Vita e amore prima di un trapasso festoso

08-12lagrandefestaNOCI (Bari) - Giungiamo al nostro terzo appuntamento con le recensioni letterarie  di "Temperamente.it". E ritorniamo ancora una volta nella sezione dedicata alla categoria "Contemporanei" per approfondire al meglio quello che la grande poetessa Maraini pensa sul senso del "trapasso": passaggio dalla vita alla morte. 

"La grande festa"- Dacia Maraini
 
La grande festa in passato non si negava mai ad un morto, ché il passaggio dalla vita terrena all'aldilà era considerato un momento sacro e gioioso: e allora si celebrava l'addio (o per meglio dire il saluto momentaneo prima dell'auspicato ricongiungimento post mortem). Anche La grande festa di Dacia Maraini è un lungo (ma non triste) saluto ai suoi morti, agli uomini e alle donne che ha amato e perso nel corso della sua vita. Il titolo può sembrare ossimorico rispetto ai contenuti, ma, pur trattando il tema della morte nelle sue diverse sfaccettature, è un libro per l'appunto "festoso".

Non un romanzo né un'autobiografia, definirei piuttosto La grande festa un "libro di memorie", sebbene anche questa classificazione calzi un po' stretta: la Maraini si rivela delicatamente ai suoi lettori senza seguire una logica precisa (cronologica o tematica), ma aggrappandosi a ricordi che seguono esattamente il ritmo oscillante del pensiero. È un racconto di sé che procede con assoluta naturalezza, quasi come se si stesse sorseggiando una tisana giapponese (preparata magari dalle mani generose della sorella Toni) insieme all'autrice, che ai miei occhi è parsa una confidente con la quale dialogare serenamente. Dacia Maraini accenna ad Alberto Moravia e alla sua morte improvvisa e veloce, così simile «al suo carattere spiccio e razionale, impaziente e schietto», al grande amico Pasolini e alla sua gioia di vivere, alla sorella Yuki dalla splendida voce, portata via da una malattia che l'ha consumata lentamente, al compagno Giuseppe Moretti scomparso dopo una lunga sofferenza, all'amore profondo per il padre Fosco; riflette sul senso che tutti noi diamo al trapasso (verso dove, poi? Un paradiso o un inferno, un luogo buio o luminoso? Il nulla?), ai morti i cui corpi, almeno in Occidente, si tende a "nascondere" subito, sigillandoli in terribili bare di legno e in loculi di cemento così simili alle grigie periferie delle grandi città; alla malattia, alla sofferenza e alla rinascita; e infarcisce poi il fluire delle sue meditazioni/memorie riportando piacevoli citazioni di diversa natura (si passa dalle dissertazioni di filosofi e scrittori alle brevi e spontanee conversazioni con amici e parenti, alle didascaliche e-mail dell'amica Josepha).

Con La grande festa Dacia Maraini grida – sussurrandolo con levità – il suo attaccamento alla vita e l'infinito amore per la poesia, motore quest'ultima dell'armonia della nostra esistenza e, chissà, forse anche della nostra morte. Un libro delicato e forte insieme, cui attingere per meditare su questioni che toccano tutti e godere dell'arte del racconto tanto amato dalla Maraini e così felicemente da lei adoperato.
 
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