La filosofia di Frank Zappa

temperamente copiaNOCI (Bari) -  Finalmente! Era una vita che aspettavo di leggere un libro su Frank Zappa che si staccasse dalla solita biografia e dalla solita raccolta di testi tradotti. Per carità, non che siano mancati tentativi editoriali più critici (e penso ad esempio a Frank Zappa domani, raccolta di saggi pubblicata nel 2000 da Castelvecchi), ma quel che mi è sempre mancato è stato imbattermi in uno studio sull'opera zappiana che ne analizzasse l'ideologia e l'approccio di fondo.

E il lavoro di Stefano Marino, che nella vita si occupa di filosofia estetica ma anche di musica, è un'attenta analisi della produzione zappiana secondo le categorie di Theodor W. Adorno, il più importante "filosofo della musica" del Novecento.

Se per Adorno la popular music condiziona i gusti del pubblico in maniera tale da arrivare ad imporli più che a proporli, come considerare dunque un artista come Zappa, che faceva della critica sociale, della satira – politica e di costume – e della stessa parodia musicale il suo vessillo? Quella di Zappa è stata infatti una guerra dichiarata all'industria musicale e in generale all'apatia, una guerra in cui l'arte non poteva permettersi la decorazione o l'abbellimento del reale, anzi: «La musica commenta la società, e [...] a volte non riesci a scrivere accordi abbastanza dissonanti per esprimere a fondo quello che hai in mente». Ma in che senso la musica di Zappa può considerarsi "impegnata"? Se in alcuni casi, come in Trouble Every Day (ma personalmente aggiungerei anche Mom And Dad), si può parlare di "impegno" in senso canonico, nella maggior parte dei brani l'impegno di Zappa non si manifesta in modo letterale ma obliquo, con musica volutamente brutta (che rispecchi l'America, appunto) o attraverso qualcuna delle sue stupid songs (e qui citerei, oltre alle varie parodie di Louie Luoie, canzoncine come Big Leg Emma e Lemme Take You To The Beach, che è un florilegio di frasi sceme tipiche delle canzoni d'amore). Ma, appunto: Frank Zappa mette in discussione il dualismo fra engagement ed entertainment (che Adorno considerava irriducibili l'uno all'altro), mostrando che non c'è alcun aut-aut e contestando fortemente quanti pensano all'arte come antidoto all'entertainment, cadendo così nel baratro di una «concezione punitiva dell'arte».

Con Zappa, invece, ci si diverte eccome. E i suoi sfottò non risparmiano nessuno, dagli hippies (Flower Punk) agli yuppies (I'm A Beautiful Guy), dai guru (Cosmik Debris) ai telepredicatori (Heavenly Bank Account), dai patiti della discoteca (Disco Boy, Dancin' Fool) fino ai suoi colleghi dell'ambiente musicale e discografico (rockstar dai costumi sessuali sguaiati, groupies, manager papponi e truffaldini sono i bersagli di molti dischi di Zappa, da 200 Motels a Joe's Garage a Tinseltown Rebellion). Ma non solo artista pop era Zappa. E a questo proposito aggiungo una nota: nella sua autobiografia, l'autore di Freak Out! si lamenta del fatto che al giorno d'oggi per esser preso sul serio come compositore devi quanto meno essere morto da qualche annetto. In quest'affermazione c'è sicuramente del vero, eppure, a testimonianza del suo talento compositivo, Zappa era ancora vivo e vegeto quando molte sue composizioni sono state eseguite dalla Los Angeles Philarmonic Orchestra sotto la direzione di Zubin Mehta, dall'Ensemble InterContemporain sotto la direzione di Pierre Boulez, dall'Ensemble Modern sotto la direzione di Peter Rundel e dalla London Symphony Orchestra sotto la direzione di Kent Nagano. Chiusa parentesi.

In questo saggio, Stefano Marino esamina la filosofia zappiana attraverso lo studio combinato di interviste, testi, musiche e performance live (con immancabile riferimento alle surreali performance del Garrick Theatre di New York del 1967). Generalmente, in riferimento a un libro di cui condivide ogni frase, il lettore finisce per definirlo come il libro che avrebbe sempre voluto scrivere. Ma, dinanzi a La filosofia di Frank Zappa di Stefano Marino, la mia personale sensazione è stato piuttosto quella di trovarmi dinanzi al libro che avrei sempre voluto leggere. E recensire.

Stefano Marino, La filosofia di Frank Zappa. Un'interpretazione adorniana, Mimesis, Musica contemporanea, Milano-Udine 2014, 150 pp.

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