Nel mio silenzio...tanto rumore

temTEMPERAMENTE - Guardare verso l’esterno, alla natura, per trarre temi e motivi intimistici, sentimentali e psicologici, è un’operazione che ho sempre amato molto in poesia. Nel mio silenzio… tanto rumore è un libro che ho comprato tanti anni fa, nel 2010, e che è uscito nel 2008. Non è dunque una novità editoriale quella di cui mi appresto a parlare, ma del resto poco importa, perché la poesia non è una confezione di yogurt né un cartone di latte, e non occorre controllarne la scadenza o affrettarsi per consumarla.

Ebbene, alcuni giorni fa stavo cercando un saggio (nella fattispecie, Nietzsche e la filosofia di Gilles Deleuze) in una delle mie librerie quando, spostando le pile di volumi di qua e di là, ho ritrovato, un po’ sepolto, questo esile libello, di una quarantina di pagine appena, edito presso “Il Grappolo” di Salerno. E sfogliandolo ho ricordato perché mi piacque e lo comprai. Che si tratti della descrizione di una contrada o di un semplice pozzo d’acqua, infatti, risulta evidente l’allegoria di parole che dicono una cosa ma che, appunto, evocano qualcos’altro che trascende la natura, che la eccede incommensurabilmente, in favore di un senso propriamente metafisico del dire e del poetare. Questo un estratto di Contrada:

[…]

Umidi recinti di vecchio legno,

antichi sentieri che svaniscono

in un paesaggio addormentato.

Muretti screpolati dal tempo,

distrutti da un passato,

frammentati da crepe

abitate da ragni.

Ricordi di presenze perdute,

affetti nascosti nelle singole pietre.

Filari ordinati di pini selvatici

malinconicamente ascoltano

la voce lontana del vento.

Si tratta di versi nei quali sembra quasi risuonare la presenza di una coscienza primordiale e ancestrale, atemporalmente spettatrice del tempo. Come nella lirica Un pozzo d’acqua vedevo lontano, che recita:

[…]

La voracità del tempo

silenziosamente serpeggiava nella vita

come dune nel deserto.

Rocce acuminate, appassite per l’ira del sole.

Rinchiuso in una clessidra un desiderio smarrito.

Un pozzo d’acqua vedevo lontano.

Vacillava quasi tremando.

In un fumo ovattato scomparve.

Linda Barbieri Vita, napoletana classe 1990, è scultrice e pittrice (la stessa immagine di copertina della silloge è tratta da una raffigurazione di Antigone realizzata dall’autrice). E dunque non è un caso se la forma dei suoi versi si compie per mezzo di variopinte pennellate e modellature di molteplici materiali. E sempre, rigorosamente, all’insegna della grazie e dell’eleganza. Quando non di una visione personale, e dunque nient’affatto comune, del romanticismo. Molto profonda e bella è, a questo proposito, l’immagine collocata nella lirica Sull’altalena:

Ho fatto l’amore col vento,

ma nessuno ci ha visti.

[…]

I capelli sciolti sulla spalle

si muovevano lenti

al soffio di Eolo:

accarezzava il mio seno

e immobile al suo tocco stavo.

Nel vuoto dondolavano le gambe.

Sul suolo una scarpetta caduta.

C’è tanto rumore, si diceva, nel silenzio di questi versi, e ci sono tanti splendidi gesti in questa immobilità. Un libro, a mio giudizio, che rende onore alla poesia.

Linda Barbieri Vita, Nel mio silenzio… tanto rumore, Edizioni “Il Grappolo”, Salerno 2008, 42 pp., 10 euro

Temperamente

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