Alla ricerca della verità con 'Siddharta'

09-23hermanesseTemperamente - Fra i libri depositati nei nostri scaffali non devono mai mancare classici che hanno segnato la storia della letteratura. Per questo motivo, in occasione del consueto appuntamento letterario di "Temperamente.it", abbiamo pensato di proporre la recensione  della collega Scattarella per  "Siddharta" dello scrittore Herman Esse.

HERMAN HESSE- "SIDDHARTA"

Se proviamo a immaginare un santo o un asceta, probabilmente visualizzeremo un uomo magro e piccolo sotto l'ombra di un albero sulla riva di un fiume con gli occhi chiusi in meditazione, la cui figura trasmette pace e armonia.

Sappiate che quest'immagine è Siddharta, l'ha creata Hermann Hesse e si è trasmessa e delineata nella coscienza comune da quando il suo romanzo indiano è diventato oggetto di studio e interesse negli anni, vivendo un vero boom negli anni sessanta, quando Siddharta sembrava incarnare quella sete di conoscenza, amore per il mondo e anticonformismo che accomunava la cultura controrivoluzionaria dell'epoca.

Il successo del libro fu dovuto anche al fatto che nel 1946 Hesse ricevette il Nobel per la letteratura, riportando in auge i suoi romanzi e scritti. Ma cosa ci vedono tutti nella storia di questo giovane indiano figlio di brahmini che lascia la casa e se ne va in giro prima alla ricerca di una verità altra, poi della verità su se stesso, costantemente alla ricerca della pace interiore? Siddharta sperimenta le varie vie del mondo: l'ascetismo con i monaci samana, la ricchezza e i piaceri del corpo diventando amico di Kamala e Kamaswami, la vita semplice e modesta di barcaiolo con Vasudeva.

«A volte percepiva, nelle profondità dell'anima, una voce lieve, spirante, che piano lo ammoniva, piano si lamentava, così piano ch'egli appena se ne accorgeva. Allora si rendeva conto per un momento che viveva una vita strana, che faceva cose ch'erano un mero gioco, che certamente era lieto e talvolta provava gioia, ma che tuttavia la vita vera e propria gli scorreva accanto senza toccarlo.»

E quante volte ci siamo sentiti così? Giovani o vecchi che siamo, ricchi o poveri, uomini o donne, la sensazione di inadeguatezza e la smania di conoscere la vita vera, ci ha certamente colpiti. Perlopiù forse nell'adolescenza, quando tutto sembra scoppiare e cambiare intorno e dentro di noi, ma non pochi sono gli uomini ancora in cerca di una 'forma' nell'età adulta. E magari dopo tanto cercare e cambiare pensano e si rendono conto che ancora non sanno nulla di loro stessi, convenendo con le parole di Siddharta: «E su nessuna cosa al mondo so tanto poco quanto su di me, Siddharta! (...) e tosto da questo suo pensiero ne balzò subito un altro, che suonava "Che io non sappia nulla di me, che Siddharta mi sia rimasto così estraneo e sconosciuto, questo dipende da una causa fondamentale, una sola: io avevo paura di me, prendevo la fuga davanti a me stesso! (...) io voglio andare a scuola, voglio conoscermi, voglio svelare quel mistero che ha nome Siddharta"».

Oltre alle critiche e alle strumentalizzazioni che di questo libro si son fatte, oltre la spiritualità indiana e gli insegnamenti sull'armonia e sull'Om che si possono condividere o meno, il mistero di Siddharta e della sua eterna fortuna consiste nell'aver guardato dentro l'animo umano e il suo profondo nulla, il suo costante mutare e trasformarsi, la sua irrequietezza e la sete di conoscenza che lo caratterizza – fatti non foste – racchiudendolo in un libro, regalandoci una storia indiana, disegnando l'asceta e quel prototipo di pace interiore in un semplice uomo, seduto sotto l'ombra di un albero, intento ad ascoltare un fiume.


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