CEFAS) e fornisco consulenza al governo britannico in materia di valutazione del rischio di sostanze chimiche usate nell'esplorazione del gas e petrolio al largo delle coste britanniche.

Quello della ricerca scientifica è indubbiamente un settore tanto affascinante quanto "instabile" dal punto di vista delle garanzie future. Cosa ti ha spinto a intraprendere una carriera così ambiziosa e un percorso apparentemente ricco di insidie e incertezze?

La voglia di conoscere, di vedere, di sapere e di contribuire allo sviluppo della conoscenza, al progresso e alla crescita culturale di tutti mi hanno spinto ad intraprendere questa carriera. Quella del ricercatore è una continua corsa verso quello che non si conosce e una continua sfida ad aprire nuovi orizzonti. È una scelta che richiede anni di studio, di intensi sacrifici e dedizione al proprio lavoro, ma alla fine può dare tante soddisfazioni e gratificazioni. Molti mi dicono che ho un lavoro affascinante e senza dubbio lo è, ma pochi realizzano che questo lavoro richiede una grande responsabilità verso la società la quale investe denaro pubblico affinché esso sia restituito sotto forma di progresso e di conoscenza. È un lavoro costantemente sottoposto alla valutazione della comunità scientifica internazionale. Certo, non nego che è un cammino difficile e ricco di incertezze, bisogna sicuramente capitare nell'ambiente giusto (sia familiare che lavorativo) e possedere le attitudini personali adeguate per intraprendere una carriera del genere, ma non penso sia di per sé più rischiosa o impegnativa rispetto ad altre alternative.

In tutti questi anni trascorsi lontana dal tuo paese natio e dall'Italia più in generale, hai avuto modo di porre a confronto due realtà socialmente e culturalmente differenti. Nonostante la convinzione della scelta fatta, ci sono alcuni aspetti del nostro paese verso i quali oggi ti rivolgi con nostalgia?

Il mio senso di nostalgia è mutato nel corso del tempo. All'inizio della mia carriera ero troppo presa dalla voglia di scappare, di conoscere, di arrivare e non mi soffermavo molto a riflettere sul mio paese e quello che avevo lasciato. Con l'età che avanza la nostalgia è diventata sempre più forte e il legame con le mie radici si è intensificato. Chi non sentirebbe la nostalgia di quanto l'Italia può offrire: il profumo dell'espresso nei bar, la buona cucina, gli ulivi e il clima (mare, sole e spiagge). Da un po' di anni cerco di costruirmi un pezzettino del mio paese dovunque mi trovi, volendo mantenere vive le abitudini e le tradizioni. Sicuramente oggi mi rivolgo con tanta nostalgia ai ricordi più cari, ai sapori dell'infanzia e alla mia famiglia, in particolare ai miei genitori e a mia sorella, una famiglia che mi ha sempre appoggiato e compresa e senza la quale non sarei mai diventata la persona che sono oggi; anche quando ero a migliaia di chilometri di distanza da casa, hanno condiviso con me i momenti di solitudine, di insicurezza, di smarrimento come anche in quelli di gioia e soddisfazioni. Senza dubbio i valori della famiglia sono la cosa che oggi mi manca di più e sono quelli che ritengo fondamentali per la crescita dei miei figli.

Nella tua presentazione hai dichiarato di aver appurato quanto all'estero sia più semplice per i giovani vedere riconosciuti i propri meriti e i titoli accademici conseguiti. Secondo la tua opinione, cosa manca al nostro Paese per poter guadagnare un tale primato?

In generale penso che l'Italia investe poco sui giovani, rischiando in questo modo di non riconoscere il valore del fattore umano e quindi di non investire sul proprio futuro e sul progresso. Per esempio, nel caso della ricerca scientifica c'è una tendenza a volerla frenare o ignorarla piuttosto che promuoverla. I fondi che si spendono per la ricerca in Italia sono irrisori rispetto alla media dei paesi europei come anche il numero dei ricercatori. Di certo ai ricercatori italiani non manca nulla in termini di preparazione e produzione e avrebbero tutte le carte in regola per essere sostenuti finanziariamente. In un Paese come il nostro, la ricerca scientifica dovrebbe essere la base del progresso per l'innovazione.
Il sistema americano e anglosassone, al contrario, valorizzano il proprio patrimonio umano preparando la strada per i giovani affinché essi possano sentirsi protetti e valorizzati, messi nelle condizioni di costruire la propria carriera lavorativa poiché portatori di innovazioni e di conseguenza, rappresentando un contributo fondamentale al bene del paese stesso. Questo non vuol dire che all'estero sia sufficiente possedere una laurea per fare carriera: la gavetta è sempre fondamentale. Diversamente dall'Italia, Paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito offrono più possibilità di realizzazione perché investono maggiormente sulle capacità dei giovani, non rendendo vani i sacrifici e gli anni di studio. È proprio a queste grazie a queste realtà se a 36 anni ho raggiunto risultati che molti ricercatori italiani non riescono a conseguire in tutta la loro carriera.

Nel 2009 ti sei sposata e nel 2011, invece, hai avuto un figlio. Nonostante la tua giovane età, sei quindi riuscita a raggiungere traguardi sorprendenti in ogni ambito della vita: affettivo e professionale. Se potessi tornare indietro nel tempo, c'è qualcosa che non rifaresti o che faresti ma in modo differente?

No, probabilmente non cambierei nulla. La persona che sono oggi è il frutto di tutti gli accadimenti, le cadute e le gioie della mia vita e ne sono contenta. Ho realizzato me stessa e gran parte delle mie aspirazioni e non avrei potuto chiedere di più. Ricordo che uno dei miei tanti sogni nel cassetto, quelli che si esprimono quando si spengono le candeline di compleanno, era "vedere il mondo": avevo così tanta voglia di evadere e andare via dal mio paese. Non posso lamentarmi perché sono stata davvero dappertutto e ho avuto il privilegio di visitare molti Paesi nel mondo tra i più belli e irraggiungibili. Ho sempre vissuto ogni esperienza nel momento opportuno, godendo e apprezzando ogni istante e adesso con la carriera avviata e un lavoro stabile, posso dedicarmi completamente alla mia famiglia. Certo, il prezzo da pagare è stato ed è alto: ho perso tanti momenti importanti che hanno segnato la mia famiglia, momenti che creano ricordi importanti nella vita delle persone e nei quali io non ci sono, come la nascita di un nipotino o una nipotina, il vederli crescere ed essere presente ad ogni compleanno, vedere i miei genitori invecchiare dolcemente, questi sono momenti che non recupererò mai e che non avrò mai l'opportunità di rivivere con loro.

Rinunceresti a parte del tuo successo professionale per poter tornare nel tuo paese natio e poter vivere più vicina alla tua famiglia?

La risposta è no, ma non perché non mi piacerebbe l'idea di essere più vicino alla mia famiglia. Dopo tanti anni all'estero e dopo aver lavorato in ambienti più stimolanti, è difficile tornare. Sono abituata a lavorare in un sistema di meritocrazia e professionalità a cui sarebbe difficile rinunciare. L'Italia è molto diversa da questo punto di vista. Nonostante ciò Noci e l'Italia rimangono sempre il mio punto di riferimento, dovunque io sia nel mondo, ed è sempre li, che so, che posso tornare.

 

Nocesi nel mondo

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