L’orrore di Howard Phillips Lovecraft

temTEMPERAMENTE - Diversi amici e conoscenti amanti del genere gotico e orrorifico mi avevano consigliato vivamente – anzi, intimato! – di leggere H.P. Lovecraft, tra i maestri incontrastati del genere, nonché mentore ideale di Stephen King. E così appena ho avuto modo di recuperar qualcosa, ho agito. Non mi sono immersa nella lettura del ciclo di Cthulhu, che ho posticipato alla postilla “se mi piace davvero” e mi sono approcciata a lui partendo dai suoi migliori racconti, La casa stregata e L’orrore di Dunwich, trovati in una versione tascabile di mille anni fa (ricordate le vecchie edizioni a mille lire?) così démodé da essere perfettamente adatte al personaggio, per poi virare sul modernissimo fumetto di Erik Kriek, Da altrove e altri racconti, in cui sono illustrati altri sei racconti dello scrittore statunitense.

Persone che escono improvvisamente di senno, esseri sovrannaturali, mostruosità metà animali e metà umane si annidano nelle pagine di Lovecraft. Pian pianino escono fuori, per terrorizzarti con la loro muta essenza e realtà: creature inspiegabili e fenomeni assurdi che, semplicemente, sono e capitano nel buio e nell’ignoto; ed è lì che Lovecraft li va a scovare, descrivendoli prima con la giusta aura di mistero, per poi penetrarli, analizzandoli in modo quasi maniacale, come se li avesse potuti vivisezionare dal vero.
Eppure lui era un razionalista, che perdipiù si professava pure ateo; ma la sua fantasia fu capace di partorire mostri e assurdità che hanno ispirato tutti quelli che sono venuti poi. La sua fortuna è arrivata infatti dopo la sua morte e possiamo dire che si rigenera di anno in anno con qualche nuovo omaggio, cinematografico, artistico o letterario che sia – tra i più celebri e visivamente stupefacenti alcuni film di Guillermo del Toro.

Come sono fatti i mostri? Oggi abbiamo tutta una serie vasta di immagini, mutuate dal mondo del cinema, che ce li descrivono alquanto minuziosamente e in varie forme: ci sono gli alieni, gli zombie, i vampiri, i lupi mannari, quelli con otto zampe, quelli marini, i diavoli, le arpie, i fantasmi – ci sono persino i mostri buoni della Pixar. Ma alla fine del diciannovesimo secolo tutte questi supporti visivi non esistevano, erano chiusi nella mente di qualche inquietante contenitore, come quella di Lovecraft, che scrive nel racconto L’Orrore di Dunwich queste amenità:

"Era parzialmente umana, al di là di ogni dubbio, con delle mani ed una testa affatto antropomorfe, ed il volto caprino, dal mento sfuggente (…) La pelle era coperta da una folta e ruvida pelliccia nera, e dall’addome pendeva una serie di lunghi tentacoli grigioverdi flosci, con delle bocche rosse adatte a succhiare. Erano disposti in modo strano e sembravano seguire le simmetrie di qualche strana geometria cosmica sconosciuta sulla terra e nel sistema solare. Su ogni estremità, sprofondato in un’orbita fornita di ciglia, era disposto quello che sembrava un occhio rudimentale; al posto della coda pendeva una specie di proboscide o di antenna, segnata da anelli purpurei che, con ogni evidenza, doveva essere una bocca o un esofago non sviluppato.
Le membra, eccetto che per la loro pelliccia nera, ricordavano le zampe posteriori dei sauri giganti della preistoria e terminavano con dei cuscinetti increspati che non formavano né degli zoccoli né degli artigli. Quando la cosa respirava, la sua coda e i suoi tentacoli cambiavano ritmicamente colore, come per la circolazione di un fluido verdastro, non umano, mentre nella coda appariva un che di giallastro che, negli spazi tra gli anelli purpurei, si alternava con qualcosa di repellente, grigio o biancastro. Non c’era traccia di vero sangue; c’era solo il fetido icore giallo-verdognolo che scorreva sul pavimento dipinto, oltre la chiazza viscosa, lasciandolo colare dietro di sé".


Lovecraft tutta la vita ha combattuto contro la povertà, non riuscendo praticamente mai a vivere del suo genio. Molti hanno detto che è nato nell’epoca sbagliata, che la società del tempo non era pronta alla sua tetra creatività; per questo motivo, il buon H.P. Lovecraft faticò moltissimo a veder pubblicate le sue opere, cosa che causò l’inasprirsi delle sue condizioni economiche e probabilmente anche dei suoi incubi letterari, oltre che spingerlo verso posizioni sempre più reazionarie e razziste.

La parola “mostro” deriva dal greco monstrum il cui significato è sia “avvertimento, segno divino” che “fenomeno contro natura, prodigio”: qualcosa al di fuori dell’ordinario che stupisce e che dimostra sia la vanità delle leggi naturali che l’esistenza stessa di una legge superiore. Qualcosa che ti lascia a bocca aperta per lo sconcerto, va da sé poi che viene anche la paura.
Altrove ho letto che psicologicamente l’emozione della paura ad alcuni piace proprio perché ti mette di fronte a qualcosa che ti disturba e spaventa, ma una volta che ti trovi davanti ai tuoi incubi e sei costretto ad affrontarli, li superi e da lì si genere una sensazione di sollievo benefico, oltre alla scarica di adrenalina. Sarà. Per me, ammetto di essere un po’ fifona: i mostri mi hanno sempre terrorizzato e solo parzialmente affascinato. Le storie dell’orrore e di tensione esercitano su di me uno strano magnetismo, capace di respingermi e attrarmi in egual misura.

Ciò che ho letto di H.P. Lovecraft – poco, lo ammetto – mi sembra davvero rappresentativo di quel “gotico moderno” che piace moltissimo a young adult, fan dell’horror e non solo; i suoi cattivi sono cattivi e brutti, davvero paurosi e spaventosi, privi di ragione e spiegazioni. Sembrano arrivare dal profondo del mondo del terrore, hanno radici nelle urla notturne dei bambini, nei traumi insuperabili, nel recondito e nell’oscurità. Nel bel fumetto di Kriek le angosce lovecraftiane mostrano il loro lato paradossale, con situazioni capovolte e decisamente bizzarre, che il tratto illustrato rende perfettamente e storie che mi sembra di aver già visto in diversi altrove artistici, oltre che in tremendi incubi da rimuovere.
Se siete amanti del genere, non potete assolutamente prescindere da questo autore e dai suoi scritti – tanto siete abituati a prendere il coraggio in mano, no?
Per tutti gli altri: guardate il volto di quest’uomo (nell’immagine era ancora giovane) e decidete voi, la sua inquietudine è in quei suoi occhi scuri e si riversa tutta nelle sue pagine.

H.P. Lovecraft, La casa stregata (1924), L’orrore di Dunwich (1929)
E. Kriek, Da altrove e altri racconti, Eris edizioni, € 16, 112 pag.

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