Anatole

temTemperamente - Si respira una fumosa aria noir nel nuovo romanzo di Tom Bilotta, Anatole, scritto sul filo della storia americana tra gli anni 30 e 50, quando le atmosfere decadenti care al cinema di Billy Wilder s’impregnavano di razzismo e musica jazz, e nel vento cominciavano a soffiare le parole rivoluzionarie del reverendo King.

In questa America dove bianco e nero non sono colori ma una scelta di campo, dove Hollywood brilla come una stella cometa nel cielo plumbeo dei miseri più ambiziosi, in questa America nasce e cresce il piccolo Jeremy, raccolto dalla strada prima di esserne inghiottito. Lui, orfano da sempre e per sempre, perché se non ti schieri non puoi avere padri, e Jeremy non può schierarsi, perché non è nero e non è bianco, non ha padre e non ha madre. Ha solo quella pelle ambrata e incerta, scura e chiara insieme, a cui la vitiligine non ha permesso di essere nera, lasciandola caffellatte. E allora è difficile capire chi sei e soprattutto chi diventerai.

Ma Jeremy ha un segreto, l’attrazione folle per la musica, per il palpito del jazz che scandalizza l’Alabama perbenista e depressa post ’29, come una pulsazione ribelle che lo spingerà dritto sull’Olimpo, tra gli dei del virtuosismo, all’ombra di Luis Armstrong e sotto l’ala degli studios, cercando quell’Anatole perfetto, quella sequenza magica di note capace di ripagare ogni sacrificio, di ricompensare ogni dolore. Ma a che prezzo? Ce lo domanda Bilotta nelle sue 400 pagine, dove la biografia s’intreccia con la detective story, mentre buoni e cattivi scivolano insieme nell’abisso della perversione. Ci domanda qual è il prezzo dell’arte, quale ispirazione giustifica il delitto, quale limite invalicabile separa una mente geniale da una malata.

"all’ombra di Luis Armstrong e sotto l’ala degli studios, cercando quell’Anatole perfetto, quella sequenza magica di note capace di ripagare ogni sacrificio, di ricompensare ogni dolore".

È una strada lastricata di sangue e ossessione quella che condurrà Jeremy sulla vetta del successo, facendogli dimenticare che più alta è la cima più rovinosa sarà la caduta. E il precipizio è lì a un passo, un buio immenso che risucchia i pazzi, i sognatori, e tutti quelli che si ostinano a ballare la danza della morte sull’orlo del dirupo, proprio lì dove si è sempre soli o, semmai, accompagnati dal carnefice. Toccare il fondo sarà la condanna, riemergere la sfida: perché anche nel silenzio più opprimente, nel nulla della disperazione senza voce, se ascolti bene, la sentirai. E’ lei, quella nota, che batte il tempo, ancora e ancora, il tempo della rinascita, il tempo del jazz.

Tom Bilotta, Anatole, WH Books, pp. 425, euro 14.99

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