Ivano Mansueto, “istrionico e irrequieto” non smette di sognare l’America

07-31-ivano mansuetoNOCI (Bari) – Quando sin dall'età di tre anni foglio e matita diventano parte integrante della tua quotidianità, trasformandosi da un semplice passatempo tipico dell'età in un vero e proprio mezzo di comunicazione, strettamente associato all'espressione del sé, è evidente che il perseguimento di un sogno sia improvvisamente diventata una priorità indiscutibile. Ivano Mansueto ha trascorso gran parte della sua vita alla ricerca di nuove forme, immagini, colori, espressioni e definizioni della propria personalità, rendendo ogni volta conoscenze e interessi momenti fondamentali di crescita e di realizzazione professionale e personale.

 

Design e moda. Una passione coltivata nel tempo e alimentata dalle tendenze degli anni '80, periodo durante il quale sei nato e cresciuto. Quanto questo ha effettivamente contribuito nelle tue scelte future?

Credo che quel periodo sia stato fonte di notevole ispirazione: da un lato ha rappresentato la cultura della superficie, i colori, le espressioni del sé, l'inventiva e un'estetica impetuosa, fastidiosa per molti, attraente per tanti altri. Dall'altro credo che proprio questa forza espressiva abbia influito su di me agendo da catalizzatore della mia curiosità e forse proiettandomi alla scoperta di alcune vocazioni/talenti.

I tuoi studi sono sempre stati coerenti con i tuoi interessi o, al contrario, ci sono stati momenti in cui hai optato per una strada più "razionale"?

Fondamentalmente credo che la razionalità sia sempre stata un po' uno sfondo importante con cui andare a bilanciare l'emotività e la creatività. Nel mio percorso educativo ho incontrato momenti razionali che mi hanno dato l'opportunità di osservare il pensiero laterale e comprenderlo al meglio: imparare ad organizzare, dialogare, costruire, soddisfare dei bisogni e consegnare un servizio/prodotto; tutto questo mi ha permesso di far funzionare il flusso di coscienza incanalandolo e forse manipolandolo un po' a mio piacimento.

Sin da piccolo hai dipinto il tuo sogno con i colori della bandiera americana. Cosa ti ha spinto a restare nel nostro Paese, invece di stabilirti proprio in America?

È stato insolito scoprire come da lontano le cose appaiono irraggiungibili, mentre da vicino scopri che si, si può fare. Tutto il mondo è paese, direbbe qualcuno. L'America, o alcune parti di essa, si conoscono già e da sempre, per vari motivi: film, musica, politica, innovazione, l'elenco sarebbe troppo lungo. Ho provato sempre una forte attrazione per i mondi lontani, che mi hanno portato ad esplorare e forse anche a mettere un po' di radici in un luogo diverso da "casa". Forse, in maniera simbolica, conservo ancora oggi quello spirito da esploratore che mi induce a non escludere la possibilità che la "conquista" dell'America possa ancora avvenire. Milano, alla fine, ha rappresentato una sorta di crocevia, uno spartiacque in grado di offrirmi stimoli decisivi e forse unici in Italia. Crescendo mi sono reso conto che alcuni valori, per tradizione o per educazione, sono radicati nei luoghi e possono essere esportati. Eppure sono consapevole che forse, per fare un passo importante come vivere negli USA, devo raggiungere un livello più profondo di conoscenza di me stesso.

Quale è stato il tuo percorso professionale e le tappe più importanti raggiunte nel mondo del design e della moda?

Mi laureo nel 2004 al Politecnico di Milano, in Design della Comunicazione. Inizio come Designer Junior in una realtà bellissima e internazionale: The Big Space, dove mi occupo di regia e design della comunicazione per le installazioni interattive. Collaboriamo a progetti di innovazione e strategia per eventi, branding e di immagine per marchi come Lancia, Zanotta, Prada, Calvin Klein, Levi's. A questo punto, vivo il passaggio dal Web classico al Web 2.0, da Designer e Digital Art Director divento consulente in alcune Web Agency e mi avvicino al mondo della Pubblicità, realizzando progetti speciali a metà tra evento / digital experience / retail e adv, per multinazionali come Vodafone, Montblanc, Renault. Il lancio di Renault Clio 2012 è stato uno dei progetti più importanti dal punto di vista dell'ingaggio professionale, intervenendo su diversi livelli nella definizione di un percorso di comunicazione online attraverso una Serie Web con Luca Argentero.
Nel Luglio 2012 decido di affrontare una nuova sfida: occuparmi della strategia creativa di posizionamento e di lancio di una brand extension del gruppo Frette (biancheria per la casa) che inizia un percorso nel mondo del design. Negli anni, in parallello alla mia prima attività lavorativa, mi sono avvicinato alla fotografia di moda, cercando nuovi linguaggi e curando un progetto di ricerca nella socialità della moda e del costume, chiamato commonuncommon.

Attualmente la tua professione è ancora più vicina ad un'altra tua grande passione, quella per le tecnologie digitali...

Sì, nell'aprile di quest'anno approdo al gruppo Doxa, tornando alle mie vere passioni: i mondi digitali applicati a diversi contesti. Sto lavorando nel campo della ricerca di nuove tecnologie (iBeacon e marketing di prossimità & Mobile interaction), provando ad ingegnarmi nella costruzione di contenuti di comunicazione, pubblicitari e artistici facilmente fruibili da chiunque grazie all'uso sempre più frequente degli smartphone.

"Istrionico e irrequieto". Quali sono stati in particolare i momenti della tua vita in cui ti sei maggiormente rispecchiato in questi aggettivi, da te utilizzati per descriverti?

Devo dire che c'è sempre stata una costante consapevolezza di quel tormento che mi porta a ricercare attenzioni e conferme dall'esterno, una forma di auto accettazione in grado di conoscere la mia emotività e trasformarla in qualcosa di finito, che sia un artwork, un video o un output sul lavoro. Se devo riconoscere i momenti della mia vita più vicini a questi stati d'animo, credo siano sempre coincisi con i piccoli successi, dal traguardo raggiunto con il conseguimento della laurea alle partenze/scoperte in generale.

Come pensi che queste tue grandi ambizioni e un ruolo professionale per certi aspetti "lungimirante" possa adattarsi ad una piccola realtà quale è Noci?

Ci sono due grandi considerazioni da fare: la prima riguarda la possibilità di attrezzare un luogo come Noci di strumenti (sia infrastrutture sia progetti sociali/culturali) in grado di comprendere il valore di un talento, delle sue visioni, delle vocazioni che portano ad affermare persone e renderle risorse imprescindibili e preziose per quel territorio, un'opportunità soprattutto per i giovani. In questo caso, sono felice che alcuni enti e associazioni stiano già facendo molto. La seconda, più complicata, dovrebbe innescare un fenomeno di protezionismo e insieme promozione del proprio patrimonio, comprendendolo al meglio, non soltanto come già accade nell'industria enogastronomica e turistica, ma provare ad estendere, reinterpretare, evocare e mutuare i valori dalla tradizione culturale, architettonica, paesaggistica e artistica nella costruzione di un'estetica fresca, nuova, che possa attrarre interesse in termini di crescita sia economica sia sociale.
E qui, spero, che le piccole imprese locali possano avere fiducia nel marketing e nell'innovazione.

 

Nocesi nel mondo

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