La Matassa, le famiglie di Ficarra e Picone

la-locandina-di-la-matassaNOCI - Salvatore Ficarra, Valentino Picone e Giambattista Avellino hanno diretto (e i primi due anche interpretato) "La matassa", al Formiche di Puglia. I tre registi sono anche gli sceneggiatori con Francesco Bruni e il barese Fabrizio Testini. L'intrico del titolo risiede anche negli autori: interpretazione, regia e sceneggiatura sono strettamente intrecciate. E un intreccio multiplo è il soggetto del film che indaga su tre tipi di famiglia: la famiglia di fratelli, cugini e zii, le nuove famiglie composte da emigrate russe che, per la cittadinanza, sposano anziani italiani e la grande e malavitosa "famiglia" mafiosa. Siamo tra Paternò e Catania dove Gaetano (Ficarra, stralunato e vispo come Benigni) gestisce con una bella e filiforme russa (Anna Safroncik) "Uomini e Donne", un'agenzia matrimoniale.

 

Dovrà recarsi in chiesa dove si celebra uno dei suoi matrimoni combinati: Gaetano sbaglia chiesa e capita in un'altra dove c'è un funerale. Il defunto è lo zio del protagonista che non vedeva da trent'anni quando c'era stata una lite tra il padre e il congiunto per la divisione di un albergo ereditato. Inseguito da russi inferociti Ficarra riprende i contatti col cugino (Picone) alloggiando in albergo e gestendolo (fino ad appropriarsene), destreggiandosi tra amministratori disonesti e la mafia che torna a bussare a quattrini per assicurare protezione. Scontato il lieto fine, con l'arresto dei mafiosi e la nuova comproprietà dell'albergo tra i due eredi, va detto che, in una trama comica fatta di inseguimenti, pericoli, fughe, imbrogli, siparietti sentimentali, notazioni di costume, il film interseca importanti tematiche sociali e criminali affrontate con coraggio e serietà.

Il film non è molto comico ma induce spesso alla riflessione e all'ammirazione per il modo diretto col quale vengono affrontati temi delicati. La pellicola si sforza di bilanciare continuamente le sue due componenti principali, a volte ci riesce a volte no ma il risultato finale è nel complesso lusinghiero. Consideriamo alcuni aspetti dell'opera. L'agente matrimoniale truffatore è in combutta con un analista di un laboratorio che gli fornisce informazioni sui risultati degli esami di alcuni anziani che hanno azotemia e colesterolo alti: costoro potranno essere dei mariti morituri di russe a caccia di sistemazione nel nostro Paese. Claudio Gioè è il cinico interprete (e Pino Caruso è un altro comprimario di valore nel ruolo del sacerdote che narra la vicenda di cui si compone il film).

Un altro filone narrativo ragguardevole, nell'ambito della sezione mafiosa del film, è il faccia a faccia tra i due malcapitati e la "cupola" dei criminali convocata per decidere una richiesta di dilazione e/o sconto sul "pizzo" che dovranno versare i due albergatori. I criminali non parlano ma si scambiano un foglio su cui ciascuno scrive il suo parere. La macchina da presa segue il foglio piegato e aperto tante volte che passa di mano in mano. Tale scena rivela la burocrazia mafiosa e la solennità da cerimoniale di cui si ammanta. Notazione, questa, molto efficace. Anche le scene in questura sono godibili: pure qui si sottolineano rituali, illegalità (il fumo a cui tutti si abbandonano), vanità (la scena dell'arresto ripresa col videofonino da un subalterno zelante), la macchinosità dello spiegamento di forze e dei marchingegni per incastrare i delinquenti. Ma in queste osservazioni (che, sotto sotto, sono critiche di natura politica e sociale) è sempre contenuto il risvolto comico: si pensi al qui pro quo relativo alla parola d'ordine "due margherite" con il vero pizzaiolo-pony express creduto un poliziotto.

Piera Detassis, sul mensile che dirige, parla di "umana malinconia", "capace di coinvolgere più di tanti film gonfi di discorsi e maestria". La malinconia non deriva solo dai ritratti degli interpeti (per esempio, l'ipocondria di Valentino Picone) e dal "gioco" di vittima e carnefice in cui i due cugini s'impegnano ma anche dallo "sfascio", oltre la mafia, di un'isola e una nazione, dove gli alti tassi di azotemia e glicemia hanno una tariffa conseguente: il denaro, cioè, che l'agente matrimoniale pagava all'analista che gli forniva le informazioni sui pazienti malati. Ma ci sono altri esempi di ciò in un film dove non tutto fila liscio ma dove la "denuncia" (ci si passi questa parola "d'antan") graffia e si fa ricordare.

 

 

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