Esercizi di meraviglia. Fare la mamma con filosofia

temTEMPERAMENTE- Cosa c’è in comune tra un bambino e la filosofia? La meraviglia. “La meraviglia è l’aspetto luminoso del dubbio, si sofferma sugli oggetti come se li vedesse per la prima volta interrogandosi sul loro significato”. Al pari di un filosofo, un bambino osserva il mondo con curiosità, afferra gli oggetti, li capovolge, li analizza con attenzione. Quando cresce e comincia a parlare, si pone delle domande, chiede con ostinazione perché. Una madre crescendo perde questa capacità, per questo deve imparare a guardare il mondo con lo stesso stupore di suo figlio, a esercitarsi con costanza alla meraviglia.

È questo il pensiero di Vittoria Baruffaldi, docente di filosofia e storia al liceo, autrice del libro Esercizi di meraviglia. Fare la mamma con filosofia. Un libro piccolo e prezioso. Centrotrenta pagine divise in capitoli brevissimi che raccontano con una scrittura semplice e chiara, la maternità da un punto di vista insolito. I principi dei più grandi filosofi della storia – solo per citarne alcuni Aristotele, Talete, Epicuro, Socrate e tra i più recenti Wittengstein, Marcuse e Levinas – diventano strumenti per comprendere quel desiderio improvviso e testardo di un pancione “tondo e buffo” che si insinua nella mente di una donna. Oppure per spiegare che, quando ci ostiniamo “a ricamare somiglianze primigenie” sul volto di un bambino, facciamo “un atto, un’operazione di riduzione. Non è importante sapere com’è fatto il suo volto: bisogna vedere chi è, che cosa domanda, cos’ha da insegnare.”
Queste acute riflessioni su quel groviglio di fili che legano una madre a un figlio hanno un duplice utilità. Da un lato permettono a quei lettori a digiuno di filosofia, di approcciarsi alla materia in modo curioso e pratico, dall’altro mettono davanti a un “non-manuale” sulla genitorialità. A differenza infatti dei tanti vademecum e guide che tendono a dare risposte, a risolvere problemi pratici come la messa al letto del piccolo o la sua prima pipì nel vasino, questo saggio (era ora) non ha la pretesa di insegnare nulla sul mestiere più difficile al mondo, spinge il lettore a porsi delle domande, ad abbandonare la lettura di manuali e a essere madre inciampando e “provando a sbagliare da sola”.

La maternità mette una donna in continua discussione, la rende dubbiosa. L’invito allora è quello di accettarla in tutta la sua gravità, anche “quando gli occhi della gente si aspettano che tu sia felice ma il sorriso è una cerniera inceppata. Amarla nella sua leggerezza, quando senti gli angoli delle labbra tirare all’insù perché tuo figlio ha appena fatto la stessa cosa, come due riflessi incondizionati.”

Viviamo un’epoca in cui anche questo momento dell’esistenza così intimo e profondo viene ostentato, fotografato e reclamizzato come un prodotto. In uno degli ultimi capitoli, l’autrice spiega attraverso il pensiero del filosofo Walter Benjamin questa tendenza. L’uomo è alla continua ricerca di una scossa, una botta di vita. L’obiettivo è avere momenti da ricordare, da mostrare a tutti. “L’esistenza è come un album di frammenti senza spessore, da sfogliare con il dito. […] I bambini invece non amano le foto. Appena vedono i telefonini puntati contro, corrono via o si nascondono il volto con le mani.” Chissà se leggendo questo passo in particolare, qualche mamma farà un passo indietro o almeno farà firmare a suo figlio la liberatoria per la privacy.

Vittoria Baruffaldi, Esercizi di meraviglia. Fare la mamma con filosofia, Einaudi editore, Super ET Opera Viva, 130 pp., €13.50

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