Stella Lobefaro: "L'Italia mette noi giovani davanti a compromessi troppo spesso ingiusti"

09-29-stella lobefaroNOCI (Bari) – Scelte, rinunce, consapevolezze, esigenze e necessità pratiche, sogni e abitudini. Dopo aver concesso una possibilità al nostro paese, Stella Lobefaro ha lasciato Noci nel 2007 per trasferirsi a Milano, dove però l'insoddisfazione verso una città fin troppo "grigia" e l'opportunità di trasferirsi in una città dove fondamentale è "l'equilibrio tra lavoro e vita privata", l'hanno indotta a porre le proprie radici a Monaco di Baviera. Oggi Production Manager Europe, Stella Lobefaro ha raggiunto un traguardo che, seppure lontano da quelli che sono stati i suoi studi, riesce a garantirle quella serenità e quella stabilità necessaria per ricompensare i sacrifici e le dure prove affrontate durante il suo percorso.


Da aprile 2011 vivi e lavori a Monaco di Baviera. Di cosa ti occupi nello specifico?

Sono Production Manager Europe: in altre parole, mi occupo della produzione e distribuzione degli stampati della mia azienda in tutta Europa.

La Germania è per eccellenza il Paese da tutti considerato come "la locomotiva economica d'Europa". In che misura questo status si rispecchia sul tuo attuale stile di vita?

Io posso raccontare della Baviera, anzi della vita a Monaco. Posso raccontarti di una città serena. Non in affanno da maratona economica con altre città. Posso parlarti di una città che macina PIL, ma che di domenica ha tutti, e dico tutti, i negozi chiusi, di una città che offre tanto lavoro, ma che al venerdì pomeriggio alle 16 ha gli uffici quasi vuoti. È questo quello che ho amato di Monaco, l'equilibrio tra lavoro e vita privata, lo stesso che avevamo perso a Milano. La nostra vita è cambiata radicalmente: non ci si sente più ricchi qui a Monaco, ma più sereni. Ma voglio solo aggiungere una cosa: qui non è l'eldorado, non è solo mettendoci piede che si trova lavoro, bisogna conoscere un po' di tedesco o almeno una seconda lingua. Se poi si ambisce ad un lavoro qualificato, i propri studi devono essere riconosciuti e il livello di padronanza della lingua tedesca deve essere ottima. Lo aggiungo perché i media disegnano questa Regione come un luogo paradisiaco, in cui tutto costa meno e il lavoro c'è per tutti. Entrambe queste supposizioni sono errate e bisogna fare i conti, qui a Monaco, con la città più costosa della Germania.

Germania e rigore. Italia e flessibilità. In quale di queste due realtà hai riscontrato maggiori difficoltà e quale, quindi, pensi sia più adatta per l'educazione e la crescita della tua bambina?

Non riconosco in Monaco il rigore, tanto meno la flessibilità in Italia. Quello che è chiamato rigore, è semplicemente il rispetto delle regole, il senso civico; quella che è definita flessibilità è il doversi accontentare. Forse sono dura con l'Italia, ma mette noi giovani davanti a compromessi troppo spesso dolorosi e ingiusti. Per mia figlia vorrei, anzi vorremmo, un'educazione poliglotta: non unicamente tedesca, tantomeno esclusivamente italiana. Vorremmo crescesse in un ambiente multiculturale, affinché possa sentirsi cittadina del mondo. Lavorando per una multinazionale ho avuto la fortuna di vivere nella multiculturalità ogni giorno e vorrei possa essere così anche per lei. Crediamo sia la condicio sine qua non solo quella la vera condizione prima di una buona educazione.

Poco dopo il tuo trasferimento a Monaco, il tuo compagno ha deciso di raggiungerti. Sulla base della tua esperienza, quanto l'esigenza di raggiungere i propri obiettivi può entrare in contrasto con la volontà di mantenere solido un rapporto, superando eventuali distanze fisiche?

La nostra storia è un po' più complessa. Cercavamo da tempo una città dove mettere radici ed avevamo escluso Milano. Dopo tanti tentativi qui e là per l'Italia, è arrivata questa opportunità per me. La decisione di trasferirmi non è stata semplice, ma l'abbiamo vissuta come un'opportunità. Monaco ci ha colpito sin da subito. E dopo 9 mesi lontani, dopo i km macinati su e giù per le Alpi, abbiamo riconosciuto in Monaco la città che poteva rispondere alle nostre esigenze. E nonostante la prospettiva fosse "il dover ripartire da zero", il mio compagno ha comunque deciso di fare alcune rinunce e si è trasferito qui, dove ha studiato ed ha trovato lavoro 6 mesi dopo. In fondo la vita è una scala di priorità, la nostra vetta era la ricerca di un luogo sicuro, rassicurante, fatto a misura d'uomo, ma pieno di stimoli e opportunità.

Al momento della scelta del percorso universitario da intraprendere ha prevalso il desiderio di trovare una solida occupazione o la volontà di seguire i tuoi interessi, indipendentemente dalle possibilità lavorative?

Ai tempi ho seguito unicamente i miei sogni. Volevo diventare una copywriter e c'ho provato. Poi ho spostato la mia attenzione sul marketing ed oggi faccio tutt'altro lavoro, dove hanno la meglio budget, numeri e strategie. Ma non sono pentita dei miei studi. Anzi. A chi dovesse cominciare ora l'università però consiglierei di dare un'occhiata al mercato, non farsi condizionare, ma non ignorarlo completamente.

Milano. Città della moda, di ritmi sempre ben definiti, degli aperitivi alle 19, del continuo casa/lavoro lavoro/casa. La città che si può amare o odiare, senza mezze misure. Cosa in particolare ti ha portato a nutrire una certa insoddisfazione verso questa città?

Ti farei un elenco infinito, ma riassumo tutto in una parola, anzi in un colore: grigio. Vedevo tutto di quel colore: strade, muri e persone. E poi la fretta, i ritmi assurdi, la disumanizzazione dell'altro. La sensazione di non essere al sicuro. I suicidi in metro e trovarsi a pensare: "No proprio oggi, farò tardi al mio appuntamento!". Milano mi ha dato anche tanto, come amici che tutt'ora sento e vedo, anche la sua offerta culturale è vastissima, vedi la quantità di teatri e di rappresentazioni a prezzi accessibilissimi. Mi manca anche un aeroporto con voli low cost che ci hanno dato la possibilità di visitare diverse capitali europee. Insomma, Milano può dare tanto, ma a me toglieva più di quello che mi dava.

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