Numero zero

temTemperamente - "I perdenti, come gli autodidatti, hanno sempre conoscenze più vaste dei vincenti, se vuoi vincere devi sapere una cosa sola e non perdere tempo a saperle tutte, il piacere dell’erudizione è riservato ai perdenti". Più cose uno sa, più le cose non gli sono andate per il verso giusto.
Questa frase. Questa benedetta frase è stata per me un’autentica rivelazione. Quanta verità in poche parole!


Mi ci sono ritrovato subito, come quando senti quel formicolio alle mani mentre stai imparando una cosa nuova esclusivamente per il gusto di saperla, per la sete di conoscenza, e non per vederla riconosciuta da altri sopra un foglio di carta attaccata al muro. Umberto Eco, incarnazione del sapere italiano e professore emerito in molti più campi dei suoi titoli, ci racconta molti espedienti dei giornalisti e dei presunti tali, e per farlo ci cala in una sgangherata redazione di Milano. Una redazione molto particolare che sembra il perfetto team di perdenti, l’ultimo dei gruppi a cui affidare la direzione di un quotidiano.

Non è di questo avviso il commendator Vimercate (la commenda è un titolo onorifico che discende dagli antichi ambiti militari), che raduna questi similgiornalisti per un suo progetto molto particolare: realizzare, nell’arco di un anno, vari ‘Numeri Zero’ (da cui il titolo) di Domani, un giornale fittizio – che forse in futuro uscirà davvero e forse no- attraverso il quale mettere sotto pressione (grazie ai dossier sensazionalistici e alle scottanti rivelazioni contenute all’interno del giornale) i salotti buoni e i poteri forti. Perché farlo? Allo scopo di entrare nei giri che contano davvero.

Ed ecco quindi i redattori di questo ipotetico quotidiano, che però non sanno nulla delle macchinazioni del commenda e del suo complice Simei, il caporedattore senz’arte né parte ma soprattutto senza alcuno scrupolo:

Maia, unica donna del gruppo, che ha una sorta di autismo che le fa credere che gli altri stiano seguendo i suoi ragionamenti senza proferir parola, come se stessero dentro la sua testa; Braggadocio, complottista ossessivo-compulsivo, disposto a rivisitare la storia degli ultimi giorni di Mussolini, perché, a suo dire, la versione ufficiale ha tratteggiato le vicende con troppa semplicità, e voglioso di collegare la figura col Duce decadente a Gladio, ad Aldo Moro, Andreotti e a chissà quali altri misteri; Lucidi, collaboratore in pubblicazioni di nicchia, che nessuno ha mai sentito nominare; Palatino, proveniente dalle pubblicazioni d’enigmistica; Cambria, che aveva passato la vita a piantonare i commissari in attesa della notizia fresca; e, dulcis in fundo, il caro Colonna, protagonista e voce narrante del libro.

Una curiosità che è davvero una chicca: i cognomi dei giornalisti cani sono tutti font di Word, curioso che lo strumento più utilizzato da questi pseudo professionisti, entri a far parte integrante degli stessi, no? Il tutto ambientato a Milano nel ’92, in pieno scandalo Tangentopoli. Non dare una notizia, dare molto risalto mediatico con un titolo sensazionalistico ad un fatto di cronaca, sono solo alcuni dei trucchi del mestiere che adoperano gli articolisti privi di etica e morale. Qui la critica-beffa di Eco, che non le manda a dire. E poi… Una notizia si può riciclare; chi vuoi che se ne accorga quando hai come complice la memoria corta dei lettori? Leggendo Numero zero il lettore si accorge di come deve stare attento quando legge un articolo o vede un servizio al telegiornale; di come la ragion critica debba prevalere sulle emozioni del momento e sul titolo che colpisce. Ho trovato questo lavoro un po’ sottotono rispetto ad altri dello stesso autore che ho letto, ma comunque “ci sta”, svela un po’ di retroscena del mondo editoriale che sono contento di aver appreso. E poi Eco non si discute, lo si ama.

Umberto Eco, Numero zero, Bompiani, 2015

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