Sergente Romano

temTEMPERAMENTE - Lo dirò da subito: ho avuto un rapporto non proprio diretto e lineare con Sergente Romano, il romanzo “storico” (lo metto tra virgolette perché l’autore stesso, Marco Cardetta, si definisce un antistoricista), eppure quest’opera ha vinto il Premio Vittorio Bodini-La Luna dei Borboni 2014 ed è poi stato pubblicato da LiberAria nel 2016, ottenendo un’ulteriore vittoria per il Premio Pasolini – Barile, sempre lo scorso anno.

Non ho capito cosa mi abbia reso insofferente. A dire il vero il protagonista è pure simpatico, non colto ma con buona volontà; il romanzo è pieno di storture linguistiche volute, che sicuramente sono segno di audacia stilistica e coraggio di uno scrittore del Sud che vuole permeare la storia anche attraverso l’espressività linguistica il più possibile fedele a quella della gente dell’Italia quasi unita; la storia va, anche se in maniera un po’ arraffona, come chi si sente partecipe di straordinari eventi storici, eppure non ne è pienamente consapevole.

Viene fuori un racconto fatto di tante voci, di pseudo strategie militari, di combattenti più o meno armati e validi, più o meno intrepidi e anche più o meno certi della parte da cui stare, pronti ad attaccare tanto quanto a salvare la pellaccia. Ci sono precisi riferimenti a luoghi, riconoscibili da chi vive nei dintorni di Gioia del Colle (in Puglia), molti documenti e atti d’archivio. Insomma, non è certo lavoro di pura fantasia, ma è storia romanzata.

È, se vogliamo, il tentativo di un gruppo di sbalestrati convinti di poter dare un contributo alla causa dell’unità nazionale. Almeno loro ci hanno provato, oggi tentativi non se ne fanno abbastanza, non si prova a sbagliare perché c’è disillusione e direttamente si emigra.

Allora ecco, a romanzo concluso, per quanto il filo del racconto mi sia sembrato un po’ sconclusionato per i miei gusti, posso dire che il Sergente Romano è un esempio, perché a modo suo, senza troppa istruzione e senza troppa preparazione, ci ha messo la volontà e tutte le forze e le risorse che si potevano mettere insieme, per fare la rivoluzione con Ciqquagna, Trimonciello, Vito e tanti altri che hanno dato il sangue e la vita. Perché in questo pezzo di storia romanzata, ci finiscono pure le abitudini, i modi di dire e di vivere di una fetta d’Italia che non arriva sui libri di scuola e molto spesso neanche tra le mura di casa, quando i nonni raccontano i fatti più vecchi.

Allora, grazie alla stranezza di Marco Cardetta che, a quanto pare, si cura poco del parere dei critici. Ho avuto questa impressione nel momento in cui per caso l’ho incontrato, alla presentazione del suo libro e ne ho avuta conferma con l’inutile nota postuma dell’autore.

Marco Cardetta, Sergente Romano, LiberAria 2016, pp. 155, 12 euro.

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