Dodici

temperamenteTemperamente - E siamo così giunti a dicembre... Un altro anno è stato temperato; e per il dodicesimo mese ho scelto di leggere e recensire un libro che è tutto un programma: Dodici di Paolo Merenda. Come recita l'intrigante sottotitolo, Dodici è «Una raccolta di racconti al ritmo occulto dell'inconscio». Non è un caso, allora, se il primo di essi (Discidium) si apre con un sogno; anzi, con un incubo.

O, meglio ancora, con un incubo nell'incubo, dato che le esistenze dei protagonisti (Giulia e Carmine, poeta crepuscolare dedito all'uso e abuso di alcol e droghe) si rivelano ancor più cupe e infernali degli incubi notturni. E il meccanismo a scatole cinesi ritorna nel secondo racconto (il delicato e nostalgico L'ultimo falò), in cui uno scrittore di successo, ormai vecchio e malato, incanta il nipotino narrandogli una storia, come davanti a un falò, come faceva un tempo con gli amici. L'incanto di un bambino dinanzi al suo eroe torna a manifestarsi in un racconto sul mondo del wrestling, intitolato appunto L'eroe, e nel quale un giovane fan incontra finalmente, dopo tanta attesa, il suo campione preferito.

Di altro tenore sono invece Tutto in famiglia, storia di una tragedia familiare con protagonista Emilio, diciassettenne spinto a un gesto estremo e disperato da una sofferenza interiore tanto silente quanto acuta, e l'interessante Voci, un allucinato – e a tratti grottesco – viaggio nella mente di uno schizofrenico. Un gesto disperato costituirà anche il punto di partenza di Imago, una storia "nera" ambientata negli anni Settanta. Tra suicidi e riti satanici, il racconto è scritto a quattro mani con la giallista Angela Leucci. Come pure Veneni, che alle atmosfere retrò privilegia stavolta un'ambientazione più moderna, e anzi a tratti avveniristica, che quasi anticipa quella del successivo e provocatorio Estinzione di massa, che chiude la raccolta, ormai giunta alla mezzanotte del genere umano.

Nel suo complesso, Dodici di Paolo Merenda è un lavoro attento e accurato, per un'opera che si pone con spirito critico nei confronti della società contemporanea, ma senza con ciò assumere un tono risentito, o promuovere forme di disgusto e di disprezzo per la vita. La violenza è certamente presente nel libro (ad esempio ne L'illusione, un racconto breve sulla violenza sui campi di calcio), ma questa viene sempre amplificata, mostrata in modo eccessivo, come a voler indicare al lettore, schiaffandogliela in faccia, la strada che, continuando di questo passo, si imboccherà (l'estinzione della specie, appunto). Perché se il nostro è un mondo violento, è contestaualmente anche un mondo virtuale: come si evince dal caso di Rocco, l'adolescente protagonista de L'abito adatto per l'eterno nulla, che annuncia il suicidio sui social network e filma i preparativi del gesto per "condividerli" col mondo intero (e qui abbiamo ancora i temi del suicidio come segno di malessere estremo e dell'estinzione dei sentimenti più autentici).

Personalmente, mi ha colpito molto l'abilità di narratore di Paolo Merenda. Motivo questa affermazione in quanto, come è noto, la narrativa breve offre spesso poco più di un'istantanea su un dato argomento, e invece Dodici fornisce la prova che anche attraverso un racconto di poche pagine è possibile scrivere una sorta di piccolo romanzo. Il volume, che non è propriamente pulp, né strettamente noir o thriller (generi decisamemte inflazionati negli ultimi anni), si caratterizza per le idee originali dell'autore (come l'acqua quale elemento di morte in Discidium), per delle frasi e immagini ricorrenti che fanno da collante ai vari racconti, e per gli orologi illustrati che scandiscono i ritmi degli stessi e accompagnano il lettore da mezzogiorno a mezzanotte. E se da un lato Dodici accompagna il lettore e l'umanità tutta alla mezzanotte, dall'altro ha forse ragione il critico Giulio Ferroni, che rintraccia una nuova alba della letteratura proprio nella narrativa breve.

Paolo Merenda, Dodici, Giovane Holden Edizioni, Battitore libero, Lucca 2013, 128 pp.

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