"La storia nascosta" di un ebreo tedesco a Bari

01 28 la storia nascosta di TrizioNOCI (Bari) - Il Mese della Memoria, vissuto dai Presìdi del Libro attraverso la presentazione di opere letterarie sul tema, porta a Noci "La storia nascosta" scritta o meglio raccontata dallo storico barese, Pasquale Trizio (a dx, in foto) ed edita da Gelsorosso. Lo scrittore è stato ospite dei Presìdi del Libro di Noci, giovedì 28 gennaio, presso la Sala Convegni di via Cappuccini, intervistato dal referente dell'associazione nocese, Stefano Verdiani. Il libro nasce da una serie di coincidenze vicine alla vita dello storico: il primo incontro con il nome del protagonista, Berthold Ulhlfelder avviene in una triste circostanza, ma viene poi ritrovato tra le carte di studio. Una convergenza straordinaria che per Trizio indica la strada per un nuovo approfondimento storico sulla storia di un ebreo tedesco a Bari, che diventa la storia di un "compagno" inizialmente indefinito e poi rivelatosi in tutta la potenza della sua esistenza.

 

Chi è quell'uomo dal nome tedesco vicino alla lapide di papà? Trizio legge per la prima volta il nome di Berthold Uhlfelder nelle sue visite al cimitero con la madre, per andare a trovare il padre, morto prematuramente. Passeranno molti anni perchè lo storico ritrovi quel nome, tra le carte di un nuovo studio, ma questa volta la curiosità nel conoscere Berthold sarà troppo forte, lanciandolo nella scoperta della sua vita e soprattutto della sua identità.

Avvocato ebreo e consigliere di Corte d'Appello a Berlino, Berthold è il padre di una delle famiglie più facoltose di Norimberga, proprietaria del più grande magazzino del tempo, a Monaco, tre piani di edificio con le prime scale mobili. Nel 1936 fugge insieme alla famiglia proprio a Bari, che non rappresenterà un rifugio salvifico, come sperato: solo nel 1938, infatti, le leggi razziali vengono accettate anche in Italia e come conseguenza, Berthold verrà internato con la moglie Helene in un paesino sperduto dell'Abruzzo.

Pasquale Trizio ricostruisce la storia del "vicino sconosciuto" con l'arguzia e la meticolosità dello storico, consultando gli archivi di Roma e L'Aquila, di Norimberga, Monaco, ma anche quelli statunitensi del YIVO: gli Uhlfelder sono un esempio tangibile di come la storia più buia dello scorso secolo abbia coinvolto la nostra terra e di come la stessa si sia, suo malgrado, macchiata dei più gravi errori voluti dall'uomo. Berthold vede in Bari la sua salvezza, ma capisce subito di non essere al sicuro e infatti ordina al figlio Fritz e a sua moglie di emigrare ad Oporto, in Portogallo, dove tutt'ora vivono i suoi nipoti: sono numerose le sue istanze e suppliche al Ministero, le stesse che hanno aiutato Trizio a capire come siano andate le vicende italiane degli Uhlfelder e cosa abbiano dovuto subire nel corso del 2° conflitto mondiale.

Nonostante ciò, prima di morire, Berthold dedica alla moglie una poesia, letta durante l'evento dall'associato, Rocco Roberto, che si erge a manifesto della storia ebraica nelle persecuzioni, ma anche a lettera d'amore alla compagna e alla vita. Una storia straordinaria che Trizio scopre piano, come in una scatola da riordinare: il volto di Berthold viene fuori dopo un anno di ricerche, scovato in un libro di avvocati ebrei di Monaco. La proprietà del grande magazzino nella città di Baviera si inserisce in una delle più tragiche notti dell'umanità, quella dei Cristalli, tra il 9 e il 10 novembre del 1938, durante la quale ne fece le spese come tanti altri negozi e luoghi appartenuti ad ebrei. La piccola storia che si inserisce nella grande storia, le vittime del razzismo e dei più biechi sentimenti umani come vicini di casa, vicini al proprio vissuto: ricostruire la storia di Berthold è significato per Trizio tirare fuori dall'oblio un'esistenza che permette di guardare le cose da nuove prospettive, ma che dà anche un volto, un nome, una consistenza a quella fredda lapide incrociata sin da bambino e che, per le strane coincidenze della vita, ritorna da adulto a bussare.

Forse voleva essere rispolverata e tornare a "parlare", a raccontare, quel che è stato di un ebreo tedesco a Bari e della sua famiglia. Per non essere dimenticata e per non esser ripetuta.

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