Una farmacia nel bosco

01 09 cicoriaL'ecologia del Giovedì - di Daniela Fusillo

L’anno appena iniziato è stato proclamato dalla FAO e dalle Nazioni Unite come “Anno Internazionale della Salute delle Piante”. L’attenzione internazionale si focalizza sulla crisi climatica e sulla perdita di biodiversità.  Inoltre il 40% delle colture alimentari mondiali viene perso a causa di parassiti e malattie. Ai fenomeni globali e riguardanti il “macrocosmo” mi preme aggiungere una riflessione sui fenomeni locali: la zona rurale di Noci è sempre stata ricca di selve di fragno e, nei boschi si sviluppavano tantissime essenze erbacee commestibili di cui oggi ignoriamo persino il nome…insieme alla perdita boschiva stiamo perdendo molte specie erbacee e, parallelamente, stiamo perdendo la conoscenza di queste essenze che venivano tramandate di padre in figlio…

I nostri boschi sono una preziosa risorsa di piante alimentari e piante medicinali! Foglie, rami ed erbe spontanee hanno da sempre rappresentato, per la nostra cultura e tradizione, dei preziosi alleati per il nostro sostentamento e per la nostra salute. Il bosco rappresentava il reparto ortofrutta e nel contempo la farmacia dei nostri nonni.

Le erbe spontanee e gli altri “prodotti del bosco” presentano innumerevoli proprietà rispetto alle piante coltivate. Il principale vantaggio è dovuto al fatto che crescono senza alcun contributo antropico esterno, come i dannosi fertilizzanti chimici. Nascono, vivono e crescono su terreni vivi e non sfruttati dall’uomo (condizione ideale per la salute delle piante). Madre natura propone la pianta spontanea nel periodo giusto dell’anno per la salute umana: ad esempio, in primavera/estate troviamo le essenze più ricche di minerali e più idratanti mentre in autunno/inverno crescono le varietà che permettono al nostro sistema immunitario di prevenire i malanni che si propagano con le basse temperature.

L’uso delle erbe spontanee per l’alimentazione e per la cura delle malattie, è un uso sostenibile perché non altera gli equilibri naturali. Si tratta della cosiddetta “alimurgia”, ossia della scienza che riconosce l’utilità di cibarsi e curarsi con le piante selvatiche per motivi ecologici, economici e salutistici.

Purtroppo oggi non sono non ci cibiamo più ma non conosciamo nemmeno più le erbe spontanee tipiche della nostra zona! La “cicoria ammersa” il “sivone”, il “sivuncolo”, la “marogghie”, la “senape calce”… sono ormai nomi che appartengono al passato ma sarebbe doveroso riproporli alle nuove generazione nell’ottica della salvaguardia della biodiversità ambientale e culturale e secondo i principi di una alimentazione sana e sostenibile.

 

Tutela e rispetto

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